da New York
Per un mese Bono guarderà il profilo dei grattacieli di New York, dall'ufficio del direttore di Vanity Fair, il più prestigioso mensile americano. Redattori, giornalisti, fotografi e freelance lavoreranno con lui per pubblicare un numero dedicato all'Africa. Vanity Fair è famoso per essere un giornale chick che viene letto dalle persone che - a detta di Bono - «credono di diventare virtuosi consumando». Ma a luglio Vanity Fair si trasformerà in un reportage sull'Africa più bella, sulle sue storie più sconosciute, sui suoi lati più felici. «Dobbiamo insegnare alla gente che l'Africa è sexy», ha amesso Bono, l'infaticabile cantante che vuole salvare il continente africano dall'aids, le guerre e la fame. Per farlo Bono ha tenuto concerti in tutto il mondo, ha parlato a quattr'occhi con Giovanni Paolo II e con George Bush, ha inventato una campagna pubblicitaria chiamata Red, che coinvolge le collezioni della Gap, le carte di credito e gli iPods. «Finora abbiamo sottolinato la disperazione Africana», ha detto, «ma adesso voglio trasformarla in un marchio alla moda». Bono, che ammette che gli sarebbe piaciuto fare il giornalista se non fosse diventato ledaer degli U2, aveva già preso il timone di altre riviste: per un giorno era diventato il direttore di The Independent, a Londra; era stato il primo «direttore ospite» di Liberation, a Parigi e lo scorso agosto aveva acquistato una percentuale della rivista Forbes.
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