Baseball, coach muore colpito dalla palla

Una pallina impazzita, un giavellotto dalla traiettoria sbilenca, un asso con la mira storta: casualità e dramma si nascondono dietro un semplice rito, un gesto di routine, uno sforzo provato milioni di volte. In questi ultimi tempi lo sport ci ha detto che è sempre meglio diffidare. Diffidare della precisione dei suoi campioni, il ko mortale non c’è solo sul ring. La notizia di ieri è atroce: Mike Coolbaugh, coach dei Tulsa Drillers, formazione della Minor League statunitense di baseball, è morto colpito alla testa dalla palla che Tino Sanchez, il battitore degli Arkansas Travelers, aveva appena scagliato in una zona di fallo. Coolbaugh è svenuto sul colpo, il trasporto all’ospedale non è servito. Pallina omicida che, in aprile, si era annunciata colpendo Jonathan Asashina alla tempia: ancora un uomo dei Drillers, un sinistro presagio sul diamante che, però, si è risolto con una frattura alla tempia.
Non è una regola, ma certo un’eventualità che nello sport si muoia: ogni anno, in media, si presentano 135 casi. Anche nei modi più impensabili. Qualche anno fa in Malesia, per esempio, è bastato un temporale: un fulmine è caduto sul campo e un giocatore c’è rimasto. Molto più preoccupante che i rischi carezzino chi guarda, chi sta al margine, com’è capitato al tecnico dei Drillers. Il ricordo di Salim Sdiri, il francese che si è sentito conficcare nel costato il giavellotto di Tero Pitkamaki al Golden gala di Roma, ha lasciato il segno dell’orrore e della paura. Sdiri se l’è cavata ma è ancora sotto osservazione.
Vero è che giavellotto e martello sono due autentiche armi contundenti. Le gare del martello si svolgono prima che comincino gli altri concorsi e le gare in pista. Il giavellotto ha subito alcune modifiche nel tempo, proprio per evitare lanci non controllabili. Ma i casi drammatici non sono mancati. Nel 2004, nella Repubblica Ceca, è morto un tredicenne che una operazione di sei ore non ha salvato. Negli Stati Uniti, un quindicenne è stato infilzato al lobo dell’orecchio destro, al collo fin a toccare la nuca. Una ragazzina è stata presa alla guancia sinistra e alla mascella. In Brasile, una giudice di gara è stata trafitta al piede sinistro. In gennaio il decathleta ceco Roman Sebrle è stato ferito ad una spalla.
Giavellotto vero pericolo pubblico, ma che dire delle palline scagliate dalle mazze di Tiger Woods o di Sergio Garcia? Qualche giorno fa, nella stessa gara, lo spagnolo ha colpito la testa di un uomo. E il campionissimo del golf ha pescato la testa di Jennifer Wilson, appassionata nordirlandese che lo stava seguendo da una trentina di metri di distanza.

Per il vero il marito aveva avuto un segno premonitore, dicendole: «Metti il casco, arriva Tiger». Ma, troppo tardi, la signora ha capito che talvolta i mariti hanno ragione. In compenso Woods le ha regalato due punti in testa e un guanto autografato.

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