Azzurri, il peggio deve ancora venire

Rischiamo un girone di ferro, niente bomber e fuoriclasse, limiti in difesa (bene però Buongiorno) e la frase di Ceferin ci fa passare per raccomandati

Azzurri, il peggio deve ancora venire
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Non per contraddire il ct Luciano Spalletti - che ha avuto il coraggio di raccogliere una pericolante eredità guidando il club Italia nel porto angusto della qualificazione al prossimo europeo - ma ora comincia la parte più complicata della sua missione azzurra. E i motivi, elencati qui in modo sintetico, possono essere almeno tre: 1) finire, da pallina sistemata nella quarta urna del sorteggio in programma il 2 dicembre ad Amburgo, in un girone di ferro; 2) prendere atto della cifra tecnica ridotta del calcio italiano rimasto senza l'ombrello protettivo dei fuoriclasse; 3) non aver ancora risolto il deficit più inquietante di tutti, e cioè la presenza di un attaccante di grande spessore e affidamento. È vero: per quasi un'ora di gioco, a Leverkusen, la Nazionale ha comandato il gioco e sfiorato più volte il gol con l'attaccante (Raspadori), il centrocampista (Frattesi), il difensore (Di Lorenzo di testa), segno quest'ultimo dell'inversione di tendenza ottenuta dal ct subentrato in corsa a metà agosto al demotivato Mancini.

Eppure quel dominio, esaltato dalla corsa e dal talento di Chiesa, Barella e Dimarco, i tre sopra la media di rendimento, non è certo servito a marcare la distanza espressa dalle classifiche di rendimento tra le due nazionali. E persino gli elogi alla tenuta difensiva (da promuovere il debutto di Bongiorno) sono discutibili se si ricordano gli affanni finali e qualche uscita a vuoto di Donnarumma. Per tacere poi del contributo discutibile di Zaniolo e Scamacca. Dietro l'angolo c'è l'europeo da preparare con 4 amichevoli, scavate dentro un calendario reso ancor più tortuoso dal numero di infortuni denunciato ormai da tutte le nazionali (impressionante quello di Gavi, Spagna). Segno che le riforme inseguite da Gravina non possono prescindere da una dieta rigorosa di tornei (Nations league, mondiale per club) a cui dovrebbero chiamare Uefa e Fifa. Il tema del rigore invocato dall'Ucraina (con il suo ct campione del mondo di fair play nelle dichiarazioni finali) è divisivo e resterà tale perché persino gli esperti del ramo (Casarin dice no al rigorino, Calvarese dice sì) sono schierati su fronti opposti.

Di sicuro c'è molto da imparare dalla lezione ucraina passandola anche agli arbitri di Rocchi perché alcuni fischi nel campionato di casa nostra (piede sfiorato in Milan-Udinese) somigliano in modo inquietante a quello di Cristante su Mudryk (che non cade come da dinamica naturale ma salta suggerendo l'idea della simulazione).

Ma se a giugno dovesse passare l'immagine dell'Italia arrivata all'europeo come raccomandata dal presidente dell'Uefa, pagheremmo - per interposta persona - una colpa che appartiene esclusivamente alla frase dal sen fuggita di Ceferin («se l'Italia non si qualificasse per l'europeo sarebbe un disastro»). Documenta in modo pubblico e solenne la priorità commerciale rispetto alla meritocrazia di quel dirigente. Perciò non bisogna considerare l'avvocato di Lubiana un amico del calcio italiano.

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