C’è De Gregori alla Cavea

C’è De Gregori alla Cavea

Per brevità chiamato globetrotter. Francesco De Gregori torna a suonare in Italia dopo un’anomala parentesi europea, che lo ha visto esibirsi sui palchi di Olanda, Francia, Svizzera, Germania, Spagna e Gran Bretagna. E torna all’Auditorium, dove un paio di mesi fa ha preso parte al concerto «bucolico» del Primo Maggio, salendo sul palco con l’Orchestra Popolare Italiana di Ambrogio Sparagna. Domani sera, in cavea, saranno protagoniste le canzoni più note di De Gregori ma anche quelle del disco più recente, uscito circa un anno fa e intitolato curiosamente Per brevità chiamato artista. Un titolo apparentemente criptico, che il cantautore romano spiega nel dettaglio attraverso il sito ufficiale: «sul mio primo contratto discografico c’era una definizione legale che mi riguardava: "Francesco De Gregori, d’ora in avanti per brevità chiamato artista". Una definizione un po’ agghiacciante e un po’ divertente. Credo d’aver pensato fin da allora che prima o poi l’avrei usata per una canzone». E così è stato, anche se per decidersi a usarla ha aspettato qualche decennio di carriera. Una carriera ricca di brani celeberrimi, entrati di diritto nella storia della canzone italiana; ricca anche di collaborazioni prestigiose, con Fabrizio De André, Antonello Venditti e Lucio Dalla, tra gli altri. Proprio con l’artista bolognese De Gregori si è ritrovato pochi giorni fa, sullo stesso palco. La celebrazione per i 150 anni dalle battaglie di Solferino e San Martino li ha riuniti, anche se ognuno si è limitato a suonare i suoi brani, senza lasciare spazio a nostalgiche celebrazioni dei tempi di Banana republic. A proposito di Per brevità chiamato artista, De Gregori racconta: «abbiamo registrato nel mese di gennaio 2008, durante una pausa del tour teatrale, e abbiamo suonato pensando di stare in un piccolo club e non certo in un campo sportivo. Credo che questo venga fuori». Nell’album, per la seconda volta nella sua lunga vita artistica, De Gregori ha scelto di inserire una canzone scritta dal fratello Luigi Grechi (la prima era Il bandito e il campione): «si chiama L’angelo di Lyon ed è la traduzione di un brano americano. Mi ha affascinato per il suo testo impenetrabile, sulla trascendenza dei misteri d’amore. Riascoltandola ho pensato che sia l’unica canzone d’amore di tutto il disco».
Il sito ufficiale del cantante romano, ricco di preziosi reperti audio e video, contiene un clip della canzone, oltre ai filmati live di altri brani dell’album e ad alcuni mp3, sempre di tracce registrate in concerto.


Una chiave di lettura per ascoltare il disco la fornisce lo stesso De Gregori: «è un disco in cui si racconta qualcosa, ci sono pezzi di vita, ma anche visioni e "pre-visioni". Potrei definirlo un’autobiografia fantasticata. Di certo, è molto diverso da quello che di solito passano le radio».

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