Nella cruenta saga dei Mussolini, Bruno, il figlio terzogenito di Benito, è una figura appartata. È stato il primo a morire, il primo schianto per la madre Rachele, destinata ad altre durissime prove. Ma è il carattere, la personalità quieta di Bruno a differenziarlo dai due fratelli maggiori - Edda e Vittorio, eccentrica la prima, un po’ arrogante il secondo - avvicinandolo piuttosto all’ultimogenito Romano, anch’egli persona amabile e schiva.
Il carattere e la morte precoce hanno fatto così di Bruno Mussolini (nato a Milano il 22 aprile 1918 e precipitato a Pisa il 7 agosto 1941 con il bombardiere quadrimotore Piaggio P.108B che stava collaudando) una figura quasi secondaria di quella famiglia le cui vicende sono state e continuano ad essere al centro di cronaca e storia. Dopo che la sua breve vita era stata rievocata nel libro più accorato e sincero di Mussolini, Parlo con Bruno, scritto subito dopo la morte del figlio di appena 23 anni, le incalzanti vicende del secondo conflitto mondiale hanno fatto sbiadire la figura del giovane aviatore.
Eppure si potrebbe dire che Bruno Mussolini costituiva il miglior prodotto pubblicitario della famiglia del Duce, incarnando proprio l’idea di quell’homo novus che il fascismo andava proponendo agli italiani. Semplice, sportivo, disciplinato, nessuna insofferenza, nessuna eccentricità, percorso scolastico dignitoso, precoce passione per il volo che era poi uno degli emblemi dell’Italia mussoliniana. Bruno poteva ben costituire un esempio di virtù giovanili. Lo confermano le manifestazioni di profondo e sincero cordoglio popolare che accompagnarono la traslazione della sua salma da Pisa a Predappio, dove fu il primo a scendere nella cripta del cimitero.
A Bruno Mussolini dedica il suo ultimo libro Roberto Festorazzi (Bruno e Gina Mussolini. Un amore del Ventennio, Sperling & Kupfer, pagg. 269, euro 18, in libreria il 30 gennaio). Festorazzi (che già ha all’attivo numerose ricerche su aspetti e personaggi dell’Italia fascista), ripercorre quei ventitrè brevi anni, dal brevetto conseguito quando ne aveva appena diciassette alla partecipazione alle guerre di Etiopia e di Spagna. Ma il giovanissimo ufficiale si distinse anche in imprese civili: con uno dei dei Savoia-Marchetti S.M79 della squadriglia dei Sorci verdi arrivò terzo nella corsa aerea Istres-Damasco Parigi. Con la stessa squadriglia nel gennaio 1938 partecipò alla trasvolata Italia-Brasile.
Festorazzi non si limita a ricostruire i primi, promettenti passi dell’aviatore, ma indaga anche con garbo nella sua vita privata, aiutato da un carteggio inedito che gli ha messo a disposizione l’unica figlia Marina. Ne risulta, ancora una volta, il ritratto di un ragazzo semplice, che ha il volo come grande passione e, appena adolescente, si innamora di Gina Ruberti, una bella ragazza bruna della Roma bene. Le lettere pubblicate da Festorazzi aprono uno squarcio sulla vita di due ragazzi dell’Italia anni Trenta, in pieno costume borghese. Lei, come riferiscono le note informative della polizia, è «di sani sentimenti religiosi, intelligente e colta e di carattere aperto e socievole», la famiglia Ruberti, oltre che «di ottimo ambiente sociale» è anche di «elevatissimi sentimenti fascisti».
Le lettere hanno un tono alla Liala che potrebbe apparire stucchevole se la conoscenza del destino che li aspettava non le rendesse commoventi. Sottoposti a frequenti separazioni a causa degli impegni militari e aviatorii di Bruno, i due si scambiano rugiadose effusioni: «Oggi non ho fatto che pensare a te, ti ho persino sognata e il sogno era così bello che non mi sarei mai voluto svegliare...». E lei di rimando: «Questa separazione che ci sembra tanto dura ci prepara, è vero, un lungo periodo di felicità immensa...». Del resto erano gli anni in cui si cantava «Parlami d’amore Mariù».
Bruno e Gina si sposarono a Roma il 29 ottobre 1938. Cerimonia sontuosa con gerarchi in divisa, gli auguri e i doni della casa reale. Hitler, che di regali di nozze non doveva intendersi molto, mandò un pugnale. Felicità presto interrotta dallo scoppio della guerra. Bruno, assegnato al 47° Stormo bombardamento terrestre di Grottaglie, fu inviato prima a Taranto, poi assegnato al comando della 274° Squadriglia Bombardamento a Grande Raggio all’interno del 46° Stormo ed ebbe come sede Pisa. L’indagine di Festorazzi mette in rilievo le indubbie capacità analitiche del giovane Mussolini sulle inadeguatezze dei nostri armamenti aerei e perfino le precoci previsioni sull’infausto esito del conflitto. Non si hanno però notizie sul peso che Mussolini diede alle valutazioni del suo terzogenito.
L’epilogo fu rapido: una mattina d’agosto, il pesante quadrimotore che, a mezz’ora dal decollo, si apprestava al rientro per una probabile avaria, perdeva rapidamente quota in atterraggio. Alle 9,45 del 7 agosto 1941 l’aereo precipitò. Con Bruno morirono il tenente pilota Francesco Sacconi e il maresciallo motorista Angelo Trezzini.
La morte di Bruno segnò per sempre la moglie, da allora vittima di depressioni. Ma una bellissima foto ce la mostra cerea, diritta e senza lacrime, con in braccio la figlia di diciotto mesi, mentre il Duce imperturbabile le appunta sul petto la medaglia d’oro in memoria del caduto.
La tragedia dei Mussolini, nella più vasta tragedia italiana, trascina Gina Ruberti sul Lago di Como, tragico sfondo all’epilogo della Rsi.
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