Se si danno battaglia dal 1337 un motivo deve pur esserci. Una mattina Edoardo III si sveglia, sprimaccia quelle vesti opulente e dichiara solenne: “Sono il Re d’Inghilterra e il Duca d’Aquitania, ma non mi basta. Da oggi reclamo anche la corona francese”. Facile che poi i rapporti si incrinino. Un astio che monta viscerale dalla guerra dei cent’anni. Certo, spesso anche unite nei conflitti srotolati dalla storia, ma mai amiche. Perché Inghilterra e Francia si riflettono l’una nello specchio dell’altra, da sempre facendo spallucce. Pragmatici e rigidi i sudditi di sua maestà, fumosi e romantici i nipoti del Re Sole. Si assomigliano più di quanto credano - due vecchie potenze coloniali europee - ma non saranno mai disposte ad ammetterlo. Il braccio di mare che separa Calais dalle bianche scogliere di Dover è sempre stato distanza, mai collante.
Così il confronto mondiale assurge ad ennesimo capitolo di una lotta infinita. Ed è sinceramente uno spreco colossale il fatto che giunga così precocemente, perché i ragazzi di Southgate, così come quelli di Deschamps, potrebbero tranquillamente sollevare la coppa. Certo, c’è la dilagante samba brasiliana ed anche la tracimante voglia di rivalsa argentina. Sarebbe da infilarci anche la cricca dei portoghesi. Ma queste due contendenti avrebbero - hanno - il corredo genetico preteso per vincere. Come una finale anticipata, insomma.
Non servono architravi di parole per illustrare le motivazioni sottese a questi ragionamenti. Non bisogna pescare nulla, né sforzarsi di interpretare. Tutto galleggia in superficie, cristallino, nitido. Mai come stavolta l’Inghilterra può farcela. Ha blindato la difesa, possiede un centrocampo straripante - bagnato dalla luce calda diffusa dal predestinato Jude Bellingham - ed un tridente offensivo di una varietà imbarazzante. Kane è tornato al gol e vuole afferrare il record di Wayne Rooney. Foden è imprendibile. Saka decisivo quando serve. Southgate può contare sulla qualità dei singoli, ma anche - e soprattutto - su meccanismi che viaggiano in automatico già dall’europeo interno.
Di là però ci sono i detentori del gingillo. Prepotenti in ogni reparto, sono completamente intinti nella calma che appartiene ai forti. Più facile quando hai Theo che sgasa a sinistra, Rabiot in stato di grazia, Giroud che fa a brandelli la carta d’identità e soprattutto lui, il prescelto. Killian Mbappè. In questa rassegna iridata ne ha già fatti cinque e pare impossibile da fermare. Da giorni si vocifera di una strategia chirurgicamente affinata per ingabbiarlo: non basterà la fisicità di Walker, certo. Serve tagliare i rifornimenti, come in guerra. Con la consapevolezza che sarà sufficiente distrarsi un secondo per essere crivellati.
L’ultima volta che inglesi e francesi si sono dati battaglia era ancora il 2017 (3-2 blues) e dunque non costituisce precedente attendibile. Conta il qui ed ora. I galletti devono stare attenti a non inciampare nella loro tracotanza.
Gli inglesi, al contrario, avrebbero bisogno di una flebo d’autostima, quella che manca nei momenti decisivi, dai tempi dei Gerrard, dei Lampard, Beckham, Owen e Rooney tutti insieme appassionatamente a mani vuote.Comunque vada, sabato sera, il Mondiale qatariota risulterà terribilmente impoverito. Chi ne uscirà vivo però potrà già sentire i polpastrelli che si avvitano intorno alla coppa.
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