RomaNon dimissioni, ma pensionamento. In anticipo, certo, perché Antonio Martone potrebbe rimanere in magistratura fino a 75 anni e ne ha solo 69.
Insomma, cade la prima testa per la bufera sullassociazione per delinquere che, secondo la Procura romana, è stata messa in piedi dallimprenditore sardo Flavio Carboni, arrestato giovedì scorso con lex assessore del Comune di Napoli Arcangelo Martino e lex giudice tributario Pasquale Lombardi, per tentare di condizionare politici e magistrati.
Martone decide di lasciare la toga, indossata nel 65, subito dopo la notizia della sua partecipazione a una cena sospetta, il 23 settembre scorso nella casa romana del coordinatore del Pdl Denis Verdini. Quella sera si sarebbe discusso di come avvicinare giudici della Consulta che dovevano decidere sul Lodo Alfano: con Verdini e Martone cerano il senatore del Pdl Marcello DellUtri, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, il capo degli ispettori del ministero della Giustizia Arcibaldo Miller, il primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone e i tre arrestati.
Magistrato ai massimi livelli, Martone è avvocato generale in Cassazione, dopo essere stato presidente dellAnm e dellAutorità garante sul diritto di sciopero. Al Csm avrebbe presentato venerdì la domanda di pensionamento, il giorno dopo la divulgazione delle intercettazioni che lo riguardano. Già lunedì o martedì la richiesta potrebbe essere esaminata dalla commissione competente, per arrivare al plenum mercoledì o giovedì. Prima di lasciare Palazzo de Marescialli a fine mese per la scadenza del suo mandato questo Consiglio potrebbe così chiudere la pratica.
Appena scoppiato lo scandalo Martone ha precisato che aveva partecipato a un convegno in Sardegna sul federalismo fiscale, organizzato dallassociazione di Lombardi, e che da Lombardi era stato in seguito invitato allincontro «nello studio di Verdini per discutere di ulteriori iniziative sul tema». Ma sottolinea: «A margine dellincontro, dato che largomento era di grande attualità, si parlò anche del possibile esito del giudizio della Corte costituzionale sul lodo Alfano. Ricordo che, prima di andare via, manifestai lopinione che probabilmente la Corte ne avrebbe dichiarato lincostituzionalità. Non ho mai fatto pressioni su giudici della Consulta».
Mentre lui si difende e lascia la magistratura evitando un procedimento disciplinare, dal Csm arrivano dardi avvelenati. Il togato Livio Pepino di Magistratura democratica, dice di aver inutilmente segnalato negli anni «opacità e pressioni» in diverse nomine di magistrati.
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