Col countdown per i Mondiali Femminili d’Australia e Nuova Zelanda ormai davvero alle porte, e il gran chiacchiericcio attorno alla Nazionale azzurra, uno sguardo ravvicinato alle concorrenti che si preparano ad inseguire il sogno del titolo del torneo iridato potrà forse sciogliere qualche dubbio e alimentare le attese.
Le padrone di casa
Le selezioni dei due paesi ospitanti, per un verso e per l’altro, e com’è di consuetudine, hanno grandi ambizioni per i Mondiali in arrivo, ma dovranno fare i conti con i rispettivi limiti interni.
Le Matildas d’Australia, che hanno esordito alla Coppa del Mondo nel 1995 partecipando ben 7 volte su 9, non sono mai riuscite a superare i quarti di finale: un miglior risultato, questo, ripetuto nel 2007, nel 2011 e nel 2015. Lo slancio con cui arriva però alla competizione è positivo come mai prima, in termini di risultati e spirito, e il team del tecnico svedese Gustavsson è pieno di risorse: dall’indiscussa punta di diamante Sam Kerr, attaccante del Chelsea e bandiera assoluta delle Matildas e rappresentante del movimento a livello globale, a Ellie Carpenter (Lione), da Emily van Egmond (San Diego Wave) ad Alex Chidiac (Racing Lousville), passando per Caitiling Foord (Arsenal) e al trio di casa City Hayley Raso, Alanna Kennedy e l’attenzionata speciale Mary Fowler, la più giovane calciatrice (allora sedicenne) al Mondiale di Francia del 2019, con 30 presenze prima dei vent’anni.
Tutt’altra la spinta motivazionale delle Ferns di Nuova Zelanda a guida Jikta Klimková dal 2021, reduci da una serie estremamente negativa non soltanto di precedenti nella competizione ma anche di scia in arrivo alle qualificazioni: nelle cinque presenze ai Mondiali, le neozelandesi non sono mai andate oltre lo stage dei gironi, mentre le tre amichevoli (due con l’Argentina, una col Portogallo) costruite per sondare lo stato dell’arte sono state un vero e proprio flop. Dalla sua, Klimková potrà sfruttare la personalità e l’esperienza di capitan Alexandra “Ali” Riley, figura carismatica e leader delle Ferns, difensore dell’Angel City di Los Angeles, con Hannah Wilkinson (Melbourne City) a supporto di una delle stelle nascenti della selezione neozelandese e compagna di reparto, l’attaccante ventunenne Gabi Rennie (Arizona State Sun Devils).
Le teste di serie
Che Mondiali sono senza Stati Uniti? La nazionale USA al femminile mantiene saldamente il primato dei titoli iridati: Cina 1991, USA 1999, Canada 2015 e Francia 2019. Si può fare di più, e meglio? Jill Ellis fece doppietta con capitan Rapinoe e Alex Morgan, adesso Vlatko Andonovski punta ad affermare il primato. Non è ancora chiaro come si presenterà il team a stelle e strisce, perché le soluzioni a disposizione del tecnico di Skopje sono molteplici, ma di assi nella manica – e rotazioni – ne ha molti: un attacco a mille, tra l’eleganza di Catarina “Kitty” Macario (Lione), l’esperienza indiscutibile di Alex Morgan e Megan Rapinoe, le due perle del Washington Spirit Trinity Rodman e Mallory Swanson, oltre certo all’astro ventiduenne Sophia Smith (Portland Thorns).
La Germania è, dopo gli States, la nazionale con più trofei mondiali: due, nella doppietta da sogno di Usa 2003 e Cina 2007, con una sfortunata statistica, d’esser eliminata nel 1991, 1995, 1999, 2011 e 2015 dalla futura squadra campione del mondo. Dopo una campagna di qualificazione da estasi (27 punti in dieci gare, 47 gol fatti e solo 5 subiti), adesso, l’ex ct svizzera Martina Voss-Tecklenburg, dopo i quarti al Mondiale di Francia 2019, eliminata dalla Svezia, e la finale europea del 2022, vuole giocarsela fino in fondo. Una delle corazzate forse più dinamiche, quella tedesca, che in Alexandra Popp (VfL Wolfsburg) trova la sua massima espressione, nonché punto di riferimento e portavoce: capitan Popp sarà il perno determinante del gioco di Voss-Tecklenburg, assieme alla giovane ma già rodata compagna di squadra biancoverde, Lena Oberdorf, astro nascente del calcio tedesco ed europeo.
