I punti chiave
Non so come la pensiate voi, ma un campionato così emozionante non lo vedevo da parecchi anni. Il livello tecnico non sarà quello dell’epoca d’oro del calcio italiano ma in quanto a spettacolo siamo a livelli di eccellenza. Ogni fine settimana ci sono storie che meritano di essere raccontate, anche se le prime pagine sono giustamente occupate dal duello rusticano tra le due dominatrici della classifica. Napoli e Inter continuano a correre a ritmi insostenibili per le avversarie, con l’Atalanta ultima a perdere il treno scudetto ma non sono mancate le sorprese.
Se la derelitta Roma si è trasformata grazie al lavoro di Ranieri, Lazio e Bologna sono tornate alla vittoria mentre il big match dello Stadium ha avuto effetti diametralmente opposti su Juve e Milan. Aggiungi la crisi inspiegabile della Fiorentina, passata in due mesi dalle stelle alle stalle ed il quadro è completo. Vi raccontiamo tutto, come al solito, nel nostro pagellone del lunedì. Buon divertimento.
Un Napoli formato scudetto (8)
Dopo cinque vittorie consecutive, molti aspettavano al varco il Napoli, sicuri che la corsa dei partenopei si sarebbe fermata in quel di Bergamo. Conte, però, si era legato al dito l’umiliante 0-3 al Maradona ed aveva catechizzato a dovere i suoi, che sono scesi in campo col coltello tra i denti. L’entusiasmo scatenato al triplice fischio è prova di quanto sia stata sofferta la vittoria dei campani al Gewiss Stadium, dovuta principalmente ad una gara sottotono della solitamente tetragona difesa azzurra. Gli svarioni di Di Lorenzo e Rrahmani costano carissimo al Napoli, che deve ringraziare la paratona di Meret su De Ketelaere per questi tre punti fondamentali per tenere alta la pressione sull’Inter. Una vittoria è una vittoria, anche se davvero complicatissima.
A garantire i tre punti è stata certo la forza mentale dei partenopei ma anche la partita clamorosa di Anguissa e McTominay, che hanno stravinto il duello con la mediana bergamasca nonostante un Lobotka macchinoso. Cosa dire, poi, delle cavalcate di Neres, fermamente deciso a non far rimpiangere Kvaradona ma anche del gran gol di Politano, che non segnava da settembre? La tigna del Napoli è rappresentata dalla partita di Lukaku: per 78 minuti è un fantasma, francobollato dal mastino Hien ma appena ha spazio, converte il cross di Anguissa nella zuccata decisiva. Conte, però, non è tranquillo: in due settimane dovrà vedersela con Juve e Roma mentre l’Inter avrà il derby. Se supererà indenne questo momento cruciale, lo scudetto si giocherà a marzo nello scontro diretto.
Inter, con Lautaro la pazienza paga (7,5)
Partita dopo partita, la sensazione di molti che questo scudetto si deciderà con una lunghissima volata a due viene sempre più confermata dai fatti. Dopo l’impresa del Napoli a Bergamo, l’Inter era chiamata a rispondere contro una squadra da prendere con le molle come l’Empoli. Mettersi alle spalle il pari col Bologna si rivela un’impresa più complicata del previsto, visto che per un tempo la gara sembra maledetta. Taremi spreca la titolarità venendo annullato dalla difesa toscana mentre Dimarco e Zielinski sono stranamente abulici. Un recuperato Lautaro non è in grado di superare Vasquez e il palo mentre Dumfries e Barella sembrano imballati, incapaci di spaccare la partita. L’Empoli non punge ma si difende bene e fa temere un altro, dolorosissimo passo falso.
Quando gli ospiti calano, l’Inter è pronta ad approfittarne: Barella apre la strada a Lautaro che s’inventa un golazo. Poco dopo l’Inter inserisce Mkhitaryan e Thuram ed i nerazzurri tornano quelli di sempre. Asllani trova la zuccata di Dumfries ma non è finita, visto che l’unico errore di De Vrij apre un’autostrada all’ex Esposito, che non sbaglia. Tocca ad Arnautovic lanciare Thuram per il gol della sicurezza mentre in pieno recupero Carlos Augusto si mangia il 4-1. Alla fine Inzaghi ha di che sorridere: Asllani ed Arnautovic sono sembrati in crescita mentre Lautaro è tornato a fare la voce grossa proprio nel momento giusto. I nerazzurri non perdono dal derby e si giocheranno il titolo in un febbraio al calor bianco prima dello scontro col Napoli. Non vediamo l’ora.
