Berlusconi rilancia l’uso dell’energia nucleare

da Bruxelles

Comincia maluccio, come ampiamente previsto, il primo vertice a 27 della storia, visto che la famiglia è aumentata per la presenza, dallo scorso primo gennaio, di Romania e Bulgaria. Da un lato il Parlamento Europeo che - in tema di vincoli per una energia pulita - chiede col suo presidente, il tedesco Poettering, l’innalzamento delle quote vincolanti decise dalla commissione per ridurre l’inquinamento, dall’altro la ribellione degli imprenditori, capitanati dal francese Seilliere, per il quale gli impegni che si vorrebbero assumere sono folli visto che non si ha nemmeno l’idea di quanto possano costare. E non è tutto. Nel vertice di primavera, dedicato solitamente all’economia, anche la Costituzione torna a far discutere e a dividere. Inglesi e polacchi non vogliono prendere alcun impegno. In 18 insistono invece sulla necessità di mettere nero su bianco e accettare una nuova dichiarazione di principio da varare a Berlino, a fine mese, e che impegnerà tutti ad adottarla in casa propria.
La padrona di casa, Angela Merkel, prima donna a guidare un summit di capi di Stato e di governo, resta comunque imperturbabile: «Sappiamo che ci attendono difficili negoziati, tuttavia sono fiduciosa che alla fine i risultati saranno tali da dimostrare la nostra credibilità davanti ai cittadini europei». Ci crede la Merkel, forse perché non può dirsi battuta in partenza, forse perché ritiene di aver individuato spiragli. Ma il discorso a 27 resta spinosissimo e solo oggi si potrà capire la piega degli avvenimenti. Contro l’effetto serra, per capire il contenzioso, sono tutti. Ma a parole. Visto che non solo le delegazioni sono giunte a palazzo Justus Lipsius a bordo di parecchi Suv che passano per inquinanti, ma anche perché ci sono interessi diversi da difendere. Chirac ha tuonato, forse per l’ultima volta, a favore delle sue centrali nucleari. Come non considerarle al pari delle energie rinnovabili, visto che non inquinano e hanno costi ridottissimi? Fosse stato lì, avrebbe trovato al suo fianco Silvio Berlusconi che a Meise - poche ore prima - aveva mostrato compiacimento per il documento con cui il Ppe si apprestava al summit e in cui brillava la richiesta di «una forte ripresa di dibattito sul nucleare». «Ormai è molto sicuro - aveva osservato l’ex-premier -, in più costa poco e dai Paesi produttori d’uranio, come Australia e Canada, non ci si devono aspettare brutte sorprese».
Invece Chirac aveva a fianco Prodi e D’Alema - assieme a Padoa-Schioppa - che di atomo non vogliono sentir parlare. E che premono sull’energia rinnovabile anche se poi (vedi Di Pietro e le pale in Molise) fan parte di un esecutivo che alle intenzioni non fa seguire i fatti. E se alle proteste confindustriali la Merkel ha replicato dura («Ma l’inquinamento non costa anche lui?») alle proteste nucleariste di francesi, cechi e slovacchi non ha per ora offerto vie di mediazione.

Come resta difficile il discorso costituzionale, dopo la cena di ieri sera e i colloqui informali sul tema. In nottata sull’ambiente si andava comunque verso un possibile compromesso. Oggi le conclusioni. Da oggi alla fine della presidenza tedesca, in solo tre mesi, l’Europa gioca molto del suo sviluppo e del suo futuro.

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