Bea aspetta che i ladri restituiscano i ricordi del Colosseo sulla sua tomba

A Staglieno rubati i pupazzetti sulla lapide di una bimba di nove anni

Bea aspetta che i ladri restituiscano i ricordi del Colosseo sulla sua tomba

(...) souvenir del Colosseo».
Occhi limpidi e quasi il timore di dirlo troppo forte che qualcuno senza scrupoli tra sabato e domenica ha razziato quel giardino dei sogni dove riposa la bimba. Dove tutto è già stato salvato in valore assoluto: Bea e i suoi nove anni vissuti al massimo, Bea è la sua voglia matta di Roma, Bea e il suo bassotto, Bea e le sue Winxs. L'appuntamento con Ivano è al cimitero di Staglieno. Una tomba via l'altra, lapidi e volti e storie, poi un rettangolo d'erba, un'esplosione di fiori, un palloncino che punta il cielo, pupazzetti a pioggia, frasi, poesie. Una ceramica scritta in romanesco. Piccoli segni, indizi, simboli, di tutto l'amore che possono, che continua, che è. Ivano parla al presente, sull'imperfetto si corregge. Un sorriso che spiana il cuore. Sistema l'unica Winx rimasta, Stella, «solo perché l'hanno persa mentre si allontanavano. La sua preferita è Flora». C'è un bel disegno della fatina con dedica della disegnatrice. La sciarpa della Juve, il pupazzetto di Trezeguet, «si sono presi quello di Totti». Ma non è juventina? «Le piacciono Del Piero, Nedved e Buffon, ma quella di Totti è una storia buffa, una storia nostra». Lontano dal privato, nessuna complicazione sentimentale. Il rischio è di perdersi in lacrime, di maledire chi ci ha ficcato le mani nel giardino e s'è preso un tesoro. Niente di tutto questo. Ivano ti tiene il tempo, te lo ricorda una frase sì e l'altra anche. Beatrice se n'è andata il 21 luglio 2006. «L'altro ieri era il suo compleanno». Si ferma, una festa rovinata da chi s'è preso i suoi giochi. «Sabato sera c'era tutto, avevamo portato un peluche nuovo, un bassotto. A casa abbiamo quello in carne e ossa di Bea. Torniamo domenica intorno alle 10: notiamo subito che mancano i due souvenir del Colosseo, la sua coccinella, qualche peluche, più quello nuovo, le Winx e Totti». «Sembra abbiano scelto» dice con disincanto. Il cimitero è una città e domenica i tre cancelli aperti consentono un flusso incredibile di visitatori. «Avevamo messo lì i due Colosseo un anno fa circa. Erano proprio i suoi, li aveva scelti durante il soggiorno a Roma. Vorrei che chi li ha presi li riportasse. Può lasciare un biglietto con tutto ciò di cui ha bisogno, giocattoli o altro, glielo procuriamo». Nessuna alterazione della voce, insiste che non vuole piangersi addosso, che non c'è polemica né astio. C'è un giardino colorato dove gli oggetti sono vivi e raccontano Bea, c'è quel pezzetto di prato senza confini che è lo spazio della fantasia, del dialogo silenzioso, dell'energia, del contatto, della parola unica. Il marmo rosa all'ingresso con su inciso «Bea sei nell'anima». Nient'altro, né foto, né cognome, né date. «Bea è una bambina colorata, forte, mi ha insegnato il coraggio». La rabbia è solo tua e lui discreto che parla di lei e ti chiede di non scrivere nulla della bellezza, dell'amore, del mondo secondo Beatrice.
Di tutta quella semplicità che Ivano ha messo nella lettera scritta a Walter Veltroni, sindaco di Roma, dopo la morte della bimba, pubblicata dal Messaggero e ripresa dal Giornale. La passione di Bea per quella città, il sogno di vivere ai Parioli, dove nei suoi giochi aveva casa la barbie preferita, la disponibilità dei romani, la corsia preferenziale per entrare al Colosseo perché era immunodepressa. Un viaggio in camper, un'esperienza unica e un po' di Roma avvolta nella carta velina da un ambulante. Un vulcano di entusiasmi che papà Ivano acchiappa al volo e condivide. Sempre al presente. Una lettera d'amore che spiazza e si prende pagine. Leggera e potente. Poi il Progetto Bea che nasce dagli amici, per ricordarla e raccogliere fondi per la leucemia. Persino un concorso in cui coinvolgono le scuole cittadine e raccolgono 500 disegni. È quella follia contagiosa che si chiama amore. Che stringe gli amici, e gli amici degli amici intorno a Ivano e sua moglie. Ivano prende carta e penna e scrive anche a Iginio Straffi, il papà delle Winx. Gli racconta di Bea, del suo sogno di assistere ad uno spettacolo delle fatine. Straffi risponde, lo invita a Loreto, a casa delle Winx, e dedica alla bimba una delle serate liguri. Tutti pezzetti, flash colorati.
Un montaggio che scivola nelle pieghe del tempo. Ti scorre davanti al giardino curato ogni giorno, alle piantine che abitualmente qualcuno si porta via, al bonsai di Bea, «che speriamo nessuno tocchi».
Senza parole.

Solo Ivano continua a parlare di Bea, dei custodi di Staglieno che fanno del loro meglio, degli oggettini che anche sconosciuti lasciano nel giardino della bimba. Ivano salta in moto: deve correre a ricomprare Winx e peluche e il Totti fuori dal coro. Li rimetterà al loro posto. Manca solo il Colosseo. E Bea lo aspetta.

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