Bonelli, l’eroe che inventava eroi di carta

Morto il patron della storica casa editrice. I suoi fumetti sono entrati nel mito: un caso miracoloso di incontro perfetto tra mercato e qualità

Bonelli, l’eroe che inventava eroi di carta

È morto ieri a Monza, dopo una breve malattia, Sergio Bonelli, editore di celebri albi di fumetti, da Tex a Dylan Dog, da Mister No a Zagor. Aveva 79 anni: era nato il 2 dicembre del 1932 a Milano, ed era figlio di Gian Luigi Bonelli, che aveva creato Tex. Sotto la sua guida è nato il personaggio di Dylan Dog, divenuto nel tempo il personaggio di maggior successo della casa editrice Bonelli, superando anche lo stesso Tex. È stato il principale artefice del passaggio del fumetto da semplice intrattenimento popolare a prodotto di dignità culturale.

Ogni volta che scrivevi qualcosa su uno dei suoi eroi, lui chiama­va. Laprimavoltafudi­sastrosa. Tex aveva raggiunto quo­ta 500. Cinquecento storie che era­no un pezzo di cultura italiana. Il giorno dopo arriva una telefonata. «Pronto, sono Sergio Bonelli». «Sì, e io sono Kit Carson». «Ma guardi che sono davvero Bonelli». L’avevi scambiato per un amico abile negli scherzi telefonici. Peggio di Cico. Una figura da mangiare tortillas tut­ta la vita. Per chi è cresciuto inse­guendo Willer non è facile credere all’esistenza reale del suo«fratella­stro». Forse è per questo che ti ha in­vitato a pranzo e poi siete finiti a chiacchierare per ore in via Buonar­roti 38, in quella bottega di av­venture dove ti sembra di stare in un al­tro mondo, con lo sguar­do di Aquila della Notte che ti guarda le spalle, con Zago e Ken Parker, Dylan Dog e Martin Mystère, Ju­lia e Dampyr, Ma­g­ico Vento e Napo­leone. Di questo universo parallelo Bonelli è il tutore. Questi signori li di­fende, li coccola, li sgrida quando serve, ci gioca, borbotta. Non è mai facile avere a che fare con gli eroi, soprat­tutto se devi far quadra­re i conti. Qualche volta ti tocca chiamarli nella tua stanza e mandarli in pensione. Come è suc­cesso quattro anni fa, con Mister No. Scelta dif­ficile, visto che quel pilo­ta era l’alter ego di Bo­nelli. È come dire a se stesso che questo non è più il tuo tempo. Non lo riconosci. E forse è giusto farsi da parte. Perché se Tex era il fratello, e Za­gor il primo figlio, Mister No è quel­l­o che più somigliava al suo creato­re, cioè Guido Nolitta, lo pseudoni­mo che Sergio aveva scelto per non sentirsi in competizione con il pa­dre. Diceva: «Mister No ha lo stesso fascino delle canzoni di Paolo Con­te. Stessa musica. Stesse immagi­ni». Ricorda: «Ho cominciato a rac­contare Manaus nel 1970. Ero tor­nato da un lungo viaggio in Amaz­zonia. Innamorato. In quei posti c’era ancora il paradiso perduto. Terre sconosciute. La foresta era un mistero inespugnabile. Ancora negli anni ’50 c’erano tribù che non avevano mai incontrato l’uomo bianco. Tutto questo è svanito, la terra non nasconde più segreti. Mi­ster No, come me, è un uomo del passato. Negli ultimi tempi era di­ventato intrattabile, musone. Il mio era nato per l’allegria, per le donne. Quando un personaggio di­venta triste è finito». Sergio Bonelli ama i secondi, la spalla. Se proprio deve scegliere è Cico il suo personaggio preferito. «Mio padre mi diceva: tu sei da Pa­perino. Avevamo gusti diversi. A lui piaceva Mefisto. Si divertiva a farlo parlare con uno stile aulico, dan­nunziano ». Lui, il figlio, non gradi­va le atmosfere da cappa e spada, i merletti. Il padre era da feuilletton, lui ha sposato il romanzo d’avven­tura, lo ha messo su carta e china, raccontando il Novecento e l’incer­tezza del nuovo secolo. Ci trovi la metamorfosi di questa era, le tap­pe, i mutamenti sociali,l’antro­pologia. Lo vedi in Tex, che ha interpretato paure e so­gni dei lettori. È il Dylan Dog dell’orrore politicamente corretto e il Dampyr cru­do, dove il confine tra buoni e cattivi è sempre labile. Sono lelezionialfemmini­le di Julia, con quel faccino alla Audrey Hepburn, e l’ombra del zitellaggio che la tormenta. È il fascino scientifico di Martin My­stèr­e e la malinconia po­stmoderna di Nathan Never. È il libertarismo di Ken Parker. Sergio Bonelli ora sta in mezzo a loro, da qualche parte nel metamondo.

Staranno lì a parlare di donne, mangiare bistecche alte due dita, bere birra o vino o chinotto, a rac­contarsi viaggi e avventure, be­stemmiando alla barzellette di Groucho. Sono lì in quel tempo eterno dove alla fi­ne dell’ultima pagina c’è scritto sempre continua. Arrivederci alla prossi­ma puntata. Ciao Ser­gio. 

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