Rappresenta il 5% delle neoplasie che interessano la cute e si stima che la sua incidenza sia raddoppiata negli ultimi dieci anni. Stiamo parlando del melanoma, un tumore che deriva dalla trasformazione cancerosa dei melanociti, ovvero alcune cellule che formano la pelle. Raro nei bambini, è invece diffuso negli adulti e un picco delle diagnosi si registra nei soggetti di età compresa fra i 45 e i 50 anni. Il melanoma origina sia su una zona cutanea integra, sia da nei preesistenti. Si distinguono quattro tipologie:
- A diffusione superficiale - è il più diffuso e rappresenta il 70% dei casi;
- Nodulare - è il più aggressivo e rappresenta il 5-10% dei casi. Invade sin da subito i tessuti in profondità;
- Lentigo maligna - è una forma superficiale;
- Lentigginoso acrale - è anch'esso una forma superficiale.
La scienza negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. Gli scienziati del Massachusetts General Hospital hanno ad esempio sviluppato un metodo basato sull'intelligenza artificiale in grado di prevedere quali individui hanno maggiori probabilità di incorrere in una recidiva e che, quindi, necessitano di un trattamento aggressivo. Lo studio, pubblicato su Npj Precision Oncology rappresenta una vera speranza per una malattia che tende a metastatizzare con molta facilità.
Cause e fattori di rischio del melanoma
Il melanoma è l'esito di un danno a carico del DNA presente nei melanociti. A provocare questa alterazione è l'eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti della luce solare e delle lampade abbronzanti. Esistono, tuttavia, altri fattori di rischio associati all'insorgenza della patologia:
- Occhi e carnagione chiara (in particolare pelle diafana, capelli rossi o biondi e occhi azzurri);
- Ripetute scottature;
- Familiarità;
- Presenza di lentiggini;
- Presenza di più di cento nei;
- Età avanzata;
- Stato di immunodepressione;
- Radioterapia;
- Malattie ereditarie della pelle.
I sintomi del melanoma
È opportuno ispezionare con regolarità la nostra pelle al fine di individuare eventuali lesioni anomale. Tale metodo di indagine segue la cosiddetta regola ABCDE:
- A come asimmetria - i melanomi hanno una forma irregolare;
- B come bordi - i melanomi presentano bordi frastagliati e spesso sfocati;
- C come colore - le sfumature dei melanomi variano dal marrone, al blu, al nero e al rosa;
- D come dimensioni - i melanomi generalmente superano i 6 millimetri di diametro;
- E come evoluzione - i melanomi cambiano forma, colore e dimensione.
Oltre a ciò è fondamentale tenere d'occhio la presenza di altri sintomi: formazione di croste, sanguinamenti, prurito e dolore. Quando la diagnosi è tardiva il melanoma può diffondere metastasi soprattutto a polmoni, cervello, ossa, intestino, fegato e surreni.
La proteina che rende aggressivo il melanoma
Gli scienziati della Queen Mary University, del King's College di Londra e del Francis Crick Institute hanno identificato una proteina che permette alle cellule tumorali del melanoma di cambiare la forma del nucleo; una caratteristica questa che consente loro di migrare e di diffondersi in tutto il corpo. Il team ha scoperto che le cellule cancerose aggressive avevano alti livelli di una proteina chiamata LAP1 e che l'aumento degli stessi era associato ad una prognosi infausta. Lo studio, condotto dalla professoressa Victoria Sanz Moreno e dal dottor Jeremy Carlton, è stato pubblicato su Nature Cell Biology.
Per l'indagine i ricercatori hanno valutato la capacità delle cellule più aggressive e di quelle meno aggressive di migrare attraverso i pori in una membrana artificiale. Le cellule aggressive provenivano da un sito di metastasi in un paziente con melanoma. Quelle meno aggressive, invece, provenivano dal cancro primario dello stesso soggetto. Le cellule contengono una struttura grande e rigida che memorizza le informazioni genetiche, ma che altresì limita le loro capacità di muoversi tra gli stretti spazi vuoti nell'ambiente neoplastico. Per superare tali lacune le cellule devono rendere il loro nucleo più malleabile.
L'imaging condotto dopo gli esperimenti di migrazione ha mostrato che le cellule aggressive erano in grado di muoversi attraverso i pori in maniera più efficace, formando rigonfiamenti ai margini del loro nucleo chiamati "bleb". Dalle analisi genetiche è emerso che le cellule aggressive che formavano delle macchie contenevano nell'involucro nucleare livelli più elevati di proteina LAP1.
La proteina LAP1 e le metastasi
L'involucro nucleare è legato al nucleo sottostante. La proteina LAP1 allentando questo legame, consente all'involucro nucleare di gonfiarsi e di formare macchie che rendono il nucleo più fluido. Di conseguenza le cellule tumorali potrebbero premere attraverso le lacune che normalmente le fermerebbero. Quando gli scienziati hanno bloccato la produzione di LAP1 e hanno sfidato nuovamente le cellule aggressive a migrare attraverso i pori, sono giunti alla conclusione che le cellule non riuscivano a formare molte macchie e che erano altresì meno in grado di premere attraverso le lacune. Inoltre il team ha constatato che i livelli di LAP1 erano maggiori nei campioni di tessuto prelevati dai siti metastatici.
I pazienti con alti livelli di LAP1 nelle cellule attorno al bordo del cancro primario avevano un melanoma maggiormente aggressivo e una prognosi peggiore.
Attualmente non esistono farmaci che colpiscono direttamente la proteina in questione, ma gli studiosi si sono già messi al lavoro per crearli. Questa ricerca è solo il primo passo verso lo sviluppo di nuove modalità terapeutiche necessarie per contrastare una patologia sempre più diffusa e mortale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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