Milano Si sintonizza subito sugli umori della platea: «Letizia Moratti ha dimenticato due valori fondamentali: il Milan e l’Inter che sono in testa al campionato. Quindi lo scudetto lo vince il Milan oppure lo vince l’Inter. Va bene comunque». Le tribune del Palasharp sono tutte uno sventolare di bandiere. Ma Silvio Berlusconi si fa serio e vira dal calcio alle toghe: «Diceva de Tocqueville che la peggior dittatura è quella dei giudici. Ecco, io oggi non parlo di giustizia, che è un’altra cosa, ma dei giudici». I pubblici ministeri. «I Pm di Milano - attacca il Cavaliere - sono un cancro della democrazia da estirpare. Per 26 volte hanno tentato di farmi fuori. Se anche uno di questi tentativi fosse andato a buon fine io non sarei più nella vita politica. Ora gli stessi pm sono ancora lì a tentare di far fuori lo stesso cittadino».
Il processo Ruby. Il processo Mills e poi Mediaset e Mediatrade. Udienze su udienze. Domani il premier sarà a palazzo di giustizia, nell’aula del processo Mills, per difendersi. Una vita da imputato che riassume con una parola: «Umiliazione». «Il presidente del Consiglio - spiega - deve sottoporsi all’umiliazione ogni lunedì. Il presidente del Consiglio ogni lunedì è umiliato per accuse risibili e infondate». I militanti del Pdl gli gridano: «Resisti, Silvio sei grande».
Lui si concede un’altra battuta: «Sono preoccupato, perché al mio arrivo un coro cantava: “Vai Silvio”. Ma io sono appena arrivato». Strappa la risata, ma non molla il tema che ha appena afferrato: «La sovranità appartiene al popolo. Per questo è necessario cambiare la Costituzione e andare avanti con la riforma della giustizia. Oggi, se una legge lede i loro privilegi, i pm di sinistra la impugnano davanti alla Consulta che è composta da undici giudici di centrosinistra su quindici. E la Consulta, prona ai voleri dei pm di sinistra, abroga la legge in questione».
I pm hanno fatto fuori - è il ragionamento del premier - «i partiti in cui si riconoscevano i moderati che sono la maggioranza del paese dal ’46. Io, con un gesto folle, sono sceso in campo dopo aver visto un sondaggio in cui il Pds, che era ancora il vecchio Pci, aveva il 72 per cento dei voti. Il partito comunista ha sbagliato tutto e il comunismo è l’ideologia più terribile e cinica del Novecento. Bene - il presidente del Consiglio punta il dito contro Giuliano Pisapia - si candida di sindaco un signore che fino al ’98 era in Parlamento per un partito che si chiama Rifondazione comunista. Non so - prosegue il Cavaliere sempre riferendosi a Pisapia - se abbia cambiato idea, ma sarebbe una cosa da matti consegnare Milano a una persona del genere».
Milano come l’Italia. Perché Berlusconi fa avanti e indietro fra il voto delle amministrative e quello delle politiche, collegandole con il suo carisma: «Se dovessi prendere meno di 53 mila preferenze, le preferenze della precedente tornata, la sinistra mi farebbe il funerale: “Berlusconi è finito”. Per questo il voto di Milano è fondamentale per dare sostegno e forza al Paese. Non possiamo immaginare che Milano cada nelle mani della sinistra. Ma la Moratti vincerà al primo turno».
L’ovazione è da stadio, Letizia Moratti sorride e batte le mani a sua volta. Lui infilza Fini: «I sondaggi non si possono dare perché siamo in campagna elettorale, ma gli ultimi davano la Destra di Storace addirittura sopra il Fli». Poi ritorna all’avversario numero uno: «La sinistra vuole fare tornare l’Ici sulle prime case e raddoppiare le imposte sui bot e sulle rendite finanziarie, così da ridurre il debito pubblico che loro hanno aumentato di otto volte dal 1980 al 2001».
Va avanti a ruota libera il Cavaliere, anche se evita rigorosamente di nominare il presidente della Repubblica e le sue critiche al rimpasto, quindi pronuncia parole che faranno piacere all’alleato leghista: «La sinistra vuole far nascere templi musulmani ovunque, ma noi crediamo che non sia giusto costruire moschee da noi quando nei loro Paesi d’origine non si può neppure costruire una chiesa. Per la sinistra non ci devono essere freni all’immigrazione clandestina. Vogliono spalancare le frontiere. La loro strategia è di far entrare i clandestini, dargli il voto dopo cinque anni e cambiare gli equilibri elettorali».
Il Palasharp è una curva di San Siro: «Chi non salta comunista è....». Lui ridacchia: «I ministri sono esonerati dal saltare, perché a una certa età ci si può far male». Berlusconi vuole fare bene e annuncia un’altra riforma: «Dopo le amministrative presenteremo una legge di iniziativa popolare per dimezzare il numero dei parlamentari. Alla Camera ci sono 630 deputai consegnati all’alienazione, al Senato in 315 fanno lo stesso lavoro». È una promessa e anche qualcosa di più e non uno spot quella che il Cavaliere fa al pubblico del Palasharp. Prima di congedarsi con un pensiero, velato di malinconia, per mamma Rosa: «Domani è la festa della mamma e noi festeggeremo le mamme che sono l’amore della nostra vita.
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