Con le temperature in aumento ed i cieli illuminati dall’aurora boreale, il pensiero di molti è sicuramente lontano da una stagione di Serie A che sembra già aver detto quel che doveva dire. Questa 36a giornata del massimo campionato italiano arriva alla vigilia della finale di Coppa Italia e ha fornito una delle risposte più attese, con Bologna e Juventus che hanno staccato il biglietto per la Champions. Chi non è interessato alla lotta salvezza si può dedicare ad altre cose? Chi l’ha fatto si è perso parecchie cose interessanti, dalla prova d’orgoglio del Diavolo ad un’Atalanta trascendentale, da un Inter tornata esagerata ai passi forse decisivi di Lazio e Torino per l’Europa. Non è stato tutto rose e fiori: le prove di alcune delle grandi d’Italia sono state al limite dell’indecenza. Vi raccontiamo il meglio e il peggio di questo weekend di Serie A nel nostro pagellone del lunedì.
Un’Atalanta trascendentale (8)
Giocare solo tre giorni dopo una vittoria netta e devastante che ha portato alla prima finale europea della storia pluricentenaria dell’Atalanta non sarebbe stato semplice per nessuno. Sicuramente trovarsi di fronte una Roma ancora scossa dall’implosione nel finale della BayArena ha aiutato ma questo non rende meno stupefacente la prestazione dell’undici di Gasperini al Gewiss Stadium. La Dea non è stata perfetta, anche perché la difesa ha vissuto una giornata di tutto riposo grazie all’inconsistenza dei giallorossi ma il punteggio è incredibilmente bugiardo. Se la Roma nel primo tempo avesse preso cinque, sei gol, i nerazzurri non avrebbero rubato niente. Alla fine, insomma, questa vittoria sta decisamente stretta alla banda del Gasp, che a tratti è sembrata talmente devastante da sembrare quasi irreale.
Come è uscito fuori questo risultato? Carnesecchi ha sbagliato poco, De Roon è sembrato scarico, Hien ha annullato Lukaku mentre Djimsiti ed Hateboer fanno bene per soffrire un po’ nel finale. La mediana non è che faccia chissà poi quali miracoli, anche se Pasalic gioca un primo tempo con una mentalità pazzesca. Ruggeri e Zappacosta non incidono mentre Scalvini è preciso in copertura nel finale complicato. La differenza la fa il trio d’attacco, che mette un primo tempo memorabile: Koopmeiners è il centro nevralgico, Scamacca arretra sulla tre quarti e fa una partita encomiabile, mandando nel caos la difesa giallorossa. Il protagonista assoluto, però, è Charles De Ketelaere, che gioca una partita quasi trascendentale. Lasciamo da parte la doppietta in due minuti due: CdK va ad una velocità mentale e fisica micidiale, tanto da far fare una pessima figura ai difensori giallorossi. Scelta rischiosa riproporre quasi tutti i titolari di Marsiglia con la finale di Coppa Italia dietro l’angolo ma, per un’ora, la Dea sembrava davvero venire da un altro pianeta.
Bentornato EuroBologna (7,5)
Talvolta il momento più difficile di una stagione speciale è proprio quando stai per tagliare il traguardo. Dopo esser stato circondato per mesi da scetticismo alternato a critiche feroci, peana, accuse gratuite, non sai più se iniziare a credere a chi ti descrive come l’ottava meraviglia del calcio o chi pensa che sei stato solo fortunato. Invece di farsi prendere dal braccino, la banda Thiago Motta si riscopre scintillante, divertendosi ad infierire sulla carcassa del Napoli campione d’Italia. La cosa più impressionante di questo Bologna è che non ha paura, che non spreca mai un pallone e che cerca sempre e comunque di aprire spazi per gli attaccanti. Dopo aver fatto passare un primo tempo orribile ai partenopei, ha anche l’umiltà di scendere in trincea e difendere all’arma bianca il risultato. Una prova maiuscola che non può che confermare anche i panegirici più entusiastici che si sono letti in questi mesi.
Il Bologna è l’esatto opposto del Napoli: in questo caso bisogna cercare a fondo per trovare prestazioni che non siano ampiamente sopra la sufficienza. Kristiansen fatica un po’, Zirkzee non è devastante come altre volte ed Orsolini compensa un errore marchiano sotto porta portando acqua come pochi. La mediana, complessivamente, fa tanta, tanta legna e sbaglia poco, a parte lo svarione di Freuler su Osimhen mentre il resto è quasi perfetto. Ravaglia fa un partitone clamoroso, Calafiori è devastante in entrambe le fasi, Posch regge l’impatto con Kvaratskhelia mentre Lucumì spadroneggia. Le sorprese sono Odgaard, che mette un cross perfetto per uno Ndoye che, finalmente, trova il gol e anche tante giocate di qualità. Alla fine, grazie alla vittoria dell’Atalanta, il Bologna torna in Champions dopo 60 anni, concludendo con un acuto una stagione che sarà ricordata per chissà quanto dai fedelissimi del Dall’Ara. Giusto così.
