Il giorno dopo, la risposta di Marco Cabassi. Incredulo, di fronte alle accuse che gli sono state mosse. La sua offerta di attrezzare un campo nomadi per i rom di via Capo Rizzuto nella cava «Casina Guascona» ha scatenato polemiche.
Marco Cabassi, il sindaco di Trezzano dice che qualcuno ha usato la cava come discarica, e che ora se ne vuole liberare.
«Quel qualcuno non siamo noi. La cava è divisa su due sponde, quella di nostra proprietà è nel comune di Trezzano. Laltra metà, quella incriminata, è sulla sponda milanese, lontana un chilometro. Appartiene a un altro cavatore, fermato anni fa perché abusivo».
Le accuse che le sono state rivolte sono pesanti. Cosa succede adesso?
«Le dichiarazioni del sindaco Scundi sono fuorvianti. Le ho chiesto una pubblica smentita. Se non dovesse arrivare in breve, le farò causa. E i proventi del risarcimento andranno a don Colmegna.»
Non è vero nemmeno che abbiate tentato di vendere il terreno allEnte pubblico?
«Assolutamente no. Non è che quando un privato concede una proprietà in comodato significa che se ne voglia disfare. Le dirò di più. Il 15 giugno scorso il sindaco ci ha contattati per valutare una proposta fatta da alcuni privati interessati a esercitare attività sportive nellarea di nostra proprietà, dallo sci nautico al canottaggio. Lhanno valutata una buona opportunità per riqualificare larea. Allora la cava non era inquinata?».
Resta il fatto che il sindaco Scundi sembra indispettita dalla sua iniziativa.
«Forse perché non è stata coinvolta, ma lobbligatorietà del preavviso allautorità competente vale solo nel momento in cui viene firmato un contratto. E non è questo il caso».
Nessun contratto firmato, ma il terreno per i 79 rom di Capo Rizzuto è già pronto.
«Sono quasi 3mila metri quadrati, abbiamo tagliato lerba, messo in sicurezza le sponde rinforzando le recinzioni, fatto analisi sullacqua del pozzo, che dal punto di vista chimico e fisico risulta potabile, esiste già un quadro elettrico. Se fossero necessari altri interventi, li faremo. Comunque, larea resta a disposizione nel caso in cui non si dovessero trovare alternative. Il modello che abbiamo in mente è quello di don Colmegna: campi piccoli con regole precise che tutti devono rispettare».
Perché proprio qui?
«Io non possiedo terreni ovunque. Ad averli sono Regione, Provincia e Comune. La mia è stata la risposta a una situazione di emergenza, in attesa di una soluzione promossa dalle istituzioni, che non arriva».
Comè nata la sua offerta?
«Ho risposto a un appello del prefetto.
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