Una volta esistevano le agiografie: le storie popolari dei santi come la fiaba insegnavano che l'invisibile è ovunque, che la sequela richiede fiuto, avventatezza, addestramento alla delusione e che l'uomo, in fondo, semina ambiguità. Genere letterario nobilissimo ma ormai desueto, l'agiografia non conforta, a tratti diverte, avverte che sulla via di Dio piena di trappole è bene non andare da soli. La solitudine abbisogna di addestramento: il neofita che s'inoltra, pieno di studi, in Dio lo dicono anche i Padri del deserto rischia di scambiare il miraggio per miracolo, il demone per il padre.
La faccio corta. Liberi di credere (Interline), il libro di Bruno Quaranta giornalista che ha ancora il cuore di inseguire i personaggi, cioè quelli che hanno qualcosa da dire, i santi di oggi , benché sia una raccolta di «Interviste a protagonisti sulle strade di Dio», va letto come un'agiografia. Va letto in modo screanzato, con mani avide, per setacciare una provocazione, un suggerimento, una via. Libro per chi ha il cuore trafitto. Per chi ha il coraggio di ascoltare i maestri.
Così, per dire, Carlo Maria Martini indica un cristianesimo che passa per Don Chisciotte («incita alla serietà, a non tradire gli ideali, a mettersi in gioco, pur sapendo che lo scenario della partita è sovente banale, mediocre, volgare»), mentre Giorgio Bouchard, pastore valdese, percorre la via che va dal Grande Inquisitore di Dostoevskij («che prefigura lo stalinismo») a Cesare Pavese e Boris Pasternak. Padre Bartolomeo Sorge, invece, cita Manzoni, imponendo, credo, la questione incontrovertibile: i grandi scrittori, sempre, cozzano con Dio, intraprendono la bella lotta. La generica mediocrità della letteratura italiana recente dipende anche da questo: aver relegato la Bibbia a libro chiuso, se non funesto, prediligere il mondano al mondo e al suo contrario (l'immondo), il visibile (cioè: la banalità dell'oggi) all'invisibile.
Bruno Quaranta dialoga con grandi intellettuali (Eugenio Corsini, Carlo Carena), teologi (Ravasi, Walter Kasper), maestri d'arte (Ermanno Olmi) ed eremiti (Adriana Zarri).
L'intervista più affascinante è quella ad Anna Maria Cànopi, badessa del monastero di clausura Mater Ecclesie sul lago d'Orta. «La fede è sempre trovata. Se sono nel buio, nel buio avanzo, nonostante tutto credo, perché voglio credere».Questo piccolo libro apre molte porte per fortuna, non offre risposte.
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