A parte l’assurdità di giocare il big match della 16a giornata di lunedì, questo fine settimana di Serie A è stato ricco di storie che rendono questa strana stagione ancora più intrigante. Col girone d’andata agli sgoccioli, questo campionato non ha ancora trovato un padrone ed è sempre più indecifrabile. Aspettando di sapere chi la spunterà tra Inter e Lazio, il passo falso della Viola al Dall’Ara ha aperto un minimo di luce tra la strana coppia Atalanta-Napoli e le inseguitrici. Invece di approfittarne, Juventus e Milan si avvitano nelle rispettive crisi con due pareggi che pesano quanto sconfitte mentre la Roma precipita nello sconforto affondando nel finale al Sinigaglia. In quest’anno senza pausa invernale, il momento critico della stagione è sempre più vicino. Vi raccontiamo tutto nel nostro solito pagellone del lunedì. Buon divertimento.
Bologna, Italiano se la ride (7)
Si capisce dalle polemiche virulente nel post-partita che l’addio tra la Viola ed Italiano è stato più burrascoso di quanto ci avessero raccontato. La vittoria nel derby dell’Appennino è un bel passo avanti dei felsinei che, con questi tre punti, pareggiano i punti raccolti da Thiago Motta l’anno scorso. Il messaggio è evidente: non era tutto merito dell’italo-brasiliano, molto si doveva alla rosa assemblata dalla società di Saputo. D’accordo, la Fiorentina non ha vissuto un pomeriggio memorabile ma molto è dovuto alla prova quasi perfetta messa dai rossoblu, che non hanno sbagliato quasi niente. Senza la svirgolata di Holm, la vittoria del Bologna sarebbe stata ancora più rotonda ma il bello è che, a parte un Ndoye acciaccato, tutti hanno risposto presente.
Il pari strappato all’Estadio da Luz al Benfica è stata una botta di adrenalina niente male ed a pagarne le conseguenze sono state i toscani, che non sono mai sembrati in partita. Grazie alla prova della coppia Beukema-Lucumì, Kean è ingabbiato mentre a Beltran e Gudmundsson ci pensa De Silvestri mentre la mediana Pobega-Freuler si conferma insuperabile in fase di copertura. Con Ferguson recuperato, Dominguez sorprende sulla destra, imbeccando il sodale Odgaard, che risulta decisivo. La vera mina vagante è Castro, incontenibile e sfortunato quando prende solo il palo. Il più felice, chiaramente, è Italiano, che si prende una rivincita mica male sulla sua ex squadra, confermando che ha finalmente trovato la quadra. Da ora in avanti, occhio al Bologna.
Atalanta, Carnesecchi forza 10 (6,5)
Alzi la mano chi si sarebbe aspettato che per la Dea passare dalla sfida col Real Madrid a quella con il Cagliari sarebbe stato così complicato. Sulla carta la vittoria dei bergamaschi all’Unipol Domus sembrava scritta ma in realtà l’undici di Gasperini ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per mantenere il primo posto in classifica. Per tornare a Bergamo con i tre punti c’è voluta una prova maiuscola della difesa, tranne l’acciaccato Hien ma soprattutto la gara straordinaria di un Carnesecchi ispiratissimo, che si è messo tra i sardi ed il pari in almeno 5 occasioni. Se Bellanova ha il merito di indovinare un cross perfetto per il gol-partita, i titolari non hanno brillato, con Retegui a confermare il momento complicato e un De Ketelaere poco in palla.
Ancora una volta a fare la differenza ci pensano le seconde linee, che in pochi minuti riescono a mettere in discesa la partita: oltre al palo di Lookman, Samardzic dà il via all’azione che vede il piattone al volo di Zaniolo far tornare a sorridere l’ex Roma dopo un calvario infinito. Aggiungi il maratoneta Ruggeri sulla sinistra ed il gioco sembra fatto. Al triplice fischio, invece, Gasperini ha un diavolo per capello e se la prende con i suoi. La loro colpa? Essere un po’ immaturi e non aver sfruttato al meglio gli spazi per chiudere i conti subito. Brontolone? Troppo esigente? Ha ragione lui, come sempre. Il Gasp sa bene che se vorrà sognare in grande, questa Atalanta deve rimanere sempre concentrata e cinica. Se vorrà mettersi sulla maglia lo scudetto, le distrazioni sono vietate.