Tra le top del torneo, rimane certamente la Svezia (diretta contendente dell'Italia nel gruppo G della fase a gironi): impressionanti il terzo posto al Mondiale 2019 in Francia e le Olimpiadi che ne seguirono, con un meritato 3° in ranking FIFA e il ruolo d’eterna damigella d’onore, perché ha il primato d’aver collezionato più podi in assoluto (1991, 2003, 2011, 2019). Gerhardsson ha il merito d’aver regalato al team un’idea di calcio più coraggioso, offensivo, dinamico; certo, quando hai in rosa Stina Blackstenius (Arsenal), affiancata da Asllani (Milan) e Fridolina Rolfo (Barcellona), è quasi un gioco.
Spagna e Francia non possono, né vogliono, esser da meno. Il madrileno figlio d’arte Jorge Vilda è pronto alla sua seconda Coppa dal debutto, avendo a disposizione per la Roja nientepopodimeno che il Pallone d’Oro Alexia Putellas (Barcellona), la rientrata Jennifer Hermoso (Pachuca) ex Atlético, PSG e Barça, e forse una delle perle più rare in circolazione, Salma Paralluelo (Barcellona) con la compagna di club Aitana Bonmatì. Lato Les Bleues, l’arrivo last minute di Hervé Renard in panchina sarà un bel punto interrogativo per superare il miglior risultato francese nella competizione, la semifinale del 2011: richiamata Eugénie Le Sommer (Olympique Lione), il team trainato da Wendie Renard (Olympique Lione) ha bisogno di ritrovare lo spirito perso a febbraio, quando la bufera della pressione a scapito della salute mentale aveva travolte Les Bleues assieme agli altri due assi della selezione francese Kadidiatou Diani (PSG) e Marie-Antoinette Katoto (PSG), non rientrata nella pre-convocazione di Renard. Ci si attende molto da Sandy Baltimore, altra perla del PSG, forse la più tecnica a disposizione delle francesi.
Mentre l’Olanda del post Weigman cerca di risalire la china affidandosi a Jill Roord (VfL Wolfsburg) e Fenna Kalma (Twente) a sostituire l’insostituibile Anna “Vivianne” Miedema (Arsenal), out per crociato, alla ricerca del bis Oranje nella finale (Francia 2019), l’Inghilterra del presente di Sarina Wiegman: dal 2021, la ct, premiata per la terza volta in carriera miglior allenatrice FIFA lo scorso anno, ha dimostrato tutta la sua stoffa da fuoriclasse conducendo la nazionale inglese ad altissimi livelli, compreso il tetto d’Europa per il UEFA Women’s EURO. Certo, con una rosa così, verrebbe da dire, non è facile sbagliare: l’assenza d’un pezzo da novanta come Beth Mead (Arsenal) potrebbe pensare non poco, e altri infortuni stanno incrinando la verve inglese, eppure Wiegman potrà far affidamento su una delle più forti e brillante stelle al mondo, Keira Walsh, ex City in forza al Barcellona e il primo, più costoso (400 milioni la cifra sborsata dai blaugrana), scambio di calciomercato nella storia del calcio femminile: qualità tecnica, abilità in possesso e nel dettare i tempi, Walsh fu definita da Jill Scott “la miglior centrocampista al mondo per intelligenza e capacità di gioco”. Il miglior risultato assoluto delle Lionesses ai Mondiali è il terzo posto del 2015: non c’è dubbio che, quest’anno, Wiegman punti a far molto di più.
Le osservate speciali
Non c’è dubbio che il Brasile sia sotto osservazione per questa tornata mondiale: la Seleçao di Pia Sundhage, dopo un quadriennio di duro lavoro, è tornata per conquistare il posto che le spetta. Al pragmatismo e alla solidità difensiva che le ha regalato la Copa América 2022, la nazionale brasiliana unisce la qualità delle intramontabili campionesse del panorama verdeoro: la star Marta (Orlando Pride) e il riferimento Debinha (Kansas City Current), ma anche le centravanti Ary Borges (Palmeiras), Adriana (Corinthias), l’esplosiva ventitreenne Kerolin (North Carolina Courage) e la classe ‘98 Geyse (Barcelona), tutte in assoluta ascesa.
Assieme alla Colombia, alla terza partecipazione mondiale, già incrociata dall’Italia nell’amichevole contro Las Cafeteras di Linda Caicedo (Real Madrid) e la bandiera Catalina Usme (América de Cali), le Superfalcons di Nigeria a guida texana sono tornate per impressionare: occhi puntati, chiaramente, su Asisat Oshoala, fuoriclasse di stanza al Barcellona che, nonostante il gruppo difficile nella fase a gironi, potrebbe, nuovamente, far la differenza. Ci sono, poi, Giappone e Danimarca a riprendersi il passato perduto: il primo, già spesso sottovalutato, a caccia del trofeo dopo diec’anni, stavolta col gioiello Mana Iwabuchi (Tottenham); la seconda, lontana dal più luminoso palcoscenico per oltre 16 anni, è pronta a rinascere dalle proprie ceneri con la chiave di volta del gioco danese, Pernille Harder (Chelsea), con la classe ‘98 Signe Bruun (Olympique Lione) e la giovane da sogno Kathrine Moller Kühl (Arsenal).
