I punti chiave
- Fiorentina, la pazienza paga (8,5)
- Atalanta, un attacco davvero atomico (8)
- Tavares-Rovella, la Lazio non si ferma (7)
- Juventus, un punto pesantissimo (6,5)
- Il Napoli va anche senza Lukaku (6-)
- Inter, che occasione persa! (5)
- Roma, la Caporetto della società (3)
- Il pasticciaccio di Bologna-Milan (2)
Quando un fine settimana inizia con un’indegna cagnara all’insegna del tutti contro tutti, le aspettative non possono che essere ai minimi storici. Eppure, nonostante tutto facesse pensare al peggio, la nona giornata della Serie A ha comunque offerto parecchie storie interessanti. Cosa vi siete persi se, buon per voi, eravate in altre faccende affaccendati? Niente di che, solo il derby d’Italia più pazzesco degli ultimi 20 anni, le vittorie a valanga della Dea e della Viola, i tre punti strappati con una fatica assurda dalla capolista ma anche la gioia e la disperazione delle squadre della capitale, reduci da partite che più diverse non si può. Vi raccontiamo tutto nel nostro solito pagellone del lunedì: buon divertimento a tutti.
Fiorentina, la pazienza paga (8,5)
Se qualcuno avesse detto ad inizio stagione che la Viola alla nona giornata sarebbe stata in grado di segnare 15 reti in una settimana sarebbe stato riempito d’insulti. Le rivoluzioni sono sempre difficili ma farle in una piazza lunatica e complicata come Firenze è quasi impossibile. Gli enormi passi avanti mostrati dall’undici di Palladino in questi tre mesi scarsi sono quindi un monumento non solo alle capacità dell’ex tecnico del Monza ma alla solidità della società viola, che ha saputo gestire la situazione anche quando le cose non giravano per niente. La manita rifilata ad una Roma inspiegabilmente svogliata e molle non giustificano voli pindarici ma sono la conferma che il progetto dei gigliati ha svoltato l’angolo e che la Fiorentina è tra le papabili per l’Europa.
Dopo una prestazione del genere, la tentazione di lasciarsi andare a superlativi è tanta ma come dimenticare la parata clamorosa di De Gea sulla punizione di Dybala, la prova matura di Comuzzo su Dovbyk ma anche i passi avanti di Gosens, la classe di Adli ed i passaggi precisi di un Colpani ritrovato? Sugli scudi, però, non può che esserci il trio d’attacco, che ha fatto passare 90 minuti da incubo alla retroguardia giallorossa: se Beltran sembra sbloccato, Kean è lontano parente di quello visto in bianconero ma è particolarmente dolce la vendetta di Edoardo Bove, romano e romanista scaricato in malo modo in estate. La sua rete ha il sapore di un contrappasso dantesco ma Edo ha messo lo zampino in quasi tutte le reti. Palladino ringrazia e si gode il quarto posto.
Atalanta, un attacco davvero atomico (8)
Non so come la vediate voi, ma continuo a non capacitarmi di fronte a cosa è riuscito a combinare Gian Piero Gasperini in quel di Bergamo. Per chi ha qualche giro attorno al sole sulle spalle, il fatto di vedere un’Atalanta così devastante, in grado di annichilire gli avversari in campo ha quasi del miracoloso. Anche se la Dea si è fatta largo nell’elite del calcio europeo da qualche anno, la cosa che lascia interdetti è la capacità degli orobici di restare sempre sul pezzo e non sottovalutare nessun avversario. A pagarne le conseguenze è toccato ad un Hellas Verona che non ci ha capito niente ed è finito triturato dal rullo compressore dell’attacco nerazzurro, tornando a casa con sei gol sul groppone. Alla fine della fiera la Dea si ritrova terza in classifica: scusate se è poco.
Il più deluso, forse, è proprio Carnesecchi, costretto dall’impresa di Sarr a raccogliere il pallone in fondo al sacco. Il Verona non è l’Arsenal ma la difesa ha sofferto poco, con De Roon che mette subito in discesa la partita per poi lasciare spazio ai tre tenori, che ne approfittano per strapazzare gli scaligeri. A De Ketelaere, Lookman e Retegui riesce tutto, anche le cose difficilissime come la rete da fermo del belga: Lookman spadroneggia ed aggiunge alla doppietta un assist e una traversa mentre Retegui conferma come mancasse uno come lui per rendere ingiocabile il tridente della Dea. 400 panchine dopo, Gasperini se la ride in panchina e si gode un gruppo in fiducia assoluta: se trovasse un minimo di continuità, quest’Atalanta potrebbe giocarsi lo scudetto fino alla fine.
