Nella stanza dei ricordi una bacheca di trofei. Nazionali e internazionali. Cimeli da campione. Nella storia del calcio italiano Antonello Cuccureddu, nato ad Alghero 74 anni fa, il suo capitolo se l'è ritagliato con la forza della passione. E della versatilità, avendo indossato in carriera maglie con quasi tutti i numeri (la 2, la 3, la 4, la 7, la 8, la 10 e la 11). Con il mito di Omar Sivori negli occhi, il pallone è stato il giocattolo che gli ha cambiato la vita: un'esistenza dipinta di bianconero, i colori della Juventus con cui tra il '69 e l'81 ha disputato 298 partite (26 gol) vincendo 6 scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Facendosi valere anche in Nazionale, primo sardo a indossare la maglia azzurra e a scendere in campo nella fase finale di un Mondiale (Argentina '78). Gli ultimi due anni alla Fiorentina, poi una bella carriera da allenatore e ora l'impegno con i bambini della sua scuola calcio ad Alghero.
Cuccureddu, se la ricorda la prima volta davanti a Boniperti?
«Eccome. Avevo 20 anni. Venivo da Brescia, fresco di promozione in A. Arrivai a Torino con la mia 500. Boniperti la prese alla larga parlandomi di grandi valori e dell'importanza della famiglia. Io ero emozionato. Stavo zitto e pendevo dalle sue labbra. Poi quando si trattò di parlare del contratto...».
Cosa accadde?
«Il presidente mi allungò un foglio, dicendomi: Firma qui...».
Stipendio pattuito?
«Nessuno. Le parole di Boniperti, che per me era come un padre, furono: La cifra la metto io, fidati!».
E lei si «fidò»?
«Avevo coronato il mio sogno. Far parte del club di cui ero tifoso da sempre. I miei compagni di squadra erano i calciatori che da ragazzo collezionavo con le figurine Panini. Gente del calibro di Anzolin, Castano, Bercellino, Del Sol, Haller... I soldi in quella fase della carriera non erano una priorità».
Ma è vero che Boniperti quella famosa «cifra» la calcolò al ribasso?
«200 mila lire al mese, più i premi», narra la leggenda... «Sono sincero, non me lo ricordo. Io e Furino eravamo i più giovani, normale che guadagnassimo meno. Piuttosto eravamo orgogliosi di stare a fianco a pezzi da 90 come Gentile, Spinosi, Capello, Causio, Bettega...».
Prima di andare alla Juve, fu contattato dall'Inter del presidente Fraizzoli?
«Sì, ma la trattativa si arenò subito a causa del mio cognome...».
Come sarebbe a dire?
«Mi chiesero di cambiarlo. Rifiutai, era una proposta assurda. Sono orgoglio del mio cognome».
Cosa significa quella prima pagina di giornale con scritto a caratteri cubitali «Fighiu malu» appesa alla parete del suo studio?
«È il titolo che un quotidiano sardo mi dedicò dopo la partita di esordio con la Juve, proprio qui a Cagliari, dove nel '69 segnai il gol del pareggio. Fighiu malu in dialetto significa figlio cattivo. Ma io la Sardegna non l'ho mai tradita. Tifo allo stesso modo per Juve e Cagliari».
Oggi Allegri e Ranieri si sfidano a Torino. Come finirà?
«I bianconeri sono forti. Ma guai a sottovalutare i sardi...».
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