Come accade per tutti gli organi del nostro corpo, anche il cuore con il progredire del tempo inizia a "stancarsi" e a svolgere la sua primaria funzione contrattile di pompaggio del sangue con maggiori difficoltà: dal punto di vista medico il fenomeno è noto col nome di insufficienza cardiaca o scompenso cardiaco, e secondo i dati in possesso degli specialisti sono oltre 600mila gli italiani a subire gli effetti di questo disturbo particolarmente diffuso in età avanzata.
Di cosa si tratta
Ma cosa è innanzitutto lo scompenso cardiaco? Può essere definito in sostanza come "l'ultimo stadio di molte malattie cardiovascolari ma soprattutto della cardiopatia ischemica", spiega a Il Corriere il direttore del Centro Studi Anmco-Heart Care Foundation di Firenze Aldo Maggioni, "perché dopo un infarto il cuore 'perde' muscolo e quindi parte della sua capacità di contrarsi, e dell'ipertensione, che nel lungo periodo costringe il cuore a un superlavoro che può portare allo scompenso".
Quando si viene a verificare un'insufficienza cardiaca di questo genere i segnali che il nostro organismo ci invia sono spesso chiari e poco equivocabili: si parte solitamente dalla mancanza di fiato dopo aver effettuato uno sforzo, fino ad arrivare alla medesima sensazione anche a riposo. Tra gli altri sintomi si possono annoverare anche l'affaticamento, la stanchezza e la sensazione di "fame d'aria", nonché, come precisato dal presidente della Federazione della Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti Francesco Dentali, il "turgore delle vene giugulari, il gonfiore delle caviglie anche al mattino, specialmente se non si riposa tenendo i piedi sollevati".
Quello dell'accumulo di liquidi è un altro segnale chiaro dell'incapacità da parte del cuore di pompare quantità di sangue adeguate alle necessità del nostro organismo: "Un accumulo che si verifica anche a livello dei polmoni", precisa ancora l'esperto, "un segno tipico è proprio il 'crepitio' che si può auscultare alla base dei polmoni, segno della presenza di liquidi".
Come si può curare
Gli specialisti possono disporre oggi di una rosa di possibilità di terapie più ampia ed efficace rispetto al passato: in attesa dell'arrivo di nuove cure, che si trovano in una fase conclusiva di sperimentazione, si può fare affidamento sui "quattro pilastri" in grado di dare ottimi risultati per contrastare lo scompenso cardiaco. Si tratta degli ACE-inibitori, dei sartani, dei bloccanti dell’aldosterone e delle glifozine, medicinali inizialmente concepiti per curare il diabete.
"Da qualche anno gli enti regolatori chiedono di valutare, per i farmaci antidiabetici, la dimostrazione che non ci siano effetti negativi sul cuore", prosegue Maggioni,"studiando le glifozine si è osservato che non solo non fanno male, ma migliorano gli esiti dei pazienti con scompenso indipendentemente dalla presenza di diabete e rallentano anche la progressione dell’insufficienza renale cronica, un problema che spesso si presenta in questi pazienti". La speranza, ovviamente, è che l'arrivo dei nuovi farmaci possa creare il "quinto pilastro" delle terapie per contrastare le insufficienze cardiache e ridurre le recidive."Ogni recidiva, ogni ricovero peggiora la traiettoria di vita del paziente, che quando viene dimesso non è mai nelle condizioni in cui si trovava prima", considera Dentali.
Ovviamente l'ideale sarebbe quello di evitare gli stili di vita scorretti che sono alla base dell'insorgere di questo disturbo, e i consigli sono sempre gli stessi: evitare di bere alcolici e di fumare, mangiare in modo sano ed equilibrato senza eccessi per evitare diabete, ipertensione e obesità (fattori di rischio elevato per il nostro cuore) e ritagliarsi del tempo per fare attività fisica con costanza.
"Le malattie cardiovascolari sono tuttora la prima causa di morte", spiega in clnclusione Dentali, "e lo scompenso cardiaco ha una mortalità superiore ad alcuni tumori, e perché la qualità di vita di chi convive con questa patologia è veramente scarsa".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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