Il calcio secondo Kim Jong-un

A quelli che dicono che il calcio sta rinnegando se stesso, bisognerebbe spiegare che c’è qualcuno che ha trovato la soluzione: il simpatico leader della Corea del Nord

Il calcio secondo Kim Jong-un
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A quelli che dicono che il calcio sta rinnegando se stesso, bisognerebbe spiegare che c’è qualcuno che ha trovato la soluzione. Altro che Var in confusione e Generazione Z a cui piace solo gli highlights, basta un minimo di ordine e tutto si sistema.
Per esempio: Kim Jong-Un. Il simpatico (meglio dirlo, non si sa mai) numero uno della Democratic(issim)a Repubblica Popolare di Corea, ha deciso per decreto che le partite di Premier Legue generosamente donate al popolo debbano avere un taglio preciso, tipo quello dei suoi capelli. Insomma: laggiù gli incontri in Tv durano solo 60 minuti esatti (tra un taglia e cuci) e, soprattutto, si mostrano solo squadre che non possano corrompere i giovani che magari si
mettono in testa chissà cosa. E quindi niente Tottenham, Brentford e Wolwerhampton, che schierano in campo compagni che sbagliano come quelli della Corea del Sud.
Se questa vi sembra censura, sbagliate pure voi: in un mondo senza più regole, è facile andare in fuorigioco. Invece, nel mondo di Kim, tutto fila liscio, come quando - raccontava il portiere del Pyongyang City - si gioca la finale della Coppa nazionale: “Metà del pubblico è civile e deve indossare cappello e camicia bianca con cravatta rossa, l’altra metà è militare. Gli steward spiegano al pubblico quando tifare, in campo si gioca pulito, senza esultanze strane o falsi infortuni. Non ci sono pubblicità a bordo campo, venditori ambulanti, non si fanno code per entrare e uscire.

E se è presente il Supremo Leader, ad ogni gol la squadra che ha segnato si presenta a lui per salutarlo”.
Diciamolo allora, altro che Fifa, Uefa o Ifab: Kim sarebbe anche il presidente perfetto del calcio mondiale. Per cominciare, di protocollo ce ne sarebbe solo uno.

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