L’Inter torna esagerata (7)
Si dice che le grandi squadre raramente sbagliano due partite di fila. Nonostante il Frosinone stia ancora lottando per la salvezza, pochi però si immaginavano che questa Inter con la testa in vacanza sbranasse così i ciociari. La cosa più impressionante della gara dei nerazzurri è che non hanno nemmeno fatto le buche per terra. Sarebbe stato impossibile che i neo-campioni d’Italia ritrovassero la cattiveria e la fame delle settimane scorse ma il cinismo e l’efficienza della banda Inzaghi sono state quasi perfette. Il tecnico piacentino continua con il turnover ma in maniera meno eccessiva e decisamente più efficace rispetto alla prestazione vista con il Sassuolo. Stavolta l’Inter ha avuto una discreta dose di fortuna, come il gol e l’assist di Frattesi, ma non è che abbia rubato assolutamente niente. Questo, forse, è la cosa più impressionante della prestazione dell’Inter.
Tutto sommato, però, le cose positive superano di gran lunga quelle negative. Sommer non è impeccabile ma porta a casa il 25° clean sheet stagionale, Bisseck migliora col tempo, mentre De Vrij e Carlos Augusto non sbagliano praticamente niente. Se Cuadrado e Klaassen deludono ancora, Barella e Dimarco non si risparmiano, facendo la differenza come al solito. In avanti non tutto funziona: se Arnautovic ci mette quasi un’ora prima di svegliarsi e tornare al gol, Buchanan è davvero impressionante per il suo impatto immediato. Se il quarto d’ora di Sensi è poco giudicabile, Thuram segna e fa segnare mentre Lautaro conclude al meglio la sua stagione, tornando al gol dopo una pausa di ben 72 giorni, un’eternità per uno come lui. L’integrità del campionato è salva ed i tifosi della Beneamata festeggiano ancora. Come se non l’avessero fatto abbastanza...
Lazio, meno male che Patric c’è (7)
Alla Lazio, evidentemente, non piace vincere facile. Proprio quando il treno per l’Europa sembrava ormai perso, ecco l’incrocio che non vorresti mai, quello con una squadra rognosa come l’Empoli che lotta con le unghie e coi denti per rimanere in Serie A. Le Aquile, però, non sono più quelle sbadate e sprecone viste con Sarri: sono una squadra vera, capace anche di sbloccare gare bloccate come quella coi toscani. Dopo un primo tempo estremamente frustrante, con lo spavento del quasi gol di Caputo che ha visto un paratone di Mandas e una gara che sembrava indirizzata verso l’ennesima delusione, ecco che arriva la spaccata di Patric a spalancare le porte del paradiso. Merito anche del gran calcio d’angolo di Zaccagni, ma la prova del difensore brasiliano è da applausi a scena aperta, a conferma che la forza di questa Lazio parte sempre da una difesa ermetica.
Romagnoli, Hysaj e Lazzari sono ben sopra la sufficienza, come il ritrovato Kamada: meno male, visto che sia Felipe Anderson che Guendouzi vivono una giornata molto opaca. Eppure, senza l’intervento di Mandas, che si supera sul colpo di testa di Shpendi, le cose sarebbero potute precipitare. Per fortuna la panchina salva Tudor: Vecino converte al meglio il gran passaggio di Pedro che chiude i conti con i toscani. I problemi non sono certo dietro le spalle, specialmente dalla cintola in su, dove Rovella è troppo falloso mentre Immobile è insolitamente impreciso in avanti, qualcosa che non ti aspetteresti da uno con la sua esperienza. Aggiungi l’ennesima prestazione deludente di Castellanos e si capisce perché Tudor non possa essere del tutto soddisfatto. I numeri, però, non mentono mai: 16 punti in 7 partite ed il sogno europeo ancora vivo. Chapeau.
