Ripristinare cuore e vasi sanguigni a seguito di un infarto è uno dei principali obiettivi della medicina moderna. Una recente scoperta potrebbe forse realizzare quello che da sempre è stato il sogno di medici ed esperti nel settore: riparare quei tessuti rimasti gravemente danneggiati dall'attacco cardiaco.
I devastanti effetti dell'infarto miocardico
Cominciamo prima di tutto spiegando che cos'è l'infarto miocardico e quali sono i suoi effetti e breve e lungo termine sul paziente. Con infarto del miocardio acuto intendiamo una condizione di necrosi miocardica provocata dall'ostruzione di un'arteria coronaria. Fra i sintomi che dovrebbero creare allarme abbiamo dolore toracico, difficoltà a respirare (dispnea), nausea e sudorazione (diaforesi). Si tratta del danno più grave verso cui le cellule del nostro cuore possono andare incontro. Per quanto ormai la medicina moderna sia in grado di trattare questa condizione, resta comunque una percentuale di casi in cui il muscolo cardiaco rimane gravemente danneggiato.
L'ostruzione coronarica, infatti, provoca la necrosi (morte) di un'area più o meno estesa di tessuto cardiaco, che difficilmente può essere recuperato. Ciò, alle lunghe, può portare a tutta una serie di problemi. "La porzione cardiaca che muore viene sostituita da un tessuto rigido, fibroso, simile a una cicatrice, che altera struttura e funzioni di questo muscolo così importante", spiega a Starbene.it il professor Andrea Passantino, direttore del dipartimento di Cardioangiologia riabilitativa presso l'IRCCS Maugeri di Bari. Fra le conseguenze più note abbiamo, ad esempio, lo scompenso cardiaco. Il cuore, in questo caso, non riesce più a pompare sangue con la forza di prima, mettendo in affanno organi e muscoli.
Ad oggi per scongiurare i danni causati dall'infarto si ricorre all'angioplastica coronarica. Il cardiochirurgo inserisce uno stent che permette di riaprire la coronaria occlusa dal trombo, permettendo al sangue di affluire di nuovo al cuore. Non sempre, però, si riesce a intervenire in tempo. Ecco perché trovare il modo di riparare i tessuti danneggiati è così importante, e la medicina rigenerativa potrebbe essere arrivata alla soluzione, proponendo un metodo per ricostruire le aree del nostro corpo rimaste danneggiate e/o malate.
La "cellula ingegnere"
Dopo un tentativo di terapia a base di cellule staminali - con risultati purtroppo non ottimali - la medicina ha provato a cercare un'altra strada. Il miocardio, fa sapere il dottor Passantino, è in grado di auto-ripararsi, dando origine a nuovi vasi sanguigni, ma solo in minima parte. C'è bisogno di un aiuto.
Un recente studio pubblicato su Circulation Research ha posto l'attenzione su una particolare cellula primordiale, soprannominata "ingegnere", capace di ricostruire le aree danneggiate. Si tratta del lavoro di un gruppo di ricercatori, fra cui Elena Cano del Max Delbrück Center di Berlino. "Abbiamo sempre pensato che, nella formazione del nuovo letto vascolare, il principale input arrivasse dal passaggio del sangue, capace di stimolare alcune cellule primordiali a trasformarsi incellule vascolari. Lo studio di Elena Cano, invece, ha individuato una cellula primordiale che contiene naturalmente, nel suo codice genetico, tutte le informazioni necessarie per diventare una cellula vascolare.
In altre parole, per questa cellula ingegnere non è necessario un input esterno, come quello del sangue, per dare il via alla formazione di arterie in grado di nutrire il cuore sofferente", dichiara il dottor Passantino.Nei prossimi mesi e anni, dunque, si cercherà di approfondire le conoscenze su questa cellula, studiandone i suoi possibili utilizzi.
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