Uno scroscio di vendite si è abbattuto sulla Borsa italiana ed europea. Dopo una settimana debole, ieri il Ftse Mib - il principale indice azionario italiano - si è inabissato di oltre il 2,8% (-5,8% settimanale, per 60 miliardi di capitalizzazione in fumo), così come Parigi ha perso il 2,6% e Francoforte l’1,3 per cento. Sembra, quindi, aprirsi un periodo di correzione, dopo una lunga tornata positiva, in particolare per l’azionario italiano favorito dalla spinta delle banche che, guarda caso, ieri hanno sono stati fra i titoli maggiormente penalizzati con in testa Unicredit (-5,5%), Bper (-3,9%), Monte Paschi (-3,4%) e Banco Bpm (-2,8%).
A cosa si deve questa improvvisa virata dei mercati? «La situazione è da ricondurre principalmente ai risultati delle elezioni europee», spiega Fabrizio Barini, senior banker di Integrae Sim, «in particolare alla Francia con Emmanuel Macron che non avrebbe dovuto convocare le elezioni senza consultare i suoi alleati: è stato un evento totalmente imprevisto, il classico cigno nero che fa cambiare direzione ai mercati». Insomma, l’azzardo di Macron ha creato incertezza, che è il modo migliore per convincere gli operatori di mercato a capitalizzare i guadagni dei mesi precedenti per poi aspettare il momento giusto per rientrare. «Macron, con la sua mossa, ha di fatto abbassato la visibilità sui profitti del 2025 e così il mercato è diventato improvvisamente troppo caro». I cali di Borsa, peraltro, sono un fatto squisitamente europeo: l’Msci World, l’indice azionario globale, ha infatti vissuto una settimana tranquilla (-0,10%) mentre l’Eurostoxx 50 ha perso il 4,25 per cento. L’incertezza, però, finisce per fare male ai Paesi con un debito pubblico più elevato: tant’è che il differenziale di rendimento tra il Btp decennale italiano e quello tedesco ieri è schizzato a 155 punti base (+8%). «Se il populismo monta in Francia e in Europa vuol dire che l’euro diventa più debole», è il commento di Antonio Tognoli, responsabile delle analisi macro di Cfo Sim, «si crea più incertezza e i primi a essere colpiti sono i paesi ritenuti più deboli, come può essere l’Italia. Del resto, il nostro Paese è cresciuto molto dopo la pandemia, più di Francia e Germania, ma le aspettative future raccontano di un ritorno allo zero virgola». Fatto, quest’ultimo, che dipende dalla riduzione dello spazio di manovra fiscale dovuto a eredità scomode come il Superbonus e all’entrata in vigore delle nuove regole di bilancio europee. «Il nuovo Patto di Stabilità ci toglie 17 miliardi l’anno per almeno 3-4 anni», aggiunge Tognoli, «se poi a questo si aggiungono i maggiori interessi che dovremo pagare sul debito, abbiamo 100 miliardi in meno che possiamo investire sulla crescita».
Il quadro sui mercati, inoltre, è stato complicato da altri fattori concomitanti: come il rischio di una guerra commerciale con la Cina (dopo l’introduzione dall’Europa dei dazi sulle auto elettriche di Pechino) e il taglio dei tassi della Banca centrale europea, che potrebbe segnare un declino per il magic moment delle banche. «Sull’Eurostox 50 hanno inciso prevalentemente i dazi, mentre sul Ftse Mib hanno pesato le banche: l’idea che i profitti possano salire ancora non regge con questo trend dei tassi d’interesse, così in molti hanno cominciato a liquidare i guadagni», osserva ancora Barini.
A incidere, poi, c’è un’economia europea più debole rispetto a quella americana: «L’attenzione degli investitori, adesso, non è più sui tassi d’interesse, ma sugli utili delle aziende, che verosimilmente aumenteranno meno in Europa rispetto agli Usa», aggiunge Tognoli.
«La Bce, inoltre, ha tagliato per prima i tassi rispetto alla Fed, questo è un fattore che porta gli investitori a vendere attività in euro per comprare in dollari». Attenzione, però, potrebbe essere un’occasione di acquisto in Europa: «Di solito, i tassi in calo favoriscono le azioni, ma meglio puntare su aziende leader di settore e che producono cassa», conclude Tognoli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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