Berlino - Un faccia a faccia top secret con Tony Blair – temi più che scontati: Afghanistan e rapporto con gli Usa - conclude a sorpresa il blitz berlinese di Silvio Berlusconi. Sei ore nella capitale tedesca per onorare i 50 anni della Ue nel pre-summit dei popolari europei, ma anche per fare il punto con un vecchio amico (il premier britannico) e la nuova alleata (la Bundeskanzlerin, Angela Merkel) senza riflettori di mezzo e al di là delle beghe di casa nostra che, fuori dai confini italiani, interessano poco assai al di là di quello che a sinistra provano a sostenere. E che Berlusconi ha volutamente continuato a ignorare limitandosi a uno striminzito «stiamo riflettendo...» anche se al martedì di fuoco previsto in Senato sul rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero mancano ormai poche ore.
Bocche cucite sul rendez-vous coll’inquilino di Downing Street: l’appuntamento – dopo il convegno del Ppe all’Adlon, due passi dalla porta di Brandeburgo - pareva anzi dovesse saltare all’ultimo momento. Si parlava di un possibile contatto telefonico, ma poi il presidente azzurro ha lasciato la compagnia di soppiatto ed è sparito per circa un’ora. Più che probabile il contatto, come recitava alla fine qualche sorriso strappato ai collaboratori di Blair. Del tutto confermato invece il dialogo con la Merkel nei meandri degli interventi al convegno dei popolari. Ma anche qui riserbo assoluto.
Più che normale che Berlusconi si sia informato della possibile versione finale della dichiarazione con cui si intende oggi rilanciare il processo di unificazione della Ue; più che possibile si sia discusso anche del tema – caro a entrambi – delle radici cristiane dell’Europa che poco prima proprio la Cancelliera e Poettering avevano rilanciato. Ma è da mettere anche in conto che i due possano aver scambiato qualche idea sul che fare in Afghanistan, visto che anche a Berlino ha preso piede una certa fibrillazione (in casa socialdemocratica)dopo la decisione di inviare aerei a Kabul e che la Cancelliera – che ha premuto per inserire nel testo del Ppe la necessità di rafforzare «l’intesa transatlantica tanto sui problemi della sicurezza che su quelli economici» - non ha fatto mistero di aver gradito assai poco il rilascio dei talebani in cambio della libertà di Mastrogiacomo.
Di più si è saputo invece di un altro colloquio intessuto ieri dall’ex premier italiano: quello col vicepresidente del Ppe, Struan Stevenson, uno scozzese eletto tra i conservatori britannici. Berlusconi ha chiesto notizie sulle intenzioni di Cameron nel rapporto con gli Usa, sulla guerra al terrorismo (ricevendo conferme che la linea resta quella di Blair), ma anche sulle sue battaglie ecologiste - affermando di condividerle - e sulle sue intenzioni per quel che riguarda la Ue.
«In realtà mi ha parlato anche della situazione politica italiana», ha confessato poi Stevenson. Che però ha tenuto per sé i giudizi del presidente azzurro. Il quale ha fatto capire di voler prender tempo rispetto alle pressioni postegli da alleati, ex alleati e avversari. «Stiamo riflettendo...», ha detto sulle intenzioni di voto di Forza Italia. Bossi dice che il governo non cadrà... gli fanno presente. E lui: «Ne prendo atto». E alla richiesta di chiarimento di Casini? «Non voglio entrare in questo dibattito». Zero via zero se si esclude l’osservazione sul fatto che gli elettori vogliono il centrodestra «unito e silente» e che il governo Prodi al di là dei teatrini («Una volta l’avrei chiamati così, mentre la loro oggi è una politica che... respinge») ha un’impopolarità «sempre crescente a causa di decisioni sbagliate». Parrebbe di capire che - sondaggi alla mano - Berlusconi avverte che l’opinione pubblica chiede la fine di questo governo e che se è vero che Forza Italia non è insensibile al tema della coerenza in politica estera, è altresì vero che aumenta la richiesta di un redde rationem con Prodi.
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