Da qualche giorno il popolo italiano ha scoperto che esiste Gigi Bisignani, il cui nome compare nei titoli di prima pagina dei quotidiani, neanche fosse un protagonista del giallo di Avetrana. Di lui si parla tanto anche in televisione e meno male che Porta a porta è andata in vacanza, altrimenti Bruno Vespa ci avrebbe propinato un bel plastico: la camera da letto del faccendiere (ma che mestiere è quello del faccendiere? Forse c’entrano le faccende domestiche? Mah!), il salotto del medesimo, la sala da pranzo, il cesso, la scarpiera e la cabina armadio piena di scheletri. In assenza di tutto ciò, ci accontentiamo di compulsare le intercettazioni, 19mila pagine di bla bla telefonico tra Bisignani e mezzo mondo politico, economico, finanziario, bella gente e gente così così. I contenuti sono deludenti. Nulla di piccante, sesso zero, gossip ermetico. Frasi sospese a metà, allusioni, richieste e concessioni di favori, esclamazioni. L’unica certezza che si ricava da questa accozzaglia di banalità, cucite alla buona con un linguaggio sciatto e sciapo, è la totale imbecillità che ispira chiunque confabuli al cellulare.
La telemania mobile ci ha resi pressoché analfabeti, incapaci di iniziare e concludere un discorso sensato e comprensibile. Esprimiamo solidarietà ai poveri marescialli incaricati di intercettare e trascrivere i dialoghi dell’uomo del momento, Bisignani, con i suoi amici, clienti, questuanti e simili. Riempire 19mila pagine di scemenze prive di interesse deve essere un compito ingrato, almeno quanto quello di leggerle con la speranza, regolarmente frustrata, di trovare qualcosa di elettrizzante, degno di nota. Identica solidarietà meritano i magistrati che si sono sorbiti cotanta mappazza riuscendo addirittura a scovarvi ipotesi di reato. Una fatica improba, supponiamo. Noi poveri tapini non saremmo mai stati in grado di elaborare un’inchiesta sui colloqui sgangherati fin qui pubblicati quali prove di un intreccio d’affari sporchi.
Evidentemente i pm sono esseri superiori a noi, il che giustifica l’enorme potere che si sono conquistati in Italia, terrorizzando parecchi cittadini. I quali ormai quando squilla il più innocuo dei Nokia, modello base, tremano: rispondo o non rispondo? E se decidono di pigiare il tastino verde, parlano come deficienti, a monosillabi, casomai qualcuno ascoltasse e li ficcasse nei guai.
La sindrome dello spiato si sta diffondendo anche nei ceti più modesti che chiamano la moglie per dire «butta la pasta che arrivo ». Non si sa mai, meglio stare schisci. Confesso. Anch’io se chiamo casa non mi sbilancio. Sto talmente sul generico che spesso chi interloquisce con me si spazientisce: «Si può sapere perché mi hai telefonato? Che cavolo vuoi? Dimmi». «Nulla per carità, te lo dirò a quattr’occhi». «Perché, è successo qualcosa di grave?». «No, ma temo che ci intercettino, poi vai a spiegare al magistrato che mi informavo sulla salute del gatto». «Hai ragione, conviene essere prudenti. A stasera. Comunque il gatto sta bene».
Non scherzo. Una volta un mio amico è stato beccato dal brigadiere mentre diceva al suo fornitore di piastrelle: «Allora, cosa aspetti a portarmi la roba?». La mattina seguente fu arrestato. Gli inquirenti avevano erroneamente creduto che la «roba» fosse droga. Dieci giorni in galera. Si chiamava Giorgio Giangolini, era geometra e gestiva un’impresa di costruzioni a Bergamo, incensurato. Dieci anni dopo essere stato scarcerato, se udiva una sirena andava fuori di testa: paura che la polizia stesse arrivando a prelevarlo.
Scorrendo i nomi illustri con cui aveva a che fare Bisignani, nasce in noi un sentimento doppio e contrastante: da un canto ci spaventiamo all’idea, prima o poi, di finire nelle grane per una telefonata malandrina; dall’altro, ci deprimiamo perché se il potente Gigi intrallazzava con tutti tranne che con noi, la conclusione amara è questa: non contiamo davvero un cacchio. Montezemolo, Letta, Masi, Alemanno, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo, Micheli... Una lista interminabile di Vip aveva l’abitudine di consultare l’eminenza grigia dei palazzi romani. Vigliacco se nelle 19mila cartelle agli atti c’è una mia conversazione con lui. E dire che in una memorabile circostanza gli ho parlato al telefono (di persona non l’ho mai visto) per una questione che mi stava a cuore.
Ebbi un’informazione riservata da una signora che non cito nemmeno sotto tortura: Bisignani soffre di diverticolosi, ma grazie a una cura miracolosa ora sta bene. Poiché fra chi è affetto dalla stessa malattia si instaura di solito una sorta di complicità, mi azzardai a comporre il suo numero.
E lui fu squisito: «Tre pastiglie di Normix al dì», mi disse. In cambio non volle nulla, neanche una breve sul Giornale, una spiatina su qualche pirlacchione.
Il mio legame con il presunto Grande Maestro della P4 è tutto qui: un legame intestinale. Devo vantarmene?
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