Napoli imperfetto ma tosto (6)
Proprio quando i profeti di sventura iniziavano a stracciarsi le vesti, ecco che il Napoli rialza la testa e riprende a correre dopo le due pesanti sconfitte contro la Lazio. Il punteggio in questo caso è però bugiardo, visto che i partenopei non sono ancora usciti dal tunnel. Dopo un primo tempo opaco, ci vuole una fiammata di Neres per rimettere in carreggiata i campani. Da lì in avanti, l’undici di Conte torna cinico quanto basta ed affossa una buona Udinese ma il gioco ancora latita. Nonostante un Buongiorno insolitamente sbadato, è la mediana a fare la differenza: se Anguissa è affidabile come sempre, McTominay si sveglia nella ripresa, mandando in porta Lukaku. Aggiungi i passi avanti di Lobotka e l’assenza di Kvaratskhelia è più facile da gestire.
Se fa strano vedere Politano che si sacrifica, ripiegando spesso e volentieri, sono proprio il belga e David Neres a togliere le castagne dal fuoco per Conte. L’ex Inter e Roma fatica in maniera indegna a trovare spazio nella difesa friulana ma, alla lunga, approfitta della disattenzione di Giannetti per sbloccare di prepotenza la partita. Il brasiliano, invece, ha il merito di gettarsi alle spalle l’erroraccio del primo tempo e tirare la carretta come pochi. La rete finale è fortunosa ma meritatissima. Cosa dire poi di Simeone, che trova subito Anguissa e chiude i conti con l’Udinese? Non tutti i problemi sono risolti ma questo Napoli continua a tenere i nervi saldi e, pur senza schiantare gli avversari, accumula punti. A fine stagione faranno tutta la differenza del mondo.
Roma, la rosa tradisce Ranieri (5)
Alcuni tifosi romanisti ironizzano sul fatto che l’Associazione Sportiva Roma sia la più grande società di beneficenza nel calcio, visto che è sempre in grado di dare una mano alle compagini in crisi. Il Como di Fabregas, talentuoso ma a corto di autostima, appena si accorge che i giallorossi non sono quelli visti contro Lecce e Braga, ha il merito di crederci ed aggredire una squadra terrorizzata dall’idea di prendere gol. L’undici di Ranieri ha l’enorme demerito di agevolargli fin troppo il compito. Dopo una prima mezz’ora discreta, infatti, la Roma tira i remi in barca e pensa solo a difendere un pari che sarebbe peraltro del tutto inutile per raggiungere quegli obiettivi stagionali nei quali ormai nemmeno il tifoso più sfegatato crede più.
Ripensando a quanto visto in campo, avrei voglia di rivedere le pagelle fatte a caldo: a ben vedere si salva solo Svilar, le cui parate fanno credere ai capitolini di poter strappare un punto senza giocare per quasi un’ora. Quando l’affidabile N’Dicka viene beffato da Gabrielloni, la Roma si squaglia. Il momento orribile si capisce dal fatto che nessuno dei rimpiazzi mandati in campo da Ranieri si avvicini alla sufficienza: impressionanti in negativo i fantasmi Pellegrini e Pisilli per non parlare di Mancini. Con Dovbyk chiaramente acciaccato e Dybala che spreca un gol facile per uno della sua classe, si capisce perché Ranieri sia sconsolato. Invece della sognata remuntada, la Roma dovrà pensare a salvarsi. Un finale tristissimo per una storia che sarebbe potuta essere meravigliosa.
Fiorentina, uno stop preoccupante (5)
Dopo otto vittorie consecutive, un passo falso ci può stare, specialmente in un derby contro un ex tecnico col dente avvelenato. Questo però non vuol dire che la Viola vista al Dall’Ara non sia stata la brutta copia di quella che stava facendo gridare al miracolo. L’assenza del talismano Palladino, giustificata dalla scomparsa della madre, è una scusante solo parziale per una partita affrontata davvero malissimo dai toscani. In difesa, a parte il solito De Gea, si salva solo Comuzzo, visto che l’ingresso di Castro manda in confusione la retroguardia viola. La situazione migliora poco a centrocampo, dove Adli fa un buon primo tempo prima di esser sopraffatto dalla mediana felsinea, che da lì in avanti fa fare una pessima figura sia a Cataldi che a Colpani.
