Fallimento FTX, cosa fare se hai delle criptovalute nel portafogli

Il fallimento FTX è solo l’ultimo degli scandali tra le aziende per lo scambio di criptovalute, e fa ulteriormente traballare un comparto che necessita regole ed è meno decentralizzato di quanto si creda

Criptovalute e portafogli
Criptovalute e portafogli

Un altro exchange fallito con, in questo caso, un milione di clienti coinvolti e 30 miliardi di dollari di rosso. Inoltre, e questo aggrava il quadro nel suo insieme, FTX era considerata una delle piattaforme di scambio di criptovalute più solide e affidabili e ora trema chi ne ha nel proprio portafogli.

Non entriamo nel caso specifico di cui abbiamo già ampiamente riportato qui e anche qui. Ci poniamo invece una domanda alla quale cerchiamo di trovare riposta.

Cosa dovrebbe fare chi ha criptovalute nel portafogli?

Una considerazione preliminare

La prima cosa da fare è non custodire le proprie chiavi sugli exchange – a prescindere da quale si stia usando – e di scegliere un wallet “non-custodial” che consente il controllo totale delle proprie chiavi private. Permette di fare trading di criptovalute senza passare da intermediari, quindi direttamente dal wallet stesso. I migliori in commercio costano tra i 300 e i 500 euro, una cifra che assume un senso se gli investimenti in criptovalute sono ingenti.

Poiché i wallet non custodial non necessitano di una terza parte, offrono all’utente il pieno controllo sulle sue chiavi e sui fondi. Il lato negativo è da ricercare nel loro uso, meno immediato soprattutto per gli investitori in erba.

La decentralizzazione

Limitatamente a Bitcoin e a Ethereum, uno studio commissionato dal dipartimento della Difesa americano ha trovano più di un motivo per fare cadere il mito della decentralizzazione. Tra le informazioni che portano a questa considerazione ne spiccano due: il 60% del traffico Bitcoin passa da tre provider internet e l’85% dei Bitcoin in circolazione è gestito dl 5% di chi ne possiede.

Va quindi riconsiderato il termine “decentralizzazione” così come va rivalutato il rapporto tra oro e Bitcoin, che fa di questi ultimi un bene rifugio. Entrambe cose di cui dovrebbe tenere conto chi detiene criptovalute nel proprio portafoglio ma anche chi intende acquistarne.

Vendere, non vendere o comprare?

Secondo diversi analisti – il cui parere è stato raccolto dal Washington Post – le criptovalute si preparano a un inverno lungo e freddo, laddove con la parola “inverno” si intende un interesse ridotto e un periodo di minore spinta. Questo ha delle ricadute sulla quotazione di molte criptovalute (ne esistono più di 20mila) e quindi dovrebbe prevalere l’attendismo nei limiti del possibile, anche perché appare sempre più evidente che ormai si tratti per lo più di investimenti sul lungo periodo.

Altro capitolo è riuscire a comprendere se è il momento di fare acquisti di criptovalute. Impossibile dare una risposta unica, entrano in gioco diversi elementi, tra i quali la diversificazione dei portafogli e le capacità di investimento di ogni singolo. Se il consiglio, proprio in virtù dell’inverno (presumibilmente) in arrivo, è quello di non vendere, questo non assume carattere generale ma deve adeguarsi alle necessità di ogni investitore. Allo stesso modo ha senso comprare soltanto se si può investire sul lungo periodo.

In ogni caso, lo ribadiamo, occorre tenere conto che anche gli exchange all’apparenza più affidabili possono sgretolarsi.

E, in attesa di regole chiare sia a livello internazionale sia a livello nazionale, è evidente che occorra sapere che ci si muove su un terreno che può diventare Far West, come nel caso di FTX o di Mt.Gox, exchange fallito nel 2014 e i cui clienti, ancora oggi, aspettano di rientrare in possesso delle rispettive critpovalute.

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