Tavares-Rovella, la Lazio non si ferma (7)
Già da qualche settimana cerchiamo di puntare i riflettori sul gran lavoro fatto da Baroni a Formello ma, chissà per quale strana ragione, la Lazio continua a volare sotto i radar della critica. Come se non bastasse il primo posto nel classificone di Europa League, i capitolini riescono a confermarsi anche in una partita non semplice come quella con il Genoa. Per una volta mettete da parte il risultato: lo scontro dell’Olimpico è stato molto equilibrato, con i rossoblu che hanno retto bene fino agli ultimi minuti, quando l’uno-due di Pedro e Vecino ha affossato l’undici di Gilardino. Eppure, specialmente nella ripresa, i liguri hanno fatto passare un brutto quarto d’ora ai padroni di casa, che però possono contare sul contributo di una difesa guidata da un attento Gila.
La differenza la fanno gli esterni, che giocano a livelli impressionanti: la prima mezz’ora di Tavares è allucinante, come la sua capacità di trovare sempre il modo di imbeccare i compagni. Nove partite, sette assist, tanto per gradire. Rovella, invece, corre come un pazzo, spreca zero palloni ed è pure decisivo nei recuperi: giocatori versatili ed affidabili come lui sono tanto rari quanto preziosi. Non tutto è perfetto: Guendouzi non brilla, Isaksen è incostante, Dia è guardato a vista e Castellanos ha pochissimi palloni giocabili. Meno male che c’è Noslin a sbloccare la gara con un golazo che vale oro. Una volta tanto sono i rimpiazzi a dare la spallata, dall’immenso Pedro al ritrovato Vecino. Ora che ha una panchina adeguata, questa Lazio dovrebbe far paura a tutti.
Juventus, un punto pesantissimo (6,5)
Va bene che a casa di Madama l’unica cosa che conta è vincere, ma ben pochi alla Continassa si lamenteranno del punto portato a casa dall’undici di Thiago Motta. Eppure l’ex tecnico del Bologna ha commesso un gran numero di errori, a partire dall’affidarsi ad un Danilo in evidente stato confusionale. L’una volta ermetica difesa bianconera sbanda paurosamente, concedendo ripartenze micidiali ai rivali. Eppure, proprio quando il tracollo sembrava dietro l’angolo, il tecnico sistema la squadra e trova uno Yildiz in serata di grazia, completando una rimonta davvero memorabile. Considerata la partita storta di Kalulu e Locatelli, per riprendere i campioni d’Italia c’è voluta una prova di squadra di quelle importanti, che fanno un gran bene all’autostima del gruppo.
Il tecnico italo-brasiliano sposta Weah sulla sinistra ed è una mossa che paga dividendi importanti, facendo il paio con lo scatenato Conceição sulla destra, imprendibile e sempre più sicuro dei propri mezzi. Una volta tanto Dusan Vlahovic risponde presente anche in una partita importante: il suo contributo è ben superiore al gol fatto, visto che sta diventando un punto di riferimento in avanti. La partita della Juve cambia di colpo al 62’, quando entra in campo un Kenan Yildiz col dente avvelenato. Il giovane turco prima fa un coast to coast da urlo e poi completa la rimonta con un sinistro angolatissimo: dopo le tante critiche, niente di meglio per mettere a tacere tutti. Considerato come si erano messe le cose, questo punto sofferto ha un peso specifico mostruoso.
Il Napoli va anche senza Lukaku (6-)
Se la testa era chiaramente alla trasferta a San Siro e alle infinite polemiche sul rinvio di Bologna-Milan, l’undici di Conte era chiamato all’ennesima prova di maturità contro una squadra affamata di punti. Considerato il netto turnover operato dal tecnico partenopeo, la gara contro il Lecce si è complicata ben più del previsto, venendo risolta grazie al contributo importante di alcuni dei pretoriani di Conte. Alla fine, però, i tre punti sono arrivati grazie al gol in mischia del capitano Di Lorenzo ma il fatto che serva il gol di un difensore per rompere l’equilibrio è prova provata che non tutto è andato al meglio nell’incrocio contro i salentini. Eppure, nonostante i problemi, il gruppo ha serrato i ranghi e riesce a spuntarla grazie ad una prova maiuscola del centrocampo.
La difesa non è stata impenetrabile come al solito, concedendo diverse occasioni al Lecce, tutte sventate da Meret, Buongiorno ed un Olivera grintoso quanto basta. A fare la differenza è la coppia scozzese Gilmour-McTominay, che si conoscono bene e sono sempre in grado di fornire preziose imbeccate in avanti mentre decisamente meno convincenti i 20 minuti di Raspadori ed un Ngonge che alterna grandi accelerazioni ad errori marchiani. I problemi si vedono in avanti dove Neres non sa approfittare della titolarità e Lukaku mette l’ennesima prestazione al limite dell’irritante. Il bello è che la forza di un gruppo in fiducia riesca comunque a portare in porto una vittoria preziosa proprio perché arrivata con grande fatica. Considerato lo stop delle rivali, Conte se la ride.
