A caccia di lupi mannari nella Puglia del Settecento

Omar Di Monopoli nel suo nuovo romanzo fa rivivere le paure irrazionali che tormentarono il secolo dei Lumi

A caccia di lupi mannari nella Puglia del Settecento

Anno del signore 1799 nelle campagne di Taranto. Mentre il Regno di Napoli è scosso dall'andirivieni nella penisola delle armate francesi e dal proliferare dei moti giacobini, e di feroci reazioni monarchico-nobiliari, quest'angolo remoto di territorio sembra essere martoriato più di altri. Non bastano banditi, nobilotti tracotanti, nuovi ricchi, violenti tanto quanto i vecchi baroni, che usano lo spirito rivoluzionario per regolare antichi rancori e faide di potere: per le campagne si aggira anche una creatura mostruosa che uccide i viandanti e macella il bestiame. Una bestia «demoniaca» che nessuno riesce a fermare, che nessun cacciatore riesce a prendere, nessun proiettile a ferire.

Ecco che allora, giunti gli echi di tanto sconquasso a Napoli, il Re manda a indagare un drappello di cavalleggeri che scortano il naturalista James Fenimonte, nel tentativo di dipanare il mistero. Ed è così che il razionalissimo Fenimonte, mezzo napoletano e mezzo inglese, si inoltra in un territorio aspro e ancora selvaggio, dove ogni ordine garantito dallo Stato è andato sgretolandosi e sopravvivono antichissimi culti magici a cui si sovrappone il molto più recente esoterismo di stampo massonico.

È questa, ridotta all'osso, la trama del nuovo romanzo di Omar Di Monopoli: In principio era la Bestia (Feltrinelli, pagg. 206, euro 17).

Seguendo la scia di sangue lasciata dalla misteriosa creatura, tra boschi, masserie, conventi e antiche dimore gentilizie, il lettore si immergerà, accompagnato da Di Monopoli, in un mondo in cui la modernità, portata dall'illuminismo, tende a tradursi soltanto in nuova violenza. Dove la massa dei «villici» non sa a chi votarsi, visto che il vecchio barone Dirlampa fa crocifiggere chi ruba, per fame, in casa sua; il nuovo potente del luogo, Mastro De Sanctis, tiene un cannone nel cortile della masseria ed è in odor di stregoneria. E i dragoni arrivati da Napoli? Beh, i soldati qui significano solo reclutamenti forzati. Ecco perché il naturalista Fenimonte e il comandante delle truppe rischieranno veramente grosso per dipanare il mistero. Ci riusciranno solo con l'aiuto del prete brigante Malesano, che per molti versi è molto meno brigante di quanto si creda.

Questo è ciò che si può raccontare senza rovinare troppo la lettura di questo thriller storico, che ha tra i suoi pregi quello dell'inventiva nella prosa - gioca molto sui dialetti e ha un andamento rococò che richiama bene, quando non esagera, il linguaggio del secolo dei Lumi - e la caratterizzazione dei personaggi. L'altro pregio è quello di andare a toccare una delle grandi paure del secondo Settecento (ed è una realtà storica), ovvero quella di misteriosi animali segnalati in più parti d'Europa. Per gli storici contemporanei sono nella maggior parte dei casi «l'incarnazione» della paura del nuovo che investiva le campagne. Paure che si diffusero tanto più dopo l'instabilità innescata dalla Rivoluzione francese. Il caso più famoso è quello della Bestia del Gévaudan. Un episodio associato a un animale feroce (o più di uno), mai identificato con esattezza, che fra il 1764 e il 1767 causò decine di vittime nelle campagne di questa regione della Francia centro-meridionale. Come nella vicenda romanzata (sempre però a partire da fonti storiche) da Omar Di Monopoli ci furono sospetti sul fatto che l'animale o gli animali non agissero da soli, ma sotto controllo umano, naturale o «magico» che fosse.

Lo stesso accadde per citare un caso italiano, anche in Lombardia. È ben documentato da un testo settecentesco presente alla Biblioteca Braidense di Milano e intitolato Giornale circostanziato di quanto ha fatto la bestia feroce nell'Alto Milanese dai primi di Luglio dell'anno 1792 sino al giorno 18 Settembre p. p., «Stampato a Milano A spesa dello Stampatore Bolzani». Un consistente numero di bambini vennero sbranati da un animale misterioso nelle campagne attorno a Milano. Il panico si diffuse e fu necessario un rapido intervento del governo austriaco per calmare gli animi. La vicenda finì per coinvolgere tra i cacciatori di mostri, e presunti licantropi, anche quel Cesare Beccaria, divenuto famoso per Dei delitti e delle pene. Un illuminista poi non così diverso dal James Fenimonte del romanzo di Omar Di Monopoli. Il balzo verso l'Illuminismo, il cambiamento improvviso di orizzonti sociali e politici fu associato anche a un grande terrore non soltanto di robespierriana memoria.

E anche questo il clima,un brodo di cultura complesso, da cui è nata la modernità; e la modernità mancata è ben respirabile ne In principio era la bestia.

Come chiosa amaramente il comandante delle truppe reali sul finire del romanzo: «Ci ricordiamo di queste regioni solo quando si tratta di rimpinguare le nostre truppe con nuova linfa da mandare al massacro. Continuo a credere sia un popolo di veri selvaggi...

ma se sono tanto incivili e rozzi forse è anche perché a noi fa comodo che questa gente resti così com'è: immersa nel proprio sonno centenario...».

Ma il sonno a volte ha generato mostri anzi Bestie, Bestie selvagge come la paura, bestie che poi nessuno sa fermare.

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