Il brutto di una sconfitta dolorosa è che la delusione finisce per coprire parecchie storie che meriterebbero di essere raccontate. Una delle sfide chiave che facevano sudare freddo i tifosi dell’Inter era quella che vedeva di fronte il centravanti più devastante degli ultimi anni e quello che, bene ricordarlo, molti interisti al suo arrivo avevano considerato un mezzo bidone. I più scaramantici (e i tanti gufi) si aspettavano che il giovane cannibale facesse sfracelli, che annichilisse un giocatore i cui giorni migliori sembravano alle sue spalle. Niente del genere: il “bidone”, almeno all’Ataturk Stadium è sembrato Erling Haaland ed il fenomeno Francesco Acerbi. Chi non segue il calcio assiduamente trova incomprensibile la differenza abissale alla vigilia, tanto da giustificare i pronostici impietosi dei bookmakers. Ancora una volta si è confermata la regola d’oro del calcio: il nome e la reputazione valgono zero se non sei in grado di dimostrarlo sul campo. Sabato sera, sul palcoscenico più importante del mondo, Acerbi ha battuto Haaland 3-0.
Una partita quasi commovente
Mettere a confronto un classe 2001 che si presentava con ben 52 gol stagionali ed un difensore vecchio stile i cui 35 anni lo hanno visto combattere contro il cancro, una dirigenza frettolosa e una tifoseria irriconoscente sembra quasi ridicolo ma in campo lo scontro è stato tutt’altro che scontato. La schiacciasassi norvegese, quasi irridente nella sua prepotenza fisica e tecnica, è stata quasi cancellata dal mestiere di Acerbi, uno che di partite importanti ne ha giocate tante e sa che per portare a casa la giornata bisogna stare zitti, impegnarsi e non distrarsi neanche un secondo. D’accordo, questo finale di stagione ci ha consegnato un Haaland un po’ stanco, smarrito, come dimostrano le cinque partite senza segnare, una roba inaudita per un marziano come lui. Il nemico pubblico numero uno dell’Inter, però, non ha del tutto dimenticato come si fa gol. Dopo una prima parte di gara nella quale a malapena ti accorgevi fosse in campo, ecco il cioccolatino dell’amico di sempre, quel Kevin de Bruyne che su come fornire assist agli attaccanti potrebbe scrivere un'enciclopedia.
Passaggio col contagiri, proprio sulla corsa del norvegese, che prende un respiro profondo e mette nel mirino la porta di Onana. Acerbi, stavolta, non ci arriva, gli lascia un minimo di spazio di troppo. Gli anni, purtroppo, passano per tutti. Per fortuna arriva la copertura di Bastoni che disturba Haaland quanto basta per rovinargli la staffilata. Onana la vede e riesce a metterci una pezza. Ti aspetteresti che l’età abbia la meglio, che alla lunga il veterano di mille battaglie si squagli come neve al sole. Macché, è lo scandinavo che soffre il confronto, anticipato con regolarità svizzera da una marcatura che ai più anziani ricorderà quella di “Gheddafi” Gentile su Zico al Sarrià. La cosa sarebbe già notevole: riuscirci nella prima finale di Champions League, forse l’ultima di una lunga ed onorata carriera è impresa da applausi a scena aperta.
Difendere senza se e senza ma
Tornati in campo Haaland sembrava irritato dalla marcatura asfissiante di Acerbi, dal fatto che, al contrario dei tanti difensori che ha scherzato da quando è arrivato nell’Olimpo del calcio, questo difensore vecchio stampo non mollasse mai, cocciuto e instancabile come i suoi eroi di gioventù. Le poche volte che riusciva a liberarsi dal suo abbraccio mortale, anche con qualche scorrettezza di troppo, arrivava puntuale il sodale Bastoni. I sempre perfidi titolisti della stampa inglese avevano ironizzato sul confronto tra il cannoniere che non sbaglia mai e quello che immaginavano fosse un Carneade qualsiasi. Immaginate che sorpresa quando, dopo 80 minuti di sofferenza continua, lo avranno visto anticipare ancora lo strapagato ragazzino, uscito umiliato ed offeso dal confronto che avrebbe dovuto dominare. In una sceneggiatura di Hollywood, l’autore metterebbe un arco con l’inevitabile lieto fine, la sgroppata che non ti aspetti, il cross millimetrico sulla testa del bomber che spacca la rete e trascina la Beneamata ai supplementari, forse alla gloria. Purtroppo le cose sono andate in maniera diversa: le occasioni sono arrivate ma la Dea Bendata ha voluto che a sorridere, dopo 15 anni e un miliardo e mezzo di sterline buttate, fossero gli sceicchi del calcio milionario.
La cosa sembra ingiusta, quasi offensiva, come il fatto che si preferisca celebrare il trionfo di un modello che rischia di schiantare l’universo pallonaro invece che prestazioni oneste, concrete e maledettamente efficaci come quella di Francesco Acerbi da Vizzolo Predabissi, hinterland milanese, che dopo aver battuto il cancro due volte si è concesso il lusso di eclissare il talento più celebrato al mondo. Intendiamoci, questo non vuol dire assolutamente che Haaland sia un bidone e che tutti i giornalisti sportivi del mondo non capiscano niente. Il norvegese imparerà molto da questa esperienza, crescerà, capirà che non serve avere millemila miliardi di followers se non gonfi la rete giornata dopo giornata, che le lusinghe dello star system lasciano il tempo che trovano. Magari, se è fortunato, potrà farsi una chiacchierata con quel difensore vecchio stile che ha avuto l’umiltà ed il coraggio di accettare la sfida, mettere l’ego in cascina e fare quello che gli riesce meglio: rovinare la giornata all’attaccante di turno.
Sembra normale e forse, trent’anni fa, lo sarebbe anche stato. Nessuno ha cantato le lodi di Gentile quando fece sparire dal campo Maradona a Spagna ‘82, anche a costo di strappargli la maglietta. Oggi, invece, la sua calma determinazione dovrebbe essere studiata nelle scuole calcio. Se Acerbi può permettersi di far fare una figura barbina ad uno come Erling Haaland, tutto è davvero possibile. Basta impegnarsi, crederci fino in fondo e non montarsi mai la testa. E questa, francamente, è una lezione che servirebbe a tutti noi, anche a chi un campo di calcio non l’ha mai visto dal vivo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.