Quattro giorni dopo l’inizio della «guerra umanitaria» contro Gheddafi la situazione invece di schiarirsi si complica con una nuova crisi dentro lacrisi all’interno della Nato, dopo che Obama ha ottenuto da Parigi e Londra il consenso di affidare all’Alleanza la guida delle operazioni. Questo crea una seria tensione con la Turchia. Contrario all’affidamento alla Nato della condotta dell’azione militare contro Gheddafi, il premier Erdogan, considerato un eroe dalla «strada» araba, era convinto che fosse sorta per lui l’occasione per riaffermare il rinato ruolo imperiale ottomano nel Mediterraneo, lavando, fra l’altro, l’onta della conquista italiana della Libia nella guerra del 1911 contro Costantinopoli. Forte dei suoi legami con Gheddafi da cui aveva ricevuto nel 2010 un premio di 250mila dollari per i suoi meriti in difesa dei diritti umani e degli enormi investimenti turchi in Libia, Erdogan aveva fatto tre settimane fa a Sarkozy in visita a Ankara una di quelle proposte che «non si possono rifiutare»: l’invio di un «corpo di pace» turco in Libia per risolvere la rivolta di Bengasi. In cambio si chiedeva l’abbandono da parte francese del veto all’entrata della Turchia nella Unione europea. Il netto rifiuto ricevuto è stato preso come un insulto. Oltre a peggiorare il rapporti della Turchia con la Nato, di cui è membro storico e a proibire l’uso delle basi turche dell’alleanza atlantica, questa tensione che si aggiunge alla collaborazione con l’Iran e agli scontri con Israele inietta nella crisi libica e nei rapporti turco americani un elemento di pericolosa tensione.
La situazione è aggravata da due fatti.Il primo consiste nell’incapacità del Consiglio nazionale libico formato a Bengasi dall’ex ministro della giustizia di Gheddafi, Abdel Jalil, riconosciuto per primo dalla Francia come governo della Libia, di estendere la sua autorità non solo al di là della Cirenaica ma su tutte le tribù della Libia orientale e del Fezzan. Parigi, Londra e Washington pensano di dare un ruolo agli eredi del regime monarchico senussita abbattuto da Gheddafi nel 1969, i quali però sono divisi fra il principe Seyyid Idris bin Abdulla al Senussi residente a Roma e il principe Muhammad al Senussi residente a Londra.
La coalizione rischia di perdere il sostegno della Lega araba che ondeggia fra il deciso appoggio dell’Arabia Saudita alla liquidazione di Gheddafi e le remore del Segretario generale egiziano Mussa, attento agli umori della piazza cairota, ostile all’intervento delle Nazioni unite e auto candidato alla presidenza dell’Egitto in virtù del suo feroce anti israelianismo e corteggiamento dei Fratelli musulmani.
Una nuova grana per la coalizione anti Gheddafi si sviluppa ora in seno della Unione africana che con l’aiuto dei quattrini libici ha soppiantato la più seria Organizzazione dell’unione africana. I leader della Ua, largamente beneficiari dei favori di Gheddafi, dopo avergli fornito parte delle truppe mercenarie africane si schierano ora decisamente in favore del dittatore libico contro l’intervento dell’Onu e della coalizione europea, rilanciando i soliti slogan anti colonialisti.
In questo sono imitati da Putin che denuncia l’intervento militare in Libia come una «nuova crociata» mentre la diplomazia russa vede nell’operazione «Odissea all’alba» una specie di ripetizione dell’operazione franco inglese contro l’Egitto nel 1956. Ne prevede la stessa fine e auspica che essa riapra la strada al ritorno russo nel mondo arabo. Quanto alla Cina anch’essa, contraria all’intervento militare, attende di coglierne i frutti estendendo il suo controllo sulle ricchezze del continente africano con l’aggiunta del petrolio libico.
L’elemento più negativo per la coalizione e per l’Europa in questo momento è la capacità di resistenza dimostrata da Gheddafi ma soprattutto dal suo clan. Poiché la guerra non può essere vinta con gli aerei e l’invio di truppe europee o americane è escluso, il dittatore libico è convinto di essere in grado di organizzare la guerriglia con l’aiuto delle tribù a lui fedeli nel sud della Libia.
È una guerra che i beduini sono capaci di condurre con successo, senza bisogno di dispendioso materiale bellico, perfezionabile nell’epoca moderna col terrorismo. L’impoverimento della popolazione libica e il milione e mezzo dei suoi lavoratori stranieri (africani, egiziani e asiatici incluso i 30mila cinesi) non potrà che aumentare la pressione sull’Europa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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