«Mamma domattina comincio a lavorare. Vado a fare il meccanico, a montare le ruote delle bici». Allora, era il 1945, a 14 anni si poteva già andare in bottega ma Ernesto Colnago di anni ne aveva solo tredici, quindi falsificò i documenti per farsi assumere alla Gloria, fabbrica di biciclette di viale Abruzzi a Milano. La strada era quella e aveva voglia di percorrerla, evitando di finire nei campi a fare il contadino come avevano già deciso i suo genitori, papà Antonio e mamma Elvira. «Cominciai così e con me, anche se per un breve periodo c'era anche Gian Maria Volontè» ha raccontato pochi giorni fa negli Studios Ibm di Milano in piazza Gae Aulenti presentando «La Collezione», il museo che il 18 dicembre aprirà a Cambiago, e che ripercorre la storia sportiva e industriale della sua vita.
«Erano tempi duri ed era un lusso mangiare latte e polenta- ricorda- ma avevo capito che l'amore per la bicicletta e la mia vita erano un'unica cosa...». Così sale in bici. Comincia a partecipare ad alcune competizioni ma nel 1951 le conseguenze di una caduta nel corso di una volata a Busseto lo costringono ad abbandonare giovanissimo l'agonismo. «Mi misero una stecca di legno alla gamba fasciata con garze e un po' di gesso e mi dissero che dovevo star fermo due mesi- ricorda- Ma come due mesi? E il mio lavoro alla Gloria? Chiamai il mio capo e gli dissi di mandarmi le ruote da montare a casa. In una settimana facevo il lavoro di un mese. Ma mio padre mi cacciò praticamente fuori perchè non ci stavamo più con tutte quelle ruote. Così decise di aprirmi una piccola officina di cinque metri per cinque. E per far spazio dovette tagliare anche un gelso che c'era in giardino».
Nel 1954 apre la sua prima bottega a Cambiago, in via Garibaldi, davanti all'osteria del paese, che si chiamava 2,20 per quello era il prezzo del vino. Monta ruote ma non si fa pagare in denaro, chiede di essere ricompensato con materiale ciclistico e così in quel piccolo laboratorio costruisce la sua prima bici ed dà vita alla storia di uno dei marchi più prestigiosi e vincenti del ciclismo internazionale. Il resto è quasi leggenda. Nel 1955 incontra Fiorenzo Magni, vincitore per tre volte del Giro d'Italia, altrettante del Giro delle Fiandre e medaglia d'argento ai mondiali su strada del 1951. Lo incrocia durante una pedalata in bici a Lecco e il «leone delle Fiandre» si lamenta perchè ha una gamba che gli fa male e fatica a pedalare. Colnago parla con Giorgio Albani, amico comune, e gli dice: «Guarda che ha un problema alla pedivella, se viene da me glielo risolvo. L'è una stupidada...» Detto fatto. Magni va nel «bugigattolo» dell'Ernesto a Cambiago e quando esce riprende a pedalare senza più dolore: la sera stessa manda il suo massaggiatore a chiamarlo a casa per dirgli che lo vuole come suo meccanico Giro che inizia il giorno dopo e che poi vincerà. Nel 1957 Ernesto Colnago costruisce il suo primo telaio per Gastone Nancini che quell'anno al Giro arriverà primo. È l'inizio di una lunghissima serie di successi. Con le sue biciclette hanno corso 250 squadre, oltre 6 mila professionisti che hanno totalizzato 7 mila vittorie, tra le quali: 61 titoli mondiali, 11 ori olimpici, 18 Coppe del mondo, 22 grandi classiche a tappe tra Giri d'Italia, Tour de France e Vueltas e 2 record dell'ora.
Leggendari i nomi che hanno inforcato le biciclette Colnago: da Eddy Merckx a Vittorio a Adorni, da Gianni Motta a Freddy Maertens, da Giuseppe Saronni a Franco Ballerini a Gianni Bugno , da Gastone Nencini a Paolo Bettini, da Tony Rominger a Tadej Pogaar. Una corsa nel tempo che passa da intuizioni e innovazioni come quella di utilizzare il carbonio per i telai che suggella la collaborazione con il Drake Enzo Ferrrari; come l'idea di realizzare la prima forcella dritta per l'anteriore di una bici o come i freni a disco che ora sono in pratica su tutte le bici da corsa. Passione e genialità che dal 18 dicembre troveranno casa nella storica officina Colnago di via Cavour a Cambiago dove aprirà il museo intitolato «La Collezione di Ernesto Colnago». Mille metri quadrati nei quali verranno esposti i capolavori a due ruote che hanno vinto tutto e scritto le pagine più esaltanti del ciclismo professionistico.
Il Museo sarà visitabile gratuitamente su prenotazione e ripercorrerà settant'anni di storia del ciclismo attraverso fotografie inedite, installazioni multimediali, maglie di gara originali e alcune delle biciclette protagoniste di imprese leggendarie come quella del record dell'ora di Eddy Merckx del 1972, quella con cui Beppe Saronni vinse il Mondiale di Goodwood del 1982 e le vincitrici di ben cinque Parigi-Roubaix tra cui quella, ancora sporca di fango, dell'indimenticabile Franco Ballerini.
«Sara un regalo di Natale per i tanti appassionati e per i collezionisti- ha spiegato il nipote Alessandro Brambilla Colnago che è stato per più di 10 anni Head of Marketing dell'azienda e che ha ideato e fortemente voluto questa esposizione permanente, seguendola nei minimi dettagli- Qui prenderà forma e vita la storia di uno dei marchi di biciclette più prestigiosi al mondo...»
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