La vera Juve targata Motta? (7)
Per riassumere quello che si è visto allo Stadium nel big match tra le deluse di questo campionato basterebbe forse la frase “chi la dura la vince”. Per la disperazione dei tifosi bianconeri, Thiago Motta continua testardamente a riproporre le tre scelte che hanno causato infiniti travasi di bile, sperando in un risultato diverso. McKennie terzino, Koopmeiners sulla mediana e Nico Gonzales unica punta appoggiato da Yildiz fantasista, proprio come visto nelle ultime deludenti partite. Quando il turco rimane negli spogliatoi per un problema fisico ti aspetti il peggio ma le cose vanno in maniera molto diversa. La Juve esce sparata dagli spogliatoi, travolgendo un Milan inqualificabile che evita per pura fortuna di prendere un’imbarcata davvero storica.
A fare la differenza sono alcuni degli imputati delle ultime gare, dalla coppia Gatti-Kalulu, che annichiliscono Abraham e Theo Hernandez, al ritrovato Thuram, che fa evaporare Reijnders prima di fornire l’assist a Weah ma soprattutto allo scatenato Mbangula, che sblocca la partita dopo aver umiliato in ogni modo Emerson Royal. I problemi non sono svaniti per magia: Koopmeiners è più vivace ma sbaglia ancora troppo mentre Nico Gonzales si ritrova solo quando torna a fare quel che gli riesce meglio, fornire assist ai compagni. Il Milan ci ha messo parecchio del suo ma questa è forse la prova più completa e matura messa dalla Juve targata Motta. Resta da capire se basterà per creare quell’entusiasmo necessario per rimettere in sesto una stagione finora molto sottotono.
Roma, remuntada possibile (7)
Nascosta com’era nel poco amato slot del venerdì sera, la bella prova della Roma di Ranieri contro il Genoa è probabilmente passata inosservata fuori dal Raccordo Anulare. Questo è davvero un peccato, considerato come i giallorossi siano riusciti a schiantare una squadra mai semplice come quella di Vieira grazie ad un secondo tempo di ottimo livello. Nel giro di poche settimane quella squadra che guardava con orrore la zona retrocessione è a pochi punti dal Milan e può sognare di approdare in Europa senza esser ricoperta di sberleffi. Il gran lavoro di Ranieri si vede proprio dal fatto che, dopo un primo tempo molto equilibrato, bastino un paio di inserimenti per dare la scossa e consentire ai capitolini di mettere in cascina altri tre punti davvero preziosissimi.
Sicuramente i rossoblu sono stati troppo rinunciatari per impensierire l’attenta difesa giallorossa ma all’intervallo un pareggio sembrava il risultato più probabile. La Roma, però, è tornata in campo inviperita, grazie alla spinta di Angeliño e Saelemaekers sulle fasce e agli strappi di Konè ma soprattutto alla classe infinita di Dybala. Eppure, senza l’ingresso di un rinato El Shaarawy, la situazione si sarebbe potuta complicare, visto che Dovbyk, a parte il gol, non ha combinato granché. Alla fine, la differenza l’ha fatta la ritrovata serenità di un gruppo che si è affidato in tutto e per tutto al suo tecnico, tirando fuori gli attributi specialmente quando le cose si complicano. Ancora presto per parlare, ma se arrivasse davvero in Europa, questa remuntada sarebbe davvero storica.
