I fischi, le contestazioni, la disistima che la stragrande maggioranza degli italiani gli manifesta, hanno su Romano Prodi un effetto singolare e sinistro: ne stimolano il bisogno di potere, la pulsione ad arraffare posti e ad occupar caselle a favore della sua famelica compagnia. Intendiamoci, il governo impotente era e impotente resta, per sue congenite disarmonie politiche ed ideologiche, ma sta procedendo alla «spartizione delle spoglie» con una ferocia che non ha precedenti nella storia repubblicana. E che prefigura un regime.
Il caso De Gennaro rientra in questa sindrome di «bulimia da Palazzo» ed ha connotazioni di arroganza e prevaricazione degne delle vecchie democrazie del sombrero, nei Paesi delle banane. Il capo della polizia è stato silurato in diretta televisiva, da un premier farfugliante che ha fatto riferimento ai sette anni dincarico di Gianni De Gennaro come limite invalicabile di servizio. Una panzana bella e buona, non esiste una norma che imponga lavvicendamento dopo quegli anni, c'è una legge che impone di porre a riposo come ha ricordato il presidente emerito Cossiga - i prefetti che abbiano compiuto 67 anni. De Gennaro è più giovane. Forse Prodi attribuisce un valore cabalistico al numero 7 del resto, non confidava nelle sedute spiritiche? ma la verità è che il premier, per quanto azzoppato e precario, vuole piazzare uomini suoi di fiducia o di sfiducia, non importa in tutti i gangli del potere, nei punti nevralgici. Per questo lannuncio della prossima sostituzione del capo della polizia diventa unoperazione sporca, la tappa di un disegno che prevede lasservimento dellamministrazione pubblica, che dovrebbe esser neutra, a una fazione politica tanto più rancorosa quanto più si sente debole e isolata.
Con unaggravante: laccettazione da parte del Professore del diktat imposto dalla sinistra radicale. Larroganza del potere assume venature ridicole di ipocrisia: «Il governo - ha detto Prodi ribadisce la sua completa fiducia a De Gennaro». E intanto lo silura.
Una sporca operazione, dunque, in un contesto che la rende ancor più inquietante. Il colpo contro il capo della polizia arriva dopo lepurazione politicamente motivata dal comandante della Guardia di finanza, generale Speciale. Un fatto inqualificabile, giocato fra le inaudite pressioni di Visco e le servizievoli dichiarazioni di Tommaso Padoa-Schioppa.
Non basta. Lidentica fame di potere ha fatto collocare Giuseppe Cucchi, un collaboratore storico di Prodi e della sua creatura preferita Nomisma, al Cesis, dopo la caduta di Pollari. Occorrerebbero pagine e pagine per ricordare tutti i colpi di mano dellUnione per accaparrarsi le poltrone importanti, strategiche. A Sviluppo Italia sono stati piazzati amici del Professore, allAnas è andato Ciucci, prodiano come Moretti e Cipolletta che sono andati a guidare le Ferrovie.
E la Rai? Il solito Tps, tecnico di buon comando, si è prestato a far fuori lo scomodo Petroni, peccato che il colpo di pugnale sia stato sventato dal Tar. Ma state tranquilli, la Rai cadrà nelle mani di lorsignori, tutta.
A osservare linarrestabile marcia per loccupazione del sottogoverno e di tutti i posti utili per promuovere scalate e scalatine, favorire affarucci, suggerire politiche industriali, si ha limpressione di vedere in azione uno schiacciasassi. Ma che cosa dà tanto slancio predatorio al Professore? Le elezioni che non ha vinto? Pur godendo di un margine superiore ai miserevoli 20 mila e passa voti assegnati allUnione, la cancelliera Merkel in Germania ha sentito la necessità, per il bene del Paese, di varare la «grande coalizione». Romano Prodi, invece, si comporta come un predone nel deserto, altro che pesi e contrappesi, meccanismi dequilibrio delle democrazie mature.
Salvatore Scarpino
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