Fagioli e le scommesse: “Ho cominciato quando avevo 16 anni”

Il centrocampista della Juve, durante il terzo incontro riabilitativo per il caso scommesse, si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni intrattenendosi con i giornalisti presenti presso l’ex teatro Araldo di Torino

 Fagioli e le scommesse: “Ho cominciato quando avevo 16 anni”
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Il percorso di riabilitazione del centrocampista della Juventus e della Nazionale italiana Nicolò Fagioli prosegue dopo la squalifica per il caso scommesse. Lo scorso 19 ottobre, Fagioli ha patteggiato con la Procura Federale una squalifica di 12 mesi, di cui solamente 7 lontano dal terreno di gioco, insieme ad una multa di 12.500 euro. L’accordo siglato con la Figc, come da comunicato rilasciato, prevede anche un percorso riabilitativo di dieci sedute: “Fagioli dovrà partecipare ad un piano terapeutico della durata minima di 6 mesi e ad un ciclo di almeno 10 incontri pubblici, da svolgersi nell’arco di 5 mesi, presso Associazioni sportive dilettantistiche, Centri federali territoriali, Centri per il recupero dalla dipendenza dal gioco d’azzardo, e comunque secondo le indicazioni e il programma proposti dalla FIGC”.

Durante il terzo incontro, tenutosi ieri presso l’ex teatro Araldo di Torino in occasione dell’evento “Perdere tutto non è un bel gioco”, promosso dalla Regione Piemonte per sensibilizzare i giovani sui rischi del gioco d'azzardo, il giocatore ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee ai giornalisti presenti, ripercorrendo tutta la sua vita e il legame con le scommesse: “Ho cominciato le prime volte quando avevo 16 anni, all'inizio era come un gioco, poi pian piano è diventato una malattia, ho iniziato subito con le scommesse sportive. Sto molto meglio adesso rispetto a un anno fa, è stato il periodo più difficile della mia vita. Cosa mi fa star bene adesso? Stare con la famiglia, gli amici e praticare sport”.

Fagioli ha poi ammesso che per lui è difficile stare lontano dal calcio giocato, lasciandosi anche andare ad un desiderio (forse) irrealizzabile: “Dal mio punto di vista mi avrebbe sicuramente aiutato continuare a giocare a calcio. Star lontano dai campi è una punizione che mi hanno dato ma ha reso le cose ancora più difficili. Pian piano ti accorgi che ti manca lo spogliatoio e lo stare insieme ai compagni soprattutto quando vincono. Questa stagione sta andando meglio dell'anno scorso, è stata dura ed è ancora dura star lontano dai campi e vivere dei momenti belli insieme a loro. Gli Europei? Quello è un sogno".

L’ultima chiosa, invece, è arrivata proprio sul ritorno in campo, che dovrebbe arrivare per l’ultima giornata di Serie A, quando la sua Juve sarà impegnata contro il Monza: “Ho tantissima voglia di tonare in campo, non vedo l'ora che sia il 19 maggio quando finirà la squalifica, il 26 maggio dovrei giocare l'ultima partita di campionato”.

Sul caso Fagioli e, più in generale, sul mondo delle scommesse, è intervenuto, in una lunga intervista al quotidiano La Stampa, anche lo psicoterapeuta Paolo Jarre, già direttore del Dipartimento di patologia delle dipendenze dell’Asl Torino 3, che sta aiutando il centrocampista bianconero nel suo percorso riabilitativo: “Nicolò non c'entrava niente con il calcioscommesse: ha avuto una dipendenza In Italia i numeri parlano di un aumento impressionante di giovani che si perdono in bische online. Lui, infatti, è un ragazzo come gli altri che ha avuto una dipendenza”.

Il dottor Jarre ha poi spiegato meglio la situazione di Fagioli che sta seguendo in prima persona, spiegando anche l’approccio terapeutico da seguire: “Nel caso di Fagioli non si è trattato di calcio scommesse. Non ha mai venduto una partita. Ha giocato anche sul calcio. Perché? Oltre ai casinò, che rappresentano la fetta preponderante del fatturato, online si può scommettere su tutto. E i giovani scommettono sugli sport. Tutto questo è una miscela esplosiva. Come si affronta questa dipendenza? Il trattamento è calibrato sulla tipologia del paziente. Tiene conto della disponibilità economica, degli aspetti emotivi. E dei danni collaterali: debiti, problemi giudiziari, rapporti familiari”. Sulla squalifica e sulla riabilitazione, lo psicoterapeuta ha poi aggiunto: “In termini assoluti, credo che la squalifica non serva. In questo caso, forse sì. Per come è stata proposta, ossia raccontare pubblicamente la propria lotta alla ludopatia responsabilizza. È una forma di prevenzione, per chi ascolta è un'educazione tra pari. Se certe cose le spiega un adulto, risulta una predica. Se le spiega un coetaneo, lo ascolti. La squalifica per problemi di salute, infatti, rappresenta una dicitura corretta. Non a caso Nicolò si è spesso definito come un ‘malato di gioco’. Questa parola, malato, non è una parola scelta a caso.

E dalle sue testimonianze si capisce che vi è stata una difficoltà nel chiedere aiuto: è il senso di vergogna, di presunzione, la difficoltà di prendere consapevolezza della propria dipendenza”. La chiosa finale, proprio come quella di Fagioli, è arrivata sul suo ritorno in campo: “Il 19 maggio torna in campo. Con le scommesse storia finita. Lui ha affrontato un percorso”.

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