L’aggressività del Bologna, catechizzato a dovere da un Italiano assetato di vendetta, manda in crisi il vice di Palladino Citterio, che non riesce ad imbrigliare Castro e Odgaard ma in realtà è tutta la Fiorentina a non girare. Gudmundsson sceglie il pomeriggio peggiore per tornare titolare ma, almeno nel primo tempo, è il più pericoloso dei suoi mentre Beltran vive una giornata orribile, dato che non incide né sulla fascia né come mezza punta. Prendersela con Kean sarebbe ingeneroso: nonostante la solita grinta, non può fare tutto da solo. Questo è il momento della verità per la Viola: servirà gettarsi tutto alle spalle e continuare a giocare a calcio come se niente fosse. In caso contrario, questa innocua battuta d’arresto potrebbe complicarne tantissimo il cammino.
Juventus, ora è crisi vera (4,5)
I fischi nel post-partita e le schermaglie tra Vlahovic e la curva sono un segnale inequivocabile che, dopo il decimo pareggio, alla Continassa è scattato l’allarme rosso. Poco conta che l’undici di Thiago Motta sia riuscito ad evitare che il coraggioso Venezia di Di Francesco portasse a casa la prima vittoria in Serie A a casa della Juventus: pareggiare con l’ultima in classifica rimane una delusione atroce, specialmente dopo aver fatto fare una figura da polli al Man City di Guardiola. La fatica dell’impegno di Champions si fa sentire, con la prova sottotono di Savona, la sfortuna di Gatti ed un Danilo ancora troppo sbadato, che costringe Kalulu agli straordinari. Sulla mediana, tocca a Thuram caricarsi la squadra sulle spalle, visto che McKennie e Weah sono poco incisivi.
I due giocatori di fantasia, quelli che nel piano di Thiago Motta dovrebbero sbloccare le partite rognose, si danno parecchio da fare ma non convincono: Koopmeiners è pericoloso solo dalla bandierina mentre Yildiz si vede negare il gol da un tocchetto di mano. Unico segnale positivo, l’apporto delle seconde linee: se Conceição è sempre capace di seminare il panico in area, Douglas Luiz sfiora un paio di volte il gol, mostrando una buona condizione. Il nervosismo di Vlahovic è frutto della frustrazione dopo l’ennesima partita di sacrificio, aspettando in gloria un pallone giocabile. A 9 punti dalla vetta, i limiti di una rosa costruita male in estate ed assemblata peggio sono evidenti a tutti. Servirà un mezzo miracolo per salvare l’ennesima stagione disgraziata.
Milan, la misura è ormai colma (4)
Festeggiare i 125 anni con una gara del genere è roba da far perdere la pazienza anche al tifoso più magnanimo. Le bordate di fischi al triplice fischio e la protesta della curva non sono che l’ultimo atto di una rottura che è ormai inevitabile. Sul banco degli imputati, chiaramente, la società ma anche alcuni giocatori, sempre più lontani da un progetto nel quale nessuno sembra credere più. Nel mezzo, Paulo Fonseca, i cui tentativi di riportare ordine in uno spogliatoio riottoso sembrano sempre più disperati. Visto che il Genoa non fa un solo tiro in porta che sia uno, le uniche cose positive sono le prove dei giovani Jimenez e Liberali, due talenti che meriterebbero di trovare un posto stabile nell’undici titolare. Non molto ma questo passa il convento rossonero.
Bisogna grattare il fondo del barile per scoprire che Emerson Royal fa una partita discreta e che Reijnders è l’unico a saper sfuggire al pressing del Genoa. Il resto, invece, è un pianto quasi assoluto: questo Milan non solo non punge ma alle volte sembra fare di tutto per sprecare le occasioni create. Chukwueze fa il diavolo a quattro per un tempo prima di evaporare mentre Okafor a malapena si muove.
Che dire di un Leão quasi irritante da quanto è distratto? Meglio degli avanti che, nonostante l’impegno, non ne imbroccano una che sia una: sono gli errori di Morata a negare ai rossoneri una vittoria che sarebbe stata fondamentale. Con il quarto posto ad 8 punti, questo sarà uno tra i Natali peggiori degli ultimi anni. Buon compleanno, Milan.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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