I punti chiave
Nuovo giro, nuova offerta, verrebbe quasi da dire. La notizia riportata oggi dal quotidiano Tuttosport, relativa ad un non meglio precisato “fondo d’investimento mediorientale” disposto a pagare il miliardo e 200 milioni di euro richiesto dal gruppo Suning per l’Inter non è certo una novità. Stavolta, però, non si tratta di voci di corridoio ma di un’indiscrezione arrivata da uno dei due advisor incaricati dalla famiglia Zhang di trovare un partner disposto a togliere la patata bollente dalle mani del gruppo cinese. La cosa che potrebbe riaprire discussioni e polemiche è che, secondo il rapporto pubblicato dal giornale torinese, il nuovo acquirente preferirebbe rimanere al Meazza, risolvendo quindi allo stesso tempo l’enorme grattacapo che ha di fronte la giunta della metropoli lombarda.
Mistero sull’identità del compratore
Secondo le fonti citate da Tuttosport, due banche d’affari statunitensi nei mesi scorsi si sarebbero mosse in maniera discreta negli ambienti dell’alta finanza per trovare un acquirente disposto ad accollarsi l’Inter e pagare la somma non indifferente richiesta dal gruppo Suning per il passaggio di proprietà. Se Goldman Sachs non avrebbe avuto molta fortuna, il Raine Group, merchant bank basata a New York, avrebbe identificato un soggetto adatto a risolvere i problemi della famiglia Zhang. Le trattative, condotte nella massima riservatezza, sarebbero a buon punto, tanto da far pensare che un accordo sia piuttosto vicino, anche se non imminente.
Non è dato, però, sapere l’identità di questo soggetto né quale sia stata la risposta della proprietà dell’Inter, reduce da un’ottima annata, conclusa con la delusione della finale di Istanbul e molto avanti nelle discussioni per la costruzione del nuovo stadio di proprietà a Rozzano. Speculare su argomenti così delicati non è certo semplice ma, visto il cambio di rotta del munifico fondo saudita Pif, che ha deciso di investire pesantemente nella Saudi Pro League, difficile che si tratti di qualcuno legato alla famiglia reale. Più probabile che si tratti del fondo Investcorp, che lo scorso aprile sembrava deciso ad assicurarsi la sponda rossonera del Naviglio. Dopo che l’affare si era complicato, alcune fonti sembravano sicure che l’interesse del fondo del Bahrain si fosse concentrato sull’Inter, ma, alla fine, si era risolto tutto in una bolla di sapone.
Negli ultimi mesi, però, il fondo si sarebbe impegnato per aumentare i propri asset negli Stati Uniti, investendo circa 216 milioni di dollari e, non molto tempo fa, aveva speso 100 milioni per acquisire la maggioranza della SEC Newgate, ditta milanese impegnata nella comunicazione strategica. Il fondo, controllato dalla ricca Mubadala Investments, ha partecipazioni importanti in Italia, da Gucci a Dainese fino a Corneliani e Vivaticket. Possibile, quindi, che il managing director di Investcorp Nicola Ferraris sia interessato ad un prestigioso colpo nel Bel Paese.
Una lotta contro il tempo
Se queste sono solo ipotesi, quello che certo è che il tempo non gioca a favore della famiglia Zhang. Steven, in particolare, non ne vorrebbe sapere di vendere l’Inter proprio ora che le cose stanno andando meglio, che l’affare stadio sembra a buon punto e, soprattutto, alla vigilia della riforma sia della Champions League che del mondiale per club. Il resto della famiglia, invece, sarebbe estremamente preoccupato per la imminente scadenza del prestito ottenuto da Oaktree per finanziare l’acquisto del club meneghino. I 275 milioni di euro richiesti a suo tempo sono diventati 400 con gli interessi, cifra che andrebbe ripagata in pieno entro il 20 maggio 2024. Se il gruppo Suning non fosse in grado di ripagare la somma, Oaktree potrebbe acquisire la proprietà del club, come fatto a suo tempo dal fondo Elliott col Milan ma non mancherebbero altre opzioni, che potrebbero complicare ulteriormente la situazione.
Visto che non sembra probabile che la controllata italiana del gruppo Suning riesca a mettere assieme l’importante somma con le proprie forze, l’alternativa sarebbe di rifinanziare il debito, così da guadagnare tempo. Il problema è che, visto l’aumento negli ultimi mesi dei tassi d’interesse, la somma da ripagare diventerebbe rapidamente insostenibile, anche con gli incassi gonfiati (ma del tutto aleatori) garantiti dalle nuove competizioni che Uefa e Fifa stanno per inaugurare. La scelta più semplice, quindi, sarebbe incassare magari qualcosa in meno del miliardo e 200 milioni richiesti da Suning così da chiudere più o meno alla pari questa complicata operazione.
Ai 380 milioni pagati a Thohir nel 2016, infatti, se ne sono aggiunti circa 800 nel frattempo e, nonostante i grossi passi avanti dovuti alla gestione illuminata del duo Marotta-Ausilio, l’esercizio di quest’anno dovrebbe vedere una perdita a bilancio di 80 milioni.
Una situazione molto seria che non può essere aiutata dal gruppo, visto il diktat del Partito Comunista Cinese e la salute precaria del mercato consumer cinese, vero punto di forza di Suning. Insomma, una situazione davvero ingarbugliata che, come fece a suo tempo Alessandro Magno in quel di Gordio, potrebbe essere risolta con un taglio netto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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