"B.R. Ammazzate Banksy", o almeno cancellate l'ipocrisia della street art

Un'invettiva contro il marketing e la furbizia della cultura finto-alternativa

"B.R. Ammazzate Banksy", o almeno cancellate l'ipocrisia della street art

«Sindachelli, proloco, assessoricchi alla cultura, associazioni cultura e libertà, bandi, bandicini, curriculum, concorsi, muri di cinta delle parrocchie». Sarebbero questi i fautori del peggior disastro iconografico della contemporaneità, cioè della proliferazione incontrollata della street art: «disegni inammissibili, megalomani, falloforici, disegni brutali, murales messicani in pieno centro storico, a Roma, a Palermo, a Milano, sincretismo religioso, diritti dipinti, il patetico in bella mostra, il politically correct o incorrect, in ogni caso il politically che non disturba, il banale, il decorativo, il conformista, l'opinionismo da bacheca faziosa e di sinistra, l'ignoranza colta, educata, non disturbante, il reazionario spacciato per ribelle, l'arte inutile paternalista, moralista, il trasgressivo posticcio venduto al mercatino, l'impostura in cartastraccia e stencil, un invidia del pene gigante, dipinta e obesa, giovani attempati, o, come li chiamano oggi, boomer, ma travestiti da millennial... boomer graffitari affamati di mi piace per piacersi». E che scavallano dal centro alla periferia e sodomizzano, di fatto, il palazzo sgarruppato e con esso lo sgarruppato inquilino che non deve ribellarsi, semmai rallegrarsi in mille colori arcobaleno perché finalmente casa sua è diventata la tabula rasa su cui accampare «lo sfogo da diarietto delle medie» circa i temi cool della contemporaneità, tolleranza, anti razzismo, ecologia, integrazione, gender equality, lotta alla mafia, conditi in salsa buonista e con rappresentazioni ottime da sfondo per un selfie, inseguendo like e cuoricini su Instagram.

Basterebbe questo sunto, per capire il tono del pamphlet di Vincenzo Profeta (B.R. ammazzate Banksy, Gog edizioni, pagg. 122, euro 12) e la straboccante prosa, degna di Emilio Villa, che il fondatore di Laboratorio Saccardi di Palermo, artista per davvero anti conformista, vomita in poche paginette dense di sublime cattiveria: criticando Banksy, «la genialata dello scherzetto», che dipinge delle figurine fingendosi contro le multinazionali a cui anela, finendo per essere egli stesso un brand; criticando l'osannato JR che fa uno squarcio finto su Palazzo Strozzi a Firenze, «esercizio di calligrafia e di stile fighetto, barocco, cretino»; criticando tutto il mondo street-art fatto di marketing, furbizia, speculazione finanziaria, barlumi di cultura finto-alternativa, assai lontani dai moti di vera ribellione di un Basquiat o di un Keith Haring.

E non ha torto Profeta: è facile immaginare l'orrore di una città in cui ogni palazzo vantasse un murales patetico e mal dipinto, ma le colpe, sindaci a parte, sono da attribuire, da un lato agli architetti che hanno rinunciato al decoro delle facciate, dall'altro agli artisti contemporanei che aborrono la funzione pubblica dell'arte e quando vi si applicano prediligono installazioni dissacranti come stronzi giganti, but plug gonfiabili o altre amenità del genere. Considerando che esiste sempre la necessità di un'arte popolare e celebrativa, non potendo più erigere statue in bronzo di re e generali, spopola dunque la street art che è diventata il gendarme del politicamente corretto, manganello del potere progressista.

Alla fine, la soluzione poeticamente paradossale è quella proposta dal Signor Enzo, misconosciuto poeta visivo di strada, al secolo Vincenzo Romano, artista, graffitista, primitivista, che agli inizi degli anni Duemila sui muri di Palermo scriveva col pennarello «B.R. Ammazzate...

» a cui seguiva il nome di un personaggio famoso, un calciatore, un politico, Renzi, Letta, oppure Materazzi, oppure una categoria intera come «le donne», ed ora Vincenzo Profeta vorrebbe che fosse Banksy, ben sapendo che Banksy è un fake, uno pseudonimo, il nome di un collettivo, l'eteronimo dietro cui si nasconde forse Damien Hirst, o forse nessuno, un fantasma che non esiste e proprio per questo non si può uccidere.

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