Mancava soltanto Massimo Decimo Meridio. Ma non è stato necessario aspettare il suo segnale per scatenare l'inferno. Scene ordinarie del calcio nostrano, la città è quella del Gladiatore, l'Olimpico al posto del Colosseo ma dentro l'arena se le sono date e lo spettacolo non è stato da oscar ma
da Bronx. È il meraviglioso sport nel quale gli atleti esibiscono muscoli marmorei, tartarughe esplosive, tatuaggi su ogni millimetro di pelle, però, al primo soffio, respiro, spinta dell'avversario, le stesse statue umane improvvisamente giacciono, cadono come corpo morto cade, quella dei calciatori è cialtroneria, codardia, astuzia infantile per ingannare l'arbitro, già debole di suo. C'è poco da ridere e molto da pensare, lo sport di contatto, il football dico, è diventato come il wrestling, finzione teatrale opportuna per circhi, nel quale i contendenti, dopo un semplice tocco, simulano di svenire, la folla urla, accorrono massaggiatori e medici, definiti sanitari, quasi
fossero ceramiche idrauliche, il moribondo sbircia con l'occhio per controllare se l'arbitro abbia abboccato
alla fiction, quindi risorge miracolato dall'unguento. Meraviglioso, al riguardo, il commento dell'allenatore Serse Cosmi alla domanda del cronista: «Il problema sono le palle inattive?», «Sì, quelle dei miei calciatori».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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