Un gruppo di ricerca dell'università dell'Aquila ha dato un importante contributo allo studio dell'ictus - fenomeno complesso e potenzialmente letale - e ai suoi principali fattori di rischio. Secondo lo studio completamente italiano anche alcuni farmaci concorrerebbero allo sviluppo di questa pericolosa condizione. A rendere la notizia inquietante è che fra questi medicinali rientrano alcuni davvero molto comuni.
Attenzione all'uso di questi farmaci
La ricerca è stata condotta da un team italiano dell'università dell'Aquila, che ha collaborato con l'ospedale Maurizio Bufalini di Cesena e la Asl 1 di Avezzano-Sulmona. Gli studiosi sono riusciti a individuare una serie di farmaci potenzialmente dannosi per il nostro organismo, in quanto capaci di favorire l'insorgenza di ictus. A preoccupare è il fatto che alcuni di questi siano davvero molto comuni e utilizzati con assoluta tranquillità. Parliamo, per esempio, della semplice aspirina, solitamente impiegata per le sue proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antifebbrili, ma anche per la sua capacità di prevenire la formazione di coaguli. Ebbene, nonostante questi effetti benefici riconosciuti da tutti, l'aspirina sarebbe anche in grado di provocare ictus con emorragia cerebrale, una delle forme più pericolose.
Ma non si parla solo di aspirina. Nello studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, si fa riferimento ai farmaci conosciuti con il nome di antiaggreganti. Si tratta di medicinali prescritti con relativa tranquillità, ma che invece andrebbero assunti con attenzione. Ma perché sono pericolosi? A spiegarlo è stata la dottoressa Simona Sacco, coordinatrice dello studio, che ha parlato ai microfoni di Ansa. "L'effetto dannoso è dovuto al fatto che, quando si rompe un vaso sanguigno, i farmaci antiaggreganti impediscono l'arresto del sanguinamento. Sono farmaci, come la classica cardioaspirina, che spesso vengono percepiti come semplici e innocui, molto più degli anticoagulanti, che si basano invece su un meccanismo diverso", ha dichiarato.
Gli antiaggreganti agiscono oscacolando l'aggregazione fra piastrine, riducendo così il rischio che si formino dei trombi. Gli anticoagulanti, invece, vanno a interferire con il processo di coagulazione. Stando ai dati riportati dallo studio, il 40% delle emorragie cerebrali si origina proprio in concomitanza di terapia antiaggregante. Non solo. In questi pazienti vi è anche un tasso di mortalità più alto, ben il 45%. Questi numeri andrebbero tenuti in maggior considerazione, anche perché negli ultimi anni gli antiaggreganti vengono prescritti con relativa semplicità.
"Spesso vengono prescritti a persone che sono semplicemente percepite a rischio vascolare, magari solo a causa dell'età. Speriamo, quindi, che la diffusione dei nostri risultati possa sensibilizzare sia i pazienti che i medici sull'importanza di un uso appropriato degli antiaggreganti", ha concluso la dottoressa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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