Carolyn Smith ama la vita e vuole trasmettere questo amore agli altri. Dietro il sorriso contagioso si cela una battaglia contro il tumore al seno che va avanti da nove anni. La storica presidente di giuria di "Ballando con le Stelle" su Rai 1, è tra le insegnanti di latino-americano più quotate al mondo. Nata in Scozia nel 1960, ha iniziato a ballare fin da bambina. Dalla malattia, raccontata anche nel suo libro “Ho ballato con uno sconosciuto”, è nata l’idea di creare un movimento. La sua Sensual Dance Fit coinvolge migliaia di donne in tutta Italia, aiutandole a ritrovare fiducia in se stesse attraverso la danza. In parallelo ha fatto fiorire un progetto dedicato solo ai pazienti oncologici. La Dance for Oncology offre alle persone con un cancro un'opportunità per distrarsi dalla malattia durante l'ora di lezione, grazie alla musica e alla coreografia.
Carolyn è impegnata attivamente nelle campagne di prevenzione del cancro al seno, la neoplasia femminile più frequente in Italia. Ogni anno si registrano circa 56 mila nuovi casi, e tra i 35 e i 50 anni resta la principale causa di morte. Grazie alla ricerca, oggi la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è salita all’88%, con oltre 834 mila donne che convivono con la malattia. La diagnosi precoce fa la differenza.
Per Carolyn l’ultimo anno è stato il più difficile. Le sue condizioni di salute sono peggiorate: una nuova terapia e attacchi di panico hanno segnato il suo cammino. Ogni tre settimane si sottopone alla chemioterapia per tenere a bada il tumore, finché la scienza non aprirà nuove strade. Eppure Carolyn ha reso il sorriso la sua arma, più potente di ogni parola. Accanto a lei c’è Tino, suo marito dal 1997, anche lui coreografo professionista. Quando tornano dalle visite in ospedale, è lei a tirarlo su di morale. "Bisogna andare avanti e non sprecare i momenti", spiega Carolyn. Poi rivolge un messaggio a tutti: “non bisogna avere paura di fare i controlli di prevenzione”.
Carolyn, qual è il tuo rapporto con la prevenzione?
“Sono sempre stata puntuale con gli screening, ma nel 2013 ho fatto l’errore di non portare i risultati dal medico. Mi sono fidata della prima opinione del tecnico, che diceva che andava tutto bene. In quel periodo viaggiavo molto per lavoro. Al controllo successivo è emerso il tumore, e riguardando le analisi precedenti, lo specialista ha notato che c’era già qualcosa. La colpa è stata mia e ho imparato una lezione importante: se ci sono dubbi, bisogna andare dal medico e cercare più opinioni fino a essere soddisfatti”.
Dopo la diagnosi ti sei dovuta fermare per prenderti cura di te stessa?
“Sì, il mio lavoro era principalmente all'estero, solo il 5% si svolgeva in Italia. Ero sempre in viaggio tra America, Russia, Ucraina, Giappone. Quando i medici mi hanno detto che con la chemioterapia sarei dovuta restare a casa, è stata una brutta botta”.
Lo immagino, visto che sprizzi energia da tutti i pori. In quanto tempo lo hai elaborato?
“Subito, perché ero abituata ad affrontare i problemi di salute grazie alla mia famiglia. Da piccola vedevo mia nonna sempre sorridente in ospedale, anche nei momenti più difficili, quando non c'era proprio niente da sorridere. Anche i miei genitori sono stati un grande esempio. Quando mi hanno comunicato la diagnosi di tumore al seno ero a Londra per lavoro. Mio marito mi ha chiamato per dirmelo e io ho risposto: ‘ok, va bene, cosa devo fare?’ In quel momento volevo solo risolvere il problema. Mio marito, invece, l’ha presa molto male”.
Non vorrai dirmi che all’inizio sei stata tu a sostenerlo?
“Tuttora non è cambiato molto (racconta sorridendo, ndr). All'inizio lo sostenevo ancora di più, perché aveva grosse difficoltà ad andare in ospedale. Ha fatto uno sforzo enorme. Era importante che ci fosse lui, perchè io non capivo al cento per cento quello che mi dicevano i medici. Ogni volta che torniamo a casa dall’ospedale, io lo sprono a tirarsi su, e lui sorride e dice che sta male. Allora rispondo: “va bene, stai male, ma andiamo avanti”.
In famiglia avete avuto altri casi di tumore al seno?
“Sì, mia sorella sì è ammalata nel ’97 e ha aspettato il giorno dopo il mio matrimonio per dirmelo. Ha iniziato le sue cure oncologiche dopo la cerimonia, andando avanti fino al 2006, ma purtroppo il tumore è tornato due volte al seno e poi è andato al fegato. A quel tempo non c'erano le cure di oggi. Non c’è stato nulla da fare”.
Dal vissuto della malattia hai fatto fiorire due progetti: la Sensual Dance Fit, per tutte le donne; e la Dance for Oncology, per chi affronta le cure oncologiche. Carolyn, come hai deciso di utilizzare il potere della danza?
“Io ho sempre parlato di intruso, nel mio caso riferendomi al tumore. In Italia oggi ci sono oltre 15 mila donne che hanno aderito al mio movimento. Ognuna avrà un intruso diverso, come un problema sul lavoro, nella relazione con il marito o con se stessa. La Sensual dance è per tutte le donne, per acquisire fiducia in se stesse e raggiungere i propri obiettivi. Come? Attraverso la musica, una sedia, lo specchio e le coreografie”.
