Pare l'incipit di un film comico. Si alza una cornetta: "Sentite, andiamoci insieme, in Giappone. Come? Fondiamoci". Dev'essere andata più o meno così, in quell'estate del 1992. L'invito lo ricevono entrambe, ed entrambe hanno lo stesso problema. Il Paese del Sol Levante chiama, ma Milan e Juventus rischiano di non poter rispondere. E di perdere l'opportunità di incassare 1 milione di dollari, il prezzo del disturbo per la traversata. Il motivo? Troppi giocatori impegnati con le nazionali. Da qui la folle idea.
Com'era il Milan nel 1992/93
Silvio Berlusconi continua a fare maledettamente sul serio. Dopo lo scudetto dei record della stagione precedente rimpinza la squadra di talenti, per rinnovarne la competitività. Ingaggia calibri come Jean-Pierre Papin, Dejan Savićević, Stefano Eranio, Fernando De Napoli, Gianluigi Lentini, e fa tornare a casa Zvonimir Boban. In panchina c'è Arrigo Sacchi e la squadra - che certo ancora non può saperlo - arriverà prima di nuovo. Sarà anche l'anno della finale di Coppa dei Campioni persa 1-0 contro il Marsiglia, boccone indigesto sul tramonto dell'annata calcistica. Roba che comunque non intacca la convinzione di un club che troverà in Van Basten e Papin i migliori realizzatori stagionali, e in Maldini e Costacurta il duo con le maggiori presenze.
Com'era la Juve nel 1992/93
GlI Agnelli hanno appena confermato Giovanni Trapattoni in panchina, avviando poi una profonda rivoluzione tecnica. Sono arrivati Dino Baggio, Andreas Möller e David Platt a rafforzare il centrocampo. In avanti, invece, è stata stanziata la cifra monstre di 40 miliardi di lire per strappare Gianluca Vialli alla Sampdoria, e al suo gemello Roberto Mancini. Con lui, un po' sottotraccia, arriva anche Fabrizio Ravanelli. I bianconeri arriveranno quarti in campionato, ma vinceranno la Coppa Uefa. La squadra è colma di fuoriclasse, ma Roberto Baggio - 21 gol in stagione per lui - sarà il più luccicante.
La proposta indecente e l'idea folle
Torniamo dunque, dopo un minimo di contesto, a quella proposta pervenuta dal Giappone. Sul piatto c'è 1 milione di dollari, la J League - ovverosia il campionato giapponese - è appena nata, i club e la nazionale stessa potrebbero sfidare rossoneri e bianconeri, confidando su una fanbase che da quelle parti assume dimensioni notevolissime. Quell'estate, a dire la verità, entrambe le squadre potrebbero anche decidere di fare gli straordinari, volando prima negli Usa e poi in Oriente. C'è solo un problemuccio, tutt'altro che risibile. A tutte e due mancano i giocatori. Troppe chiamate dalle nazionali, rose spolpate. Va bene muoversi infarcendosi di Primavera, ma non è possibile esagerare. Da quelle parti vogliono vedere i campioni. Per questo pagano quel prezzo. Che è alto, considerato l'anno di grazia 1992. Ecco allora che la necessità determina il sonno della ragione. Parte la telefonata - non è dato sapere da quale dei due club - e con essa l'insolita proposta: "Fondiamo le squadre, facciamola insieme, la tournée". L'idea appare assurda, ma è un fatto che entrambi i club lavorino su una nuova maglia comune con cui presentarsi. E accarezzano sul serio la possibilità di diventare la "JuveMilan".
Non se ne fa niente
Il progetto però perde presto le gambe. Quando i tifosi vengono a conoscenza delle prime, sconnesse informazioni, si rivoltano. Milan e Juventus sono le antagoniste per eccellenza. Hanno la propria storia, i propri valori. Non è pensabile mixare tutto per asettiche ragioni di business. La tradizione non si piega, nemmeno per qualche partitella estiva. Colto il clima, entrambi i club capiscono che è meglio non farne di nulla.
Il danno di immagine e la disaffezione che verrebbero a crearsi sarebbero infinitamente superiori. Ognuna procederà per conto suo, facendo con quello che ha. Ma per qualche giorno, in quella folle estate '92, in molti sognano una storia impossibile.
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