Il Baroni rampante: la Lazio low cost ora decolla

Le cinque vittorie nelle ultime sette, il terzo posto e l'ultra rendimento dei singoli: altro che ridimensionamento tecnico

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In estate c'era chi assimilava la squadra, asciugata di talento e leadership, infarcita di mezzi calibri, più ad un piccione viaggiatore che ad un'aquila, l'animale guida del club. Come fai a sognare forte, del resto, quando perdi il bomber Ciro Immobile (d'accordo, appannato nell'ultima stagione, ma pur sempre il cannoniere), l'imprendibile e prolifico Felipe Anderson, il sempre illuminato Luis Alberto? Non solo: se ne va anche Tudor, che aveva appena irreggimentato lo spogliatoio, risalendo una classifica altrimenti pietosa.

Quelli che arrivano alla Lazio non sembrano in grado di imprimere una svolta. Chi sarebbe Dele-Bashiru? E Dia che non gioca da un anno? Per non parlare di Castrovilli, perennemente rotto. Davvero ci si attende un salto di qualità con Nuno Tavares, uno che all'Arsenal giocava laterale di tribuna fisso? E poi Marco Baroni: a Lecce e Verona ha fatto miracoli, ma qui si gioca un calcio differente. La Lazio ha il pedigree delle Sette Sorelle. I tifosi si immalinconiscono di fronte al presunto declassamento. I sogni di gloria sono rattrappiti. La polemica con Lotito deflagra più feroce che mai.

Baroni contempla quella situazione ispida in silenzio. Sa che il lavoro lo può trarre d'impaccio. Organizza un 4-2-3-1 offensivo ma non frivolo. Pressing alto e vicinanza quasi rugbstica tra i suoi. Parla con tutti, singolarmente. Disegna in ciascuno affreschi mentali inediti. Così Provedel rientra saldo tra i pali dopo l'infortunio. Tavares passa in fretta da mezzo carneade a imprendibile siluro sulla fascia. Bashiru corre per cinque. Dia segna e convince. Noslin scambia gli avversari per birili. Rovella e Guendouzi giocano di lotta e di governo. Il Taty Castellanos raccoglie la pesante eredità di Ciro senza farlo rimpiangere.

Oggi, dopo dieci giornate, qualcuno dovrebbe chiedere scusa. Se non a Lotito, che comunque dimostra di prenderci sempre, anche quando si fruga parzialmente in ossequio alla benemerita (per lui) filosofia low cost, almeno a lui: il Baroni rampante. Cinque vittorie nelle ultime sette. Terzo posto in classifica, contro ogni previsione. Ieri ha demolito il Como di Fabregas in trasferta, ma sta rifilando pallonate in giro per mezza Italia.

Come il Cosimo Piovasco ritratto da Italo Calvino, Marco si è arrampicato. Non su un albero, ma in cima alla classifica, scansando il rumore di fondo per seguire la sua strada. Realizzando la sua rivoluzione umile. La Lazio, per inciso, è prima pure in Europa League. Durerà? Non è dato saperlo.

Per confezionare questo intrigante incipit, la squadra gira a duemila, ma allo sforzo fisico abbina l'applicazione tattica e concetti di calcio propositivo che sopperiscono alla carenza di veri big (Zaccagni, quando vuoi).

Il libro è appena iniziato, ma è spesso dalle prime pagine che si capisce dove andrà a parare.

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