La difficile scelta di Andrea Carnevale

Raccontare in tv l’omicidio della madre per mano del padre, forse è stata l'occasione per liberarsi (almeno parzialmente) di un peso che rischia di schiacciarti senza lasciarti scampo

La difficile scelta di Andrea Carnevale
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La scelta di Andrea Carnevale, 63 anni, non è stata certo facile. Raccontare in tv l’omicidio della madre per mano del padre, forse è stata l'occasione per liberarsi (almeno parzialmente) di un peso che rischia di schiacciarti senza lasciarti scampo. Carnevale, che è stato un idolo del calcio ai massimi livelli (ora è un dirigente dell’Udinese), ha scioccato i telespettatori con un racconto dell’orrore che, noi estranei, facciamo fatica perfino ad ascoltare; e possiamo difficilmente immaginare il dolore di Andrea nel raccontarlo. Un’esperienza che definire drammatica e dire poco, trauma incancellabile. Eppure Carnevale ha trovato la forza per superare questa ed altre vicende critiche della sua vita. Ma nulla è paragonabile alla tragedia familiare di cui gli occhi di Andrea 14enne sono stati testimoni. Nella trasmissione «Pomeriggio 5» l'ex azzurro ha ripercorso gli attimi di follia del padre, che dopo aver ammazzato la moglie si costituì suicidandosi 5 anni dopoo. Cosa poteva accadere di peggio a un figlio adolescente? Impossibile immaginare qualcosa di peggio: «Papà era malato di gelosia ed è quello che accade oggi. Un marito che ammazza la moglie lo fa proprio per gelosia, ma la donna non è dell’uomo, basta con questa possessività, con questa malattia», si è sfogato l’ex calciatore. Frasi, le sue, che mettono i brividi: «Avevo 14 anni ma ero già un ometto. Una volta si lavavano i panni al fiume e mia madre andava lì, a cento metri da casa mia. Una mattina c’erano tutte le donne, compresa mia sorella, mio padre si è svegliato, è sceso e l’ha ammazzata con un’accetta». E poi: «Sono molto orgoglioso di parlare di questa storia in televisione, perché dopo cinquant’anni penso sia l’ora di raccontarla e di far capire agli uomini che oggi ammazzano le loro mogli che è ora di smetterla. Io è dall’età di 14 anni che non chiamo più “mamma” perché mio padre me l’ha portata via».
Un particolare rende ancora più angosciante la storia: «All’epoca provai a rivolgermi anche ai Carabinieri, ma senza successo. Mia madre non voleva che andassimo dalle autorità perché allora, nei paesi, c’era un po’ di vergogna. Eravamo noi, specialmente io, che andavo dai Carabinieri per dire che papà, tutte le sere, picchiava la mamma con pugni e cazzotti. Il maresciallo purtroppo mi disse che finché non vedevano il sangue non potevano fare assolutamente nulla.

Quando mamma è stata uccisa ho fatto un gesto estremo: sono andato dentro al fiume e con un secchio ho raccolto il suo sangue, sono andato a piedi su al paese e l’ho consegnato in caserma, al maresciallo, e gli ho detto: “Lei voleva il sangue, eccolo qua“. Ed è finita lì». Non resta che soffrire, riflettere e pregare. Se farlo poi nel chiuso della propria casa (e della propria anima) o davanti una telecamera, resta una scelta personale. Comunque da rispettare.

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