Verso gli ottavi e oltre (e l'Italia di mezzo): l’Argentina di Germán Portanova ha bisogno di sognare, dopo le spaccature post Francia 2019, e di tornare grande, alla quarta competizione per l’Albiceleste della rientrata Estefanía Banini (Atlético Madrid) e della giovane Yamila Rodríguez (Boca Juniors) dopo le prime di USA 2003 e Cina 2007.
Le debuttanti
Quest’edizione dei Mondiali sarà, tra le altre cose, ricca di debutti assoluti: sì perché sono molte le selezioni che affronteranno, per la prima volta nella loro storia, il percorso verso la Coppa del Mondo.
L’esordio del Portogallo arriva dopo un cammino lungo e tortuoso: ben tredici le partite che hanno consentito alla formazione di Francisco Neto di raggiungere un sogno, ottenuto al cardiopalma (un rigore di Costa al 4’ di recupero) col Camerun, dopo la fase a gironi, gli spareggi UEFA e pure gli spareggi intercontinentali di febbraio. La squadra lusitana pare pronta, adesso più che mai, a farsi largo tra le grandi: una rosa ampia, quella a disposizione del quarantunenne di Mortágua, che ha il merito di spaziare da una veterana come Jéssica Silva (Benfica), leader dentro e fuori dal campo, alla stella promessa Fracisca “Kika” Nazareth (Benfica), la più giovane convocata nella storia del Portogallo e già in palmarès sei titoli nazionali.
Il Marocco, reduce dal pareggio ottenuto con l’Italia nell’amichevole del primo di luglio, al termine del quale le Leonesse dell’Atlante di Pedros parevano addirittura esultare con le poche forze rimaste, sarà il primo paese arabo a qualificarsi, nella scalata alla Coppa d’Africa Femminile dello scorso anno, persa in finale contro il Sudafrica. Un bel debutto, perché le campionesse nordafricane dovranno misurarsi sin dalla fase dei Gruppi contro delle teste di serie come la Germania; rimane, però, il dato d’una nazionale grintosa ed intelligente, piena di potenzialità e che potrebbe riservare delle sorprese. Dopo il Best FIFA Women’s Coach del 2018, Pedros vuole riconfermare d’essere all’altezza: con sé avrà il cuore pulsante Ghizlane Chebbak (As Far), protagonista in ogni competizione, la centrocampista Imane Saoud (Servette), e forse la più interessante in termini di prospettive ad alto livello, l’attaccante classe ‘96 Rossella Ayane (Tottenham).
L’emozione dell’esordio assoluto sarà condivisa col Vietnam, Haiti, le Greens d’Irlanda, il Panama trainato da Marta Cox (Cf Pachuca), le Copper Queens dello Zambia e le Filippine. Queste ultime guidate, dal 2021, da un nome ben noto in Australia: Alen Stajcic, esonerato dalle Matildas nel 2019. A sorpresa, l’ingresso di Stajcic ha segnato un punto importante per le Filippine, che per la prima volta nella loro storia non solo hanno ottenuto il sogno di qualificarsi al Mondiale, ma anche il primo titolo assoluto all’Aff Championship nella Lega asiatica. Portabandiera di questo team sull’onda dell’entusiasmo, assieme a Sarina Bolden (Western Sydney Wanderers), sarà Tahnai Annis in forza al team islandese Þór/KA, che affiancherà le giovanissima Isabella Flanigan (Montverde Eagles), originaria della Florida, di gran prospettive.
Chi tra queste continua a guardare al futuro è senz’altro l’Irlanda dell’olandese Vera Pauw: nonostante un gioco fin qui prettamente di rimessa, con un 5-4-1 compattissimo a sopperire alle mancanze in velocità, i risultati in termini di crescita parlano molto chiaro, perché le biancoverdi sono state già in grado, in un decennale percorso d’investimenti, di battere Australia e Scozia, e le compagne d’esordio Marocco e Filippine.
A sostegno dell’idea di gioco di Pauw, un nome adorato del calcio statunitense, Denise O’Sullivan, centrocampista ventinovenne del North Carolina Courage, che, assieme alla compagna di reparto Katie McCabe (Arsenal), e a supporto della classe 2005 Abbie Larkin (Shamrock Rovers) sulla quale Pauw ha riposto estrema fiducia, potrà far davvero la differenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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