«Blueberry», fumetto western

Patrizia Rappazzo

Dal regista di Dobermann, Jan Kounen, arriva in sala, distribuito in ben cento copie, Blueberry, western ai confini della realtà e versione cinematografica del famoso fumetto francese creato nel 1963 da Jean Giraud (in arte Moebius) e Jean-Michel Charlier. Ad incarnare l’eroe protagonista è Vincent Cassel che al fianco di Michael Madsen e Juliette Lewis porta sullo schermo(attraverso un’esperienza allucinogena guidata da uno sciamano) l’evoluzione umana di uno sceriffo della cittadina di Palomito cresciuto e vissuto con i pellerossa. «Fare un western, per un regista - dice Kounen - anche se questo è molto particolare, è la realizzazione di un sogno. In questo caso la cosa che mi interessava maggiormente era l’incontro tra il mondo occidentale e quello indiano. Così ho lavorato sulla figura stereotipata, del “cavaliere nella polvere con il suo cavallo” cercando di renderla atemporale».
Horror di vecchia scuola artigiana (con un ricorso ridottissimo alle tecnologie digitali), invece, con La terra dei morti viventi (40 milioni di dollari di budget), l’originale e raggelante film firmato dal maestro George A. Romero caratterizzato da un buon ritmo narrativo, solide idee di messa in scena ed interessanti intuizioni sociali. I morti continueranno a camminare fra di noi, reclamando la nostra carne, racconta metaforicamente Romero, fino a quando non restituiremo alla morte - che abbiamo rimosso fino quasi a negarla - il suo posto dentro di noi e nella nostra cultura. Con La Terra dei morti viventi, Romero realizza per la prima volta una risposta spiazzante sul destino di chi, dopo l’invasione degli zombi, sulla Terra c’è già, ed è vivo.
Dalla necessità di convivere con l’idea della morte, alla celebrazione della vita con i Signori di Dogtown che negli anni Settanta hanno rivoluzionato il modo di andare sullo skateboard. La vita di questi fuoriclasse arriva sullo schermo nella versione cinematografica del pluripremiato documentario Dogtown and the Z boys, firmata dalla statunitense Catherine Hardwick. Film generazionale in cui diverse tematiche (la ribellione giovanile, la caduta della famiglia, l’etica del lavoro, la musica imperante) si fondono, Dogtown and the Z boys è girato in parte sulle onde del mare.
Ambientato in suggestive località portoghesi, invece, Il Quinto Impero, il film dell’ormai leggendario maestro Manoel De Oliveira che per questo suo ultimo lavoro - dai consueti dialoghi fittissimi e dai bellissimi costumi - ha scelto di raccontare uno dei grandi miti della cultura del suo Paese: il Re Sebastiano e la sua utopica volontà di unificare tutto il mondo sotto un unico re e un solo papa.


In sala anche Hotel, opera seconda dal taglio iperrealista e metaforico luogo mentale in cui facce e luoghi si intrecciano, della regista austriaca Jessica Hausner e Buffalo Soldiers diretto da Gregor Jordan e ambientato in una base militare americana nella Germania Ovest, alla vigilia della caduta del Muro.

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