Milan, viva l’orgoglio (6,5)
Come affrontare un finale di stagione agrodolce, con il futuro ancora incerto e una tifoseria furibonda? Ritrovare l’orgoglio e mettere una prestazione finalmente decorosa non è affatto male. Magari non riuscirà a silenziare la curva ed i troppi rumours che circondano il Diavolo ma, se non altro, evita che l’era Pioli finisca nella maniera peggiore possibile. Eppure, nonostante il risultato squillante, questa manita nasconde una prova non priva di esitazioni e parecchi passi falsi che, contro un’altra avversaria, sarebbero potuti costare carissimo. Le cose, almeno stavolta, sono andate per il meglio ma da qui a dire che il Milan si è gettato alle spalle tutti i problemi delle ultime settimane ce ne passa. Fare risultato contro una squadra scorbutica e mai doma come il Cagliari di Ranieri non è affatto trascurabile ma, specialmente stavolta, il risultato andrebbe dimenticato.
La difesa, a parte Tomori, più o meno se la cava, pur senza squilli, almeno fino a quando non scende in campo Theo Hernandez, che causa scompiglio sulla fascia come suo solito. La mediana, stavolta, risponde presente, con Bennacer finalmente decisivo e un Reijnders che dimostra di non aver dimenticato come si gioca a calcio. Un Musah voglioso ma poco incisivo fa da contraltare alla solita gran voglia di smazzarsi di Chukwueze mentre Giroud conferma di aver forse staccato dal punto di vista mentale, dopo aver tirato la carretta per mesi. A decidere la partita ecco i soliti noti: un Pulisic che sta diventando sempre più cinico ed un Leao che decide di rompere il silenzio irreale del Meazza con un paio di fiammate delle sue. Aggiungi Okafor che stavolta non segna ma fa segnare ed il quadro è completo. Il Milan ha ritrovato l’orgoglio: qualcuno dirà che è troppo tardi, ma non era scontato. Chiedete a Max Allegri per referenza.
Toro, un “furto” per l’Europa? (6)
Avere un tecnico scorbutico come Juric riserva sempre tante sorprese. Vedere un allenatore di Serie A che, dopo aver portato a casa una vittoria fondamentale per la corsa all’Europa, ha l’onestà intellettuale di ammettere che i suoi hanno commesso un furto con scasso è davvero rara avis alle nostre latitudini. Benissimo ha fatto il tecnico serbo a strigliare i suoi, dicendo che non gli era piaciuto il suo Toro e che la differenza l’hanno fatta i nuovi entrati. Eppure, anche se la prestazione è negativa, scommettere su giocatori finora quasi ignorati è stata una mossa da maestro che sicuramente lo farà rimpiangere molto dalla tifoseria granata. Il Torino, come succede spesso e volentieri, fa bene in difesa, anche se Bellanova e Tameze vivono una giornata orribile.
I complimenti stavolta se li meritano il giovane Dellavalle e Savva, che ha il merito di farsi trovare al posto giusto al momento giusto ma anche Lazaro, che oltre all’assist del pareggio, fornisce qualità e quantità. Ilic e Vojvoda fanno il compitino senza grandi sbavature ed è merito loro se il Verona non travolge i granata nel primo tempo. Le note stonate vengono dall’attacco, ancora una volta sterile e confusionario: Ricci caracolla per il campo senza trovare mai le misure, Sanabria fallisce ancora come seconda punta mentre Zapata soffre una condizione deficitaria. La sorpresa vera è Pietro Pellegri, vero e proprio Godot granata: dopo tante prove scialbe, ecco l’acuto che potrebbe valere l’Europa. Non è ancora fatta ma questa è una vittoria che farà tanto morale.
Roma, che crollo mentale (4,5)
Giocarsi la Champions che conta solo tre giorni dopo la dolorosa esclusione dalla finale di Europa League contro una delle squadre più in forma del Vecchio Continente non sarebbe mai stato semplice ma la prima ora giocata dai giallorossi in quel di Bergamo è ben oltre l’indecenza. La Roma, semplicemente, non è scesa in campo mentalmente, finendo per essere quasi ridicolizzata da un’Atalanta determinata a chiudere i conti in fretta. Senza i pali di De Ketelaere e Koopmeiners e le parate di Svilar, il primo tempo sarebbe potuto finire tranquillamente su un umiliante 6-0. Per Mancini e N’Dicka non sarà semplice riprendersi da un’umiliazione storica ma non è che Kristensen o El Shaarawy in una posizione strana facciano meglio. Buona parte dei problemi che ha avuto la difesa giallorossa sono però dovuti alla pessima idea di De Rossi di giocare a specchio, esperimento fallito oltre ogni possibile previsione.