Inter, che occasione persa! (5)
Che l’incrocio con la nuova Juve di Thiago Motta non sarebbe stato semplice se lo aspettavano tutti ma quello che si è visto domenica sera al Meazza ha lasciato di stucco molti osservatori. L’undici di Inzaghi non si nasconde e sfida i bianconeri sul terreno del gioco, riuscendo a reagire all’uno-due per infilare ben quattro reti all’ermetica difesa della Vecchia Signora. Con un Thuram furbo e spietato ed uno Zielinski finalmente sbloccato, tutto sembrava apparecchiato per una vittoria importante sia dal punto di vista del morale che per la classifica. E qui casca l’asino, visto che la cinica Inter dello scudetto lascia il posto a troppi errori ed imprecisioni, gestendo malissimo la ripresa. I bianconeri ringraziano sentitamente e si portano a casa un punto d’oro.
A tradire Inzaghi sono in molti, a partire dalla difesa, dove si salvano solo Pavard e Dumfries: Sommer spesso disattento, Bisseck disastroso su Yildiz, De Vrij in affanno, come il solitamente granitico Bastoni. La mediana risponde presente, con Barella e Mkhitaryan che reggono, mentre Dimarco fa quasi tutto bene, come Marcus Thuram. Meno convincente il Toro Martinez, poco coinvolto nel primo tempo e raramente pericoloso nella ripresa. Un punto con la Juventus non è mai da buttare ma la sensazione è che, con la qualità che ha in rosa, farsi recuperare due reti in mezz’ora è roba che Tafazzi scansati proprio. Ancora presto per esprimere giudizi ma è un passo falso di quelli che fanno male. Ad Inzaghi il compito non semplice di farlo dimenticare in fretta.
Roma, la Caporetto della società (3)
A giudicare dalla reazione inviperita dei tifosi giallorossi, il tracollo del Franchi è la goccia che ha fatto traboccare un vaso fin troppo agitato da mesi. La sensazione al triplice fischio è che una Fiorentina cinica quanto basta abbia fatto crollare il castello di carte costruito nelle ultime settimane dalla dirigenza giallorossa. La cosa più triste? Vedere Juric, che sotto la Mole ringhiava un giorno sì e l’altro pure trasformato in un’aziendalista che, in puro stile yankee, nega tutto, anche quello che è chiaro come il sole. Dire che “abbiamo buttato 40 giorni di grandissimo lavoro nel cesso” non farà che imbufalire ancora di più una tifoseria che ne ha piene le tasche delle frasi fatte. Dopo una scoppola del genere, le probabilità che mangi il panettone a Trigoria sono al lumicino.
Se l’allenatore ha certo le sue responsabilità, rendere ancora più caotica una situazione già ben oltre il limite della decenza sarebbe l’ennesimo autogol. Al Franchi si sono salvati solo Svilar, N’Dicka, Koné e Dybala: il resto ha fatto tali e tante schifezze in campo da meritarsi un licenziamento in tronco, soprattutto per la mancanza di orgoglio ed agonismo. Se la palma del peggiore in campo va a Celik, Hermoso è stato altrettanto disastroso ma sono questioni marginali: quando anche un talento come Pisilli fa una gara orribile, la situazione è ben oltre l’indecenza. In un contesto del genere, dopo le tante scelte autolesionistiche degli ultimi mesi, gettare nella mischia un altro allenatore vorrebbe dire che la società ha del tutto perso la bussola.
Il pasticciaccio di Bologna-Milan (2)
Alzi la mano chi ci ha capito qualcosa nell’imbarazzante circo che si è scatenato attorno all’anticipo di sabato tra Bologna e Milan. Come se il calcio tricolore non avesse già abbastanza problemi, si è scelto di mostrare il peggio del peggio che questo nostro paese sia in grado di offrire oggidì. Da questa vicenda al limite del teatro dell’assurdo davvero non si salva nessuno, lasciando spazio solo ad uno sconforto senza fine. Malissimo le autorità locali, che non si sono ricoperte di gloria bloccando la partita del Dall’Ara per poi lasciar svolgere altri eventi sportivi nella stessa serata ma a far sollevare più di un sopracciglio è la rissa che si è scatenata in Lega Calcio, dove, invece di imporre una soluzione ragionevole, si è preferito rimandare il tutto a Dio solo sa quando.
Sui social si è letto davvero di tutto e, in qualche modo, nessuno è contento. Se la società rossonera si dice sbigottita da una decisione “incomprensibile”, i tifosi furibondi se la prendono sulla mancanza di peso politico della dirigenza, chiedendo a gran voce dimissioni eccellenti. A rinfocolare le polemiche ci pensa il Napoli, che si lamenta per i giorni di riposo extra che avrà a disposizione Fonseca per preparare il big match, facendo finta di non sapere che sia Reijnders che Theo Hernandez dovranno scontare le squalifiche proprio contro di loro.
Aggiungi il fatto che i tifosi di mezzo mondo non capiscano come si sia arrivati ad un pasticciaccio del genere e la frittata è completa. A forza di autogol del genere, il futuro della Serie A è davvero nerissimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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