Osimhen, l'eroe buono che ha stravolto il campionato

A mezzo servizio e ancora acerbo nelle prime due stagioni in azzurro, letale e dominante quest'anno: evoluzione di un centravanti inarrestabile

Osimhen, l'eroe buono che ha stravolto il campionato

Quando aveva sceso la scaletta dell'aereo a Capodichino, fresco di imballaggio dal Lilla per 70 milioni di euro, l'accoglienza generale era stata tiepida. Zero gol in Germania, una quarantina in un paio di stagioni in Francia, d'accordo, ma comunque la spesa non pareva giustificata. E, al netto dell'infortunio alla spalla che misto al Covid lo aveva rallentato, la prima stagione in maglia azzurra di Victor Osimhen sembrava corroborare lo scetticismo: appena 10 gol in 30 presenze, non certo un bomber. Meglio era andato il secondo giro di giostra, con 18 reti in campionato che avrebbero potuto anche essere di più, se solo non si fosse frantumato zigomo e orbita oculare impattando contro Skriniar. Restava difficile ipotizzare, comunque, che il ragazzone di Lagos potesse trasformarsi nel risolutore capace di trascinare alla vittoria del terzo scudetto. Poteva immaginarlo, semmai, soltanto uno sparuto crocchio di sognatori azzurri.

E invece il mascherato nigeriano non ha soltanto segnato a manovella, aggiornando le statistiche pregresse e puntando dritto al luccicante bottino delle 30 segnature stagionali. No, il suo impatto sul campionato è stato molto più devastante. Con quel suo tribale aggirarsi per le retroguardie altrui, Victor ha trasmesso pensieri tetri e instabilità diffusa. In coppia con Kvara sono sembrati Batman e Robin per tutto il tempo. Eroi buoni e corretti, di cui la Serie A sentiva un gran bisogno. Ha segnato subito alla seconda, prima di un breve digiuno che in realtà dava lo slancio per infilarne una decina di seguito in altrettante giornate, da ottobre a gennaio, senza sosta. Il boost alla corsa scudetto del Napoli l'ha costruito in larga parte lui, in questo cruciale affastellamento di partite pre-mondiali.

E poi ha proseguito dopo la sosta imposta dalla rassegna qatariota, decisivo quando serviva, leader carismatico di una squadra balnearmente snobbata, idolo di una città intera in cerca di rivalsa dopo troppi patimenti diffusi. Ha segnato in tutti i modo Victor, ed è stata proprio questa, probabilmente, l'arma ancora più affilata di una semplice rete. Si è issato a due metri e mezzo d'altezza per andare a scaraventare il pallone in fondo alla porta dello Spezia. Ha fatto un gol senza senso contro la Roma, stop di petto e botta al volo. Ha anticipato praticamente sempre gli avversari che pensavano di averlo in pugno, sfoggiando una qualità tecnica che in precedenza era stata sacrificata sull'altare della ruvidezza. Ha battezzato angoli impervi da raggiungere irretendo con il destro ed il sinistro. La conquistata supremazia di Osimhen, quella che ha ridotto gli avversari ad una psicologica dimensione ancillare ancor prima di scendere in campo, è stata il passaggio più rapido verso la felicità madida del primo posto.

Così sono meritate tutte le torte che riproducono la sua chioma ossigenata. Tutte le canzoni composte in suo onore e che tempestano i tik tok adolescenziali. Le statuette di gesso e pure i cartonati.

Victor ha mandato in deliquio mezza serie A con le sue sole movenze. Questo è anche il suo riscatto. Adesso una cosa è ancora più certa: non vale assolutamente i 70 milioni spesi. Da oggi chi lo volesse strappare al Napoli dovrà presentare quasi il doppio.

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