Quanta gente a sciamare intorno al logoro stadio Mirabello. La notizia, del resto, si è propagata in fretta. Là fuori, premuti contro gli ingressi o spalmati sulle pareti di calcestruzzo, basculano generazioni trasversali. Pensionati strapazzati emotivamente. Adulti con gli occhi luccicanti. Ragazzini sognanti. Perché quando torni in Serie A dopo aver cannato tutti gli appelli possibili per sessant'anni, la prima cosa da fare è passare all'incasso di quella felicità che pareva non arrivare mai, e adesso sgorga solenne. Che debito con il destino, a Reggio Emilia. Che rivalsa in quell'estate di trent'anni fa. Adesso ci sono. Adesso la Reggiana sguazza, finalmente, nella jacuzzi del calcio italiano.
E, siccome davvero nessuno ha voglia di tornarsene in apnea, c'è che la società ha im mente di allestire una squadra notevole. Ambiziosa. Che di sicuro non si lasci irridere da quei cuginastri del Parma. Più facile se al timone c'è Franco Dal Cin, azionista di maggioranza, guru del marketing calciofilo, nonché scultore di colpi irreali, come Zico a Udine. Eccoci dritti al punto. Squadra solida per mantenere la categoria, d'accordo. Ma servono le sferzate di un fuoriclasse. Urgono per tessere trame salvifiche sul campo. Si fanno pretendere per ringalluzzire ulteriormente il morale delle truppe cammellate del tifo.
Tourbillon di nomi. Ma certo nessuno attenderebbe un simile esito. Perché Dal Cin, consumato predatore carsico, d'un tratto se ne esce con una suggestione che stranisce i suoi vassalli: "Perché non ci prendiamo Paulo Futre?". Feudatari ammutoliti. Ma come? Quel Paulo Futre che ha vinto la coppa dei campioni con il Porto? Quello che si è piazzato secondo alle spalle di Ruud Gullit nella classifica del pallone d'oro del 1987? D'accordo. Va bene tutto. Oggi sono passati sei anni, lui è apparso un tantino appannato tra Benfica e Marsiglia, ma stiamo pur sempre parlando di un fenomeno. Un ventisettenne. Non esattamente una cariatide calcistica.
Però Dal Cin fa spallucce. Futre è tutt'altro che un progetto onirico. Lui sa come ammansire anche i campioni più recalcitranti. Sa damascare ogni provincia. Così ad autunno scoccato - visto che all'epoca era prevista una finestra di mercato intermedia - piazza il colpo. La Reggiana arranca penosamente in campionato: nemmeno una vittoria nelle prime undici partite. Quando il suo presidente glielo comunica, mister Pippo Marchioro deve pizzicarsi i polsi. "Sì, abbiamo preso Paulo Futre". l
Faccia da divo di hollywood, lusitano nelle vene, un metro e settantacinque di cadenze intricate, finte disorientanti, colpi da jackpot con quel mancino telecomandato. E la dieci sulle spalle, ovvio. A Reggio lo accolgono come un messia, facendo una gran folla di fronte al palazzo comunale. Un'intera città si aggrappa alle sue intuizioni calcistiche per tirarsi fuori dalla poltiglia delle retrovie. Il giorno da cerchiare in rosso è il 21 novembre 1993: il debutto di Futre sarà in casa, contro la Cremonese di Gigi Simoni.
E subito l'astro portoghese non tradisce le aspettative. Gioca davanti con Padovano e Mateut (anche lui appena arrivato). In mezzo c'è Scienza, tra i pali Taffarel. Futre non delude il popolo che ha riempito il Mirabello. Si smarca, esibisce il suo campionario di movenze, manda al bar avversari, suggerisce per i suoi. Tutto con l'eleganza vellutata dei giocatori d'alto lignaggio. La Cremonese resiste solo per sessanta minuti. Poi Morello lo serve al limite dell'area, lui converge, finta e spedisce alle spalle di Turci con un rasoterra chirurgico. Ora i tifosi trasecolano per la gioia. Ma dura pochissimo.
Scappa via di nuovo Paulo, al crepuscolