Basta con la pubblicità che ridicolizza le donne

Le immagini e i messaggi più deprimenti o spoetizzanti riguardano solo noi. Sordità o stitichezza sono forse problemi solo femminili?

Basta con la pubblicità  
che ridicolizza le donne

Gentile Presidente,
mi permetta di rivolgerLe alcune domande che riguardano la pubblicità in onda sui canali televisivi, tutti i canali, anche quelli di Mediaset.

E mi permetta di scriverle in chiave squisitamente femminile, assolutamente certa, come sono, della Sua comprensione. Oserei dire che in questi ultimi tempi - e proprio guardando e ascoltando certa pubblicità - sento nascere dentro di me per la prima volta un certo risentimento che potrei quasi definire femminista, o vetero femminista, o nostalgico-femminista, scelga Lei. E guardi che, neppure nei miei giovani anni ho indossato gonnelloni e zoccoli, né ho inveito contro i maschi, né ho alzato le mani nei cortei in quel tipico gesto che Lei certamente conosce.

Eppure oggi sento nascere dentro di me la ribellione. E le spiego. Non appena arrivo al fatidico appuntamento dei telegiornali del pranzo e della cena, eccomi offerta - in quanto donna - al ludibrio dei miei commensali maschi, che sono poi la mia famiglia.

Perché sono io - in quanto donna - alla quale viene ricordato che alla mattina «una fastidiosa diarrea» mi aveva trattenuta a casa e lì mi avrebbe lasciata se non avessi preso il farmaco indicato. E la situazione non migliora proseguendo perché, una volta risolto il problema della diarrea, mi viene ricordato che sono spesso stitica e per questo gonfia e di malumore, a meno che non accetti il consiglio della garrula presentatrice bionda e mi ingozzi di «bifidus actiregularis» che risolve l’inconveniente al momento. Tanto in fretta, che la presentatrice si rivolge alla signora, fino a un attimo prima gonfia come un pallone, e le chiede «Di già?» Ma che cosa ha provocato il bifidus alla signora, scusi? Una repentina, immane, liberatoria flatulenza, con rispetto parlando?

Abbiamo appena terminato il risotto, che precipito in una nuova umiliazione. Questa volta la signora è in ascensore e si rallegra di non spandere attorno a sé cattivi odori perché usa il pannolino contro «le piccole perdite urinarie», che tanto piccole non devono poi essere se provocano un tale inconveniente odorifero. Non alzo gli occhi dal piatto per evitare lo sguardo ironico del compagno della mia vita, precauzione inutile perché il maschio ghigna: «Ma non mi avevi detto che appena scoccati i cinquant’anni ti erano arrivati a casa proprio quei pannolini in offerta, da provare insomma?».

Non rispondo ma ha ragione lui, caro Presidente, perché la pubblicità ti insegue fino in casa, in quanto donna. Perché è a me che è arrivata l’offerta del pannolino e anche quella dell’aggeggio che migliora l’udito, cosa che mi ha molto meravigliato perché mi è sempre sembrato che i miei coetanei uomini fossero alquanto più duretti d’orecchio di me. Meno male che in televisione anche il maschio si ritrova «dentro la bolla» della sordità. Ma stitici e diarroici, quello no, loro mai.

Sono al secondo piatto, signor Presidente, e una bella fanciulla si rammarica di non poter andare a una festa perché tormentata da un «fastidioso prurito intimo» mentre altre due graziose figliole ti ricordano il problema delle perdite «in quei giorni». Ci mancava. Certo che i prodotti devono essere miracolosi, penso, perché, in tutte quelle ambasce le fanciulle sorridono a più non posso. O forse è così che ci vogliono: fetenti ma giulive.

Ecco, signor Presidente, il motivo della mia lamentela. Come mai per le pubblicità più deprimenti, più spoetizzanti, più maleodoranti, vengono sempre scelte le donne? È possibile che l’immagine femminile debba venire associata alle situazioni più imbarazzanti, mentre loro, i signori maschi, no? Mai un ruttino, loro, mai un borborigma, mai una corsa fuori tempo al bagno?

Mi rivolgo a Lei, signor Presidente, perché so in quanta considerazione tenga le donne, quanto sia sensibile al loro fascino, cosa che le ha provocato non poche critiche. E quanto tenga in conto la loro intelligenza. E allora perché, signor Presidente, lasciare che la pubblicità televisiva ci schiacci così in basso? Solo Lei può intervenire.

Si avvicina l’8 marzo, signor Presidente, e sarebbe tanto bello se per l’occasione ci fossero risparmiate quelle puzzolenti mimose che il giorno dopo sono tutte rinsecchite e ci fosse fatta grazia di assorbenti e antidiarroici.

E finalmente alzeremmo le braccia non per gridare «altolà al sudore» ma per applaudirla, libere per un giorno dai perentori inviti a ricordarci le miserie del fisico.

Certa della Sua comprensione, Signor Presidente, le invio i sensi della mia deferenza.

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