Quando sono venuta all’evento romano al Salone delle Fontane ho assistito a un’esplosione di energia. Centinaia di donne che erano lì per te, piene di entusiasmo, ognuna con la propria storia. Forse è molto di più di una coreografia?
“Sì, non è solo la coreografia, ma quello che c'è dentro. Aiuta le donne a ritrovarsi in momenti della vita in cui possono sentirsi smarrite o aver perso qualcosa. Spesso manca l'autostima e la Sensual dance lavora su questo. L’obiettivo è far riscoprire il proprio valore. In questo modo riescono a cambiare la loro vita in modo positivo. È molto bello vedere questo per me.
La Dance for Oncology, invece, riguarda uomini e donne che affrontano le cure oncologiche e stanno facendo radioterapia, chemioterapia o immunoterapia. Quando si approccia la danza, la musica e la coreografia, coordinando tutto, non c’è modo di pensare ad altro. L’obiettivo è regalare una vacanza mentale dalla malattia, anche solo per un’ora a settimana, che per un paziente oncologico sembra una giornata intera. Al momento abbiamo un problema con gli uomini, perché provano più imbarazzo a parlare della loro malattia. Le donne, invece, risultano molto più aperte. Stiamo cercando di spronare gli uomini ad aprirsi”.
Quindi la Dance for oncology è aperta anche agli uomini? È già partita ?
“Sì, a differenza della Sensual Dance che è esclusivamente per le donne, la Dance for Oncology accoglie tutti i pazienti oncologici. Avevamo avviato il progetto prima del Covid, con oltre 10 centri attivi. Purtroppo, con la pandemia abbiamo dovuto interrompere le attività in presenza perché non era sicuro farle online. Ora stiamo ripartendo e non è più un test, ma una certezza. L'unico ostacolo è la burocrazia italiana, mamma mia (sorride sospirando, ndr), anche avviare una Onlus è una cosa complicata, ma piano piano ci arriviamo. Stiamo cercando di aprire più centri possibile perché non possiamo tenere le lezioni negli ospedali. Abbiamo bisogno di specchi, dello spazio adeguato e di poter uscire fuori dal luogo delle cure, altrimenti sarebbe sempre un promemoria della malattia. Se ogni tre settimane fai la chemioterapia in reparto, come nel mio caso, nello stesso luogo non puoi pensare a qualcosa di divertente. Ad oggi, abbiamo formato 50 insegnanti e una decina di centri sono già partiti alla grande. Anche gli stessi medici a volte non comprendono il potenziale terapeutico della danza. Alcuni pensano che durante le lezioni si facciano acrobazie, invece è un'attività talmente dolce che forse è la più adatta. Tutti i medici raccomandano di muoversi, ma non sempre pensano al ballo. Stiamo cercando di diffondere un pochino di cultura su questo fronte. Io ho un carattere che non molla mai, prima o poi ci arrivo”.
Tornando alle tue cure, come sta andando?
“Dopo esserne uscita fuori la prima volta, ho avuto diverse recidive. Si tratta di una tipologia di tumore al seno (triplo negativo ndr) che non risponde a tutte le chemioterapie. Nel corso degli anni ho imparato ad ascoltare il mio corpo e ad accorgermi prima se qualcosa non va. Ho già fatto quattro interventi e i medici hanno cercato di togliere tutto il possibile, ma rimane sempre qualcosina che minaccia di tornare a invadere. In questo momento sto cercando di tenere a bada il tumore, non sappiamo se è morto e questo è un po’ pesante per me, perché non ho mai la certezza. Ho iniziato una nuova terapia che, sebbene sia più pesante per via delle controindicazioni, sta funzionando e sto cercando di adattarmi. Il mio fegato sta risentendo dei tanti farmaci e devo monitorare costantemente i livelli di bilirubina e globuli bianchi. Ho sempre paura di dover interrompere le cure, perché non so cosa potrebbe accadere se le cellule tumorali si diffondessero. Finora sono sempre state nello stesso posto, ma se vanno ad altri organi è un'altra storia. Per questo appena i valori si sfalsano intervengono con una puntura. Per il momento la chemioterapia è diventata uno stile di vita, devo andare avanti finché non trovano un altro miracolo da fare.
Il 2023 è stato un anno devastante, nonostante il mio atteggiamento positivo. Ho affrontato una recidiva che sembrava non poter essere trattata con chirurgia, chemioterapia o radioterapia, e mi hanno rimosso il port. Insomma, sembrava che nulla funzionasse. Allora sono andata in crisi per la prima volta. Poi per fortuna è arrivata questa nuova terapia innovativa, sebbene sia molto più pesante da sopportare rispetto a quella precedente, sto cercando di conviverci.”
Per fortuna l’innovazione corre e c'è questa nuova chemioterapia che tiene a bada la recidiva. In questo momento com’è la tua vita? Sei un po’ a riposo?
“Non c'è riposo dentro la mia vita, perché più sono occupata e meglio mi sento. Solo nei giorni successivi alla chemioterapia mi prendo un po' di riposo a casa, ma ci sono sempre tante cose da fare. Stiamo continuando con la formazione degli insegnanti e con tutti i progetti a cui tengo tanto”.
Carolyn, a chi vuoi rivolgere un messaggio per concludere?
“A tutte le donne e gli uomini, affinché facciano gli screening di prevenzione. Voglio dire loro di non avere paura.
Spero sempre che non trovino nulla, ma se dovesse succedere è importante che venga scoperto all'inizio e non in una fase avanzata. Ripeto: non bisogna temere di fare qualsiasi controllo necessario e, se ci sono dubbi, è importante consultare un medico e, se necessario, consultarne anche più di uno. La prevenzione è la nostra arma più potente”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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