Il tecnico romanista capisce la mala parata e corregge le cose facendo entrare Bove ed Abraham al posto di uno spento Paredes e di un disastroso Baldanzi. I due riescono a dare la scossa e riescono nell’impresa di riaprire una partita chiusa e strachiusa. Se Cristante finisce troppo presto la benzina, Pellegrini sembra un altro dopo il rigore, tanto da sfiorare un pareggio che sarebbe stato uno dei più grandi furti della storia del calcio. Se la partita di Angelino è da incubo in difesa ed inesistente in avanti, Lukaku inizia a giocare quando entra Abraham e finalmente ha spazi da sfruttare. La reazione d’orgoglio dimostra che non tutto è da buttare e le cose con Dybala in campo sarebbero forse andate diversamente ma questo non spiega la prima ora da film horror. La Roma è tornata quella di Mourinho, quella delle pause mentali, delle partite preparate male ed approcciate peggio. Prendersela con De Rossi dopo quel che ha fatto sarebbe ingiusto. I problemi stanno altrove e la società Roma farebbe bene ad affrontarli prima che sia troppo tardi.
Napoli, che pasticcio! (4)
Ogni settimana mi siedo davanti alla televisione sperando che il Napoli si ricordi di essere fondamentalmente una buona squadra e che, finalmente, lo faccia vedere anche sul campo. Farlo dopo una stagione troppo brutta per essere vera e proprio contro una squadra come il Bologna, che sta per fare la storia, non sarebbe stato per niente semplice ma lo spettacolo offerto ai fedelissimi del Maradona è stato francamente indecente. Come succede da qualche settimana a questa parte, le sufficienze non si contano sulle punta di una mano: a parte l’incolpevole Meret e Ngonge, che ha il merito di crederci fino in fondo, il resto è un pianto senza fine. Non si salva nessuno, nemmeno gente come Di Lorenzo, Olivera e lo stesso Anguissa, apparsi non solo spaesati ma quasi svogliati, meritandosi tutti i fischi che li hanno sommersi durante la partita.
Non tutte le insufficienze sono uguali, però: Rrahmani e Juan Jesus fanno seguire ad un primo tempo orribile una ripresa dignitosa mentre Lobotka sfiora un eurogol nel primo tempo per poi tenere più o meno a galla la mediana. Dalla cintola in su, poi, Cajuste ed Osimhen si salvano se non altro perché non smettono mai di lottare. Si vede che non questo stato di cose disastroso non gli va proprio giù, che continuano a sbattersi anche quando predicano nel deserto: la vera domanda è perché un atteggiamento del genere non lo abbiano anche i loro compagni. Poi ci sono Politano e Kvaratskhelia, che la volontà ce la mettono sempre ma sbagliano troppo, specialmente nei momenti chiave, innervosendosi pure. A questo punto, dopo tre allenatori, è chiaro che i problemi vadano ben oltre ai limiti dei tecnici. Il giocattolo Napoli è a pezzi: ricostruirlo sarà parecchio complicato.
Juventus, orrore senza fine (3)
Vi confesso che, dopo essermi sorbito il primo tempo della Juventus, ho avuto la tentazione di saltare a piè pari questa partita, facendo finta che non si sia mai giocata. Poi qualcuno mi ha ricordato che la Juventus è sempre la squadra più seguita d’Italia e che sarebbe stata una vigliaccata mica da ridere. No, se i tifosi bianconeri hanno lo stomaco di seguire partita dopo partita questa spirale discendente, non posso esimermi dal parlarne. Il primo tempo della Vecchia Signora è roba talmente inqualificabile da sperare che nei prossimi contratti dei giocatori bianconeri sia inserita una clausola che preveda il licenziamento immediato per oltraggio alla maglia e alla storia della società torinese. Forse non ha senso parlare delle prove dei singoli visto che, all’intervallo, tutti avrebbero meritato di esser cacciati dalla Continassa seduta stante.
A parte le prove di Bremer e di quel Rabiot che evita l’ignominia di perdere con una squadra retrocessa da quasi un mese, verrebbe voglia di stendere un velo pietoso. Male Rugani in difesa, McKennie disastroso, Kostic svogliato, Vlahovic che parte alla grande per poi evaporare nel nulla cosmico mentre Kean fa grossi passi indietro rispetto alle ultime prove. Cambiaso è troppo solo, Miretti è sfortunato sulla traversa mentre Locatelli si fa perdonare una prova molto opaca con l’assist fortunoso per il pareggio. Aggiungi le prestazioni discrete e basta di Iling-Junior e Chiesa ed il quadro è completo. Come mai un voto così basso? In questo caso la somma è parecchio inferiore alle prestazioni dei singoli.
Concedere più di un’ora alla Salernitana, raggiungendo un pari tanto rocambolesco quanto ingiusto non è roba da Juve. A questo punto meglio una sconfitta, anche solo per porre fine a questo strazio con qualche settimana d’anticipo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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