Il Bologna è sempre lì (6,5)
Ogni qual volta una squadra minaccia di scompaginare gli equilibri della Serie A, il fastidio di molti osservatori è palpabile. La presenza del Bologna nei piani alti del calcio italiano sembrava uno scherzo del destino dovuto ad un tecnico talentuoso come Thiago Motta. Qualche mese dopo, invece, la terza incomoda nella lotta per l’Europa è sempre lì, davanti a corazzate come Milan e Roma, anche se molti fanno finta di non accorgersene. Anche pareggiare contro la schiacciasassi Inter non è servito a far capire come Italiano abbia saputo plasmare al meglio un gruppo di giovani affamati che non vogliono smettere di sognare in grande. Eppure, dopo un quarto d’ora da dimenticare ed il gol a freddo del giovane Maldini, il Bologna non si è scomposto più di tanto.
D’accordo, un Monza in crisi non è certo la prova più probante ma tornare alla vittoria dopo tre risultati deludenti e farlo in maniera così convincente non è da tutti. I felsinei spingono forte sulla destra, dove la coppia Posch-Orsolini fa il bello e il cattivo tempo, compensando il fatto che sia Freuler che Ferguson siano lontani dalla forma migliore. Quando Dominguez ed Odgaard combinano per il vantaggio, la gara è praticamente chiusa. Non tutti i problemi sono risolti: Ndoye è irritante, Castro un po’ sottotono ma il palo dell’eterno Di Silvestri e il quasi gol di Dallinga avrebbero potuto rendere la vittoria molto più rotonda. Il Bologna gioca bene e mette in campo grinta, qualità e quantità. Bene abituarsi a vederlo così in alto: non sta rubando proprio niente.
Zaccagni e Dia, la Lazio c’è (6,5)
In un momento complicato per le Aquile, Baroni affrontava il suo passato con l’obiettivo dichiarato di riprendersi il quarto posto. Visto il momento dell’Hellas, impresa non impossibile ma nemmeno scontata, considerato il nervosismo a Formello. La vittoria è arrivata ma in maniera molto più convincente di quanto ci si sarebbe potuti aspettare. Quella vista al Bentegodi è forse la versione migliore della Lazio di quest’anno, in grado di metter sotto gli scaligeri dal primo all’ultimo minuto. La combinazione Gila-Gigot funziona relativamente ma il francese si fa perdonare qualche sbavatura in difesa aprendo il conto dei gol. Per fortuna che sulla mediana c’è forse la coppia migliore della Serie A, con Guendouzi e Rovella da applausi a scena aperta.
Se Tavares sulla fascia è una sicurezza, sia Isaksen che Pedro non brillano ma nemmeno fanno danni mentre Castellanos spreca un gol fatto ma si dà un gran da fare per i compagni. A chiudere la partita e far tornare a sognare la tifoseria ci pensa la strana coppia Zaccagni-Dia, entrambi in serata di grazia. L’azzurro è micidiale nel recuperare palloni e s’inventa anche l’assist per il vantaggio di Gigot, per poi dare il colpo di grazia nella ripresa quando Dia trasforma in un assist la follia di Tchatchoua. L’ex Salernitana è completamente rinato, diventando il terminale offensivo principale del girone di ritorno della Lazio. I biancocelesti si confermano una tra le squadre più in forma del momento: nella lotta per l’Europa che conta, l’undici di Baroni non può essere sottovalutato.
Atalanta sfortunata ma tosta (6)
In un mondo come quello del calcio, dove l’unica cosa che conta è il risultato, è quasi impossibile riuscire a fare analisi che vadano oltre alla semplice contabilità. Per capire come stia davvero la Dea, però, bisogna andare oltre ed esaminare meglio cosa sia davvero successo al Gewiss Stadium. L’Atalanta sembra aver perso il treno scudetto ma non ha certo demeritato nell’incrocio con la schiacciasassi Napoli, tanto da sfiorare la vittoria con la zuccata di De Ketelaere parata Dio solo sa come da Meret. Alla fine, però, l’unico errore di Hien lascia solo Lukaku, uno che questi gol li fa anche ad occhi chiusi. Ironico che sia proprio la linea difensiva degli orobici a tradire Gasperini, con Scalvini in bambola perenne e Bellanova scherzato da David Neres.
A tenere a galla la Dea ci pensano proprio quegli attaccanti che ultimamente erano sembrati in crisi: Retegui fa un primo tempo clamoroso prima di finire la benzina mentre Lookman s’inventa un gol pazzesco per rimediare ad una gara mediocre. I rimpiazzi, stavolta, non salvano il Gasp: se De Ketelaere sfiora il miracolo, Pasalic e Zaniolo non trovano il modo di incidere. La gara, però, è stata persa sulla mediana, dove De Roon ed Ederson vengono quasi ridicolizzati da Anguissa e McTominay mentre Samardzic non è apparso ispirato. Lo stop è pesante ma la stagione dei bergamaschi è ancora lunga. Se terrà i nervi saldi senza farsi prendere dallo scoramento, la banda del Gasp potrà ancora fare parecchi sgambetti alle grandi da qui alla fine del campionato.
Viola, Palladino fine corsa? (5)
In fondo capisco il pessimismo cosmico che contraddistingue molti tifosi della Fiorentina. Proprio quando pensi che questa sia la stagione giusta, che le sofferenze del passato siano solo un ricordo, la Viola torna quella di sempre, buttando al vento punti su punti. Neanche il tempo di sognare lo scudetto numero tre, il primo dal lontano 1969 che il castello di carte di Palladino crolla miseramente a terra. Dopo il tonfo nel Derby dell’Appennino, i toscani hanno portato a casa due punti in cinque partite, un bottino davvero misero. L’incrocio al Franchi col Torino sembrava l’occasione giusta per tornare a correre, specialmente dopo l’espulsione di Dembele e la rete del talismano Kean. Invece, in qualche modo, la Viola è riuscita a farsi riprendere dai granata.
A preoccupare i tifosi viola è il momento nerissimo di alcuni giocatori chiave, a partire da Comuzzo e Adli, che hanno sulla coscienza il pari di Gineitis. L’ex milanista in particolare commette un errore da matita blu ma non è l’unico a deludere: Gudmundsson viene fischiato dal pubblico mentre Folorunsho stecca la prima da titolare. In generale ai toscani è mancata la cattiveria necessaria per mettere al sicuro il risultato prima del solito pasticcio che De Gea non è riuscito a sventare come tante volte in passato. In realtà, a parte Dodò e il primo tempo di Gosens, si salva solo Kean, che continua a segnare nonostante una squadra in stato confusionale. La speranza è che il club fornisca a Palladino i rinforzi di cui ha disperato bisogno invece di staccare la spina.
Milan oltre l’indecenza (4)
Commentare quel che il Milan ha combinato allo Stadium senza intingere la penna nel vitriolo è impresa quasi impossibile, considerato il caos assoluto che sta circondando la società rossonera. Chi si è dovuto sorbire tutte le partite dell’era Fonseca sa che il Milan di quest’anno ha raramente giocato un gran calcio ma neanche il peggiore dei pessimisti si aspettava un secondo tempo così inqualificabile. A dire il vero, i rossoneri sarebbero potuti andare sotto già nel primo tempo senza le due parate di Maignan su Yildiz ma il Milan non è mai sembrato davvero pericoloso. Alla fine, nonostante l’aiuto della Dea Bendata sui tiri di Weah e Koopmeiners, il Milan di Conceição affonda pesantemente, rischiando di rimediare una scoppola memorabile.
Chi si è salvato nello sfascio generale? Fofana e Camarda, gli unici a non gettare mai la spugna. Il resto va di male in peggio, passando da una prestazione discreta nel primo tempo ad una ripresa da galleria degli orrori. Gabbia meglio di Tomori, Theo Hernandez sbadato, Jiménez poco concreto mentre Musah, Reijnders e Leão svaniscono dal campo nel secondo tempo. Il problema dei problemi è che Conceição deve tenere in campo Emerson Royal, Bennacer ed Abraham nonostante giochino da schifo perché non ha rimpiazzi all’altezza.
Il suo Milan sa vincere solo quando gioca corto, abbottonato e colpisce in ripartenza ma non si può andare sempre a mille. Senza innesti ed investimenti importanti, la stagione è già finita. La palla passa ora alla società: se ci siete, questo è il momento di battere un colpo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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