Bruxelles - Gli aiuti di Stato sono ora «un imperativo categorico», osserva in tono neutro Silvio Berlusconi. Accanto a lui se la ride Tremonti: «Da vietato a invocato», sospira. In pochi giorni, secondo il premier e il suo ministro dell'Economia, «è cambiato tutto», manco ci fosse stata la rivoluzione. Quello che era considerato in sede Ue «un peccato», ora è considerato quasi l'unica ricetta per salvare l'economia reale.
C'è da esser soddisfatti visto che da anni Berlusconi andava chiedendo di rivedere la rigidità di alcune norme finendo per esser travolto dalle critiche e che ora passa quasi per un novello Mosè di cui si era dispersa da troppo tempo la parola. Così ora il Cavaliere rilancia: chiede alla Ue di far quadrato per superare la crisi, e non semplicemente con i vertici come quello che Sarkozy e Barroso andranno a sollecitare a Washington a fine settimana per indire una nuova Bretton Woods, ma nelle cose concrete. A cominciare dall'aiuto all'economia reale che presto si troverà a dover fare i conti con le ricadute della crisi finanziaria. «La Banca Europea d'investimenti - annuncia Berlusconi - dovrebbe fare pesanti investimenti soprattutto sul fronte delle infrastrutture degli Stati membri. Si parla di 30, 40 miliardi di euro per chi fa parte della Ue. E il 15-20 per cento di questa cifra dovrebbe finire da noi». Ma anche l'aiuto della Bei potrebbe non bastare, ed allora ecco che il premier mette sul tavolo l'ipotesi che aiuti di Stato possano esser definiti anche per settori in crisi, come quello dell'auto. «In America - osserva Berlusconi - sono intervenuti, per cui non ritengo ci si debba scandalizzare se le nostre imprese possano essere analogamente aiutate, anche se non so ancora in che modo».
Sulla necessità di difendere la nostra economia, il presidente del Consiglio in queste ore pare un vulcano: conferma la necessaria modifica legislativa che impedisca Opa ostili alle aziende di rilevanza nazionale (anche se precisa che la cosa avverrà all'interno di uno schema europeo e cioè a somiglianza di analoghe leggi esistenti in Francia e Germania), ribadisce che è sua intenzione passare quanto prima alla tassazione pro quoziente familiare (non più redditi individuali ma di famiglia, divisi poi per numero di componenti), insiste che è necessario procedere nei tagli alla spesa eccessiva («per il pubblico impiego si spendono in Italia 4.300 euro a testa contro i 3.000 della Germania»), chiede manovre per garantire sviluppo ed occupazione. Il tutto senza dimenticare di mettere in rilievo quanto già fatto dal suo governo: dall'abolizione dell'Ici sulla prima casa a quella dei ticket, passando per la detassazione degli straordinari. E annunciando assieme a Tremonti che a breve verrà introdotta la «social card». Anzi, già a dicembre ma con retroattività per i due mesi precedenti, con sgravi tra i quali - non poco importanti - quello di poter usufruire delle tariffe sociali dell'Enel.
Il suo invito ai 27 soci Ue riuniti a Justus Lipsius? «Cercare la stabilità». Per arrivare a un simile traguardo è sua intenzione verificare al più presto la possibilità di allargare il G8 per farlo divenire un G14 in grado - come dice - di «seguire la governance dell'economia mondiale» nel prossimo futuro. Perché la crisi dei subprime, dice, sia pur bloccata da una «azione corale dei grandi Paesi» ha aperto un vaso di Pandora «che deve spingere Stati e grandi organismi ad esplorare nuovi assetti».
Del resto, ammette assieme a Tremonti, «non esistono più vie nazionali allo sviluppo». Si deve pensare più in grande. Ed è meglio farlo il prima possibile per evitare il ripetersi di tsunami finanziari. «L’Italia ci pensava da tempo - precisa Tremonti - ora cerchiamo solo di anticipare i tempi. L’attuale Bretton Woods ha dotato il mondo del Fondo monetario internazionale e della banca Mondiale. Quella futura dovrà garantire regole moderne per il commercio, i cambi, la contabilità».
Ha poche parole, stavolta, Berlusconi - lasciando il vertice - da dedicare alle polemiche interne. Un sussulto di soddisfazione per la decisione di fare dell'immigrazione un tema europeo («Così la smetteranno di dire che siamo più duri di altri...»), una considerazione sulla scuola per via delle polemiche in atto: «Non capisco le proteste sul maestro unico: con i risparmi che si ottengono potremo garantire molto meglio il tempo pieno». E infine una battuta sulle vicende della Consulta.
Proverà a trovare il bandolo della matassa, gli chiedono. E lui: «Lascio fare ai capigruppo perché io non ho interlocutori credibili. E poi - ride - diciamocelo. È un argomento di cui agli italiani non può importar di meno...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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