Bondi: «Qualche rischio esiste ma usciremo ancora più forti»

Il coordinatore di Fi: con le consultazioni faremo un passo avanti. Il nostro leader l’hanno votato gli elettori, non come Prodi, scelto nella riserva dell’antipolitica

Bondi: «Qualche rischio esiste ma usciremo ancora più forti»

Francesco Kamel

da Roma

Sandro Bondi, coordinatore nazionale di Forza Italia, lei pensa che le primarie, comunque vengano fatte, rappresenteranno un cambiamento della ragione sociale del centrodestra?
«Io ritengo che una nuova forma di consultazione e di partecipazione se affrontata con lo spirito giusto, possa costituire un passo avanti nella direzione del bipolarismo e del partito unitario. Berlusconi ha posto per primo questo problema nel centrodestra, è il padre e il motore di questo cambiamento, ed è dunque il leader che ha più titoli per portarlo avanti. Non vedo invece nelle primarie nessun cambiamento della ragione sociale del centrodestra, perché non siamo di fronte a una svolta dalla monarchia alla democrazia. La leadership di Berlusconi è stata infatti decretata dagli elettori e non, come sta accadendo invece per Prodi, da un accordo ristretto tra ottimati che hanno attinto il loro candidato nella riserva dell'antipolitica».
Come giudica l'intervento di Casini teso a stemperare i toni della polemica nella Cdl?
«È giusto ricordare, come fa il presidente della Camera, che non è in atto all'interno della maggioranza una resa dei conti né l'esistenza di piattaforme alternative, bensì la ricerca di una forma più alta di unità, come ha ben testimoniato anche l'intervento di Fini a Reggio Calabria. Ripeto tuttavia che una forma di partecipazione dei nostri elettori come quella che dovrà essere chiarita ha bisogno di uno stile ispirato a un profondo rispetto personale, che in alcuni casi è purtroppo mancato. Il percorso che stiamo per avviare insieme può comportare dei rischi, ma anche aprire delle potenzialità inedite per arrivare nel modo migliore fino al traguardo del partito unitario».
Fassino sostiene che il centrosinistra fa le primarie per investire il suo leader, e che la Cdl invece le fa per sfiduciare e Berlusconi.
«Non mi sorprendono più le cadute di stile di Fassino, che ha ormai definitivamente perduto il rispetto per gli avversari politici: la sua mitezza di indeciso a tutto si è trasformata in una greve arroganza propagandistica che, in perfetto stile leninista, ribalta sistematicamente la realtà. Fassino ammette, infatti, che le primarie dell'Ulivo sono una farsa per incoronare un candidato che non ha un proprio consenso. Prodi è un leader uscito dall'uovo delle anatre zoppe, una fotocopia sbiadita spedita al centrosinistra dal fax dei poteri forti e delle euroburocrazie: esattamente l'opposto di un'investitura democratica. Prodi, a differenza di Berlusconi, ha dunque bisogno delle primarie per cercare di uscire da questa situazione di Re Travicello. Pensi cosa accadrebbe se fosse approvata la riforma proporzionale, eventualità democraticamente legittima: il leader dell'Unione, che è un apolide della politica, non avrebbe un partito in cui correre, dovrebbe chiedere ospitalità ai Ds o alla Margherita. Oppure rilanciare quel Triciclo che è uscito fuori strada prima ancora di partire».
Da sinistra vi accusano di giocare a trovare il leader per non affrontare i problemi del Paese.
«Noi il leader ce l'abbiamo, e dunque le forme di partecipazione che sceglieremo rappresentano non un'inutile farsa, bensì la via migliore per ridare linfa alla nostra alleanza privilegiando un processo che sappia esaltare la pluralità delle tradizioni e delle personalità politiche nell'ambito di un cammino unitario che porti ad un unico soggetto politico. Berlusconi non ha alcun bisogno di rilegittimarsi, e il suo sì ad una nuova forma di partecipazione è solo il gesto di grande generosità di un leader che sa comprendere le ragioni contingenti degli alleati e lavora per l'interesse della coalizione e del Paese. Trovo invece sinceramente assurdo che la sinistra parli dei problemi del Paese: in questi anni non ha saputo far altro che attestarsi sulla trincea dei “no” pregiudiziali, ammainando ogni bandiera riformista. Prodi, preoccupato della fragilità della propria leadership, si è finora occupato solo di contenitori (le primarie, la Fed, la Gad, l'Unione) e non di contenuti tanto che oggi, a sei mesi dalle elezioni, ancora non è dato di sapere cosa farà se tornerà a Palazzo Chigi. Chi l'ha visto il suo programma? L'unica cosa visibile è l'attrazione fatale di Prodi per il massimalismo di Bertinotti».
Come farete le primarie?
«Ne ragioneremo insieme agli alleati. Potremmo, ad esempio, convocare un'apposita assemblea di partiti, movimenti e associazioni, sul modello dei “caucus” americani. Ma questa è solo un'ipotesi.

Sono comunque convinto che nessuno, nel centrodestra, pensi alle primarie come a una sorta di torneo medievale in cui i leader dei partiti minori competono solo per conquistare visibilità. Le primarie, come le intendo io, dovrebbero essere semmai la prima “prova tecnica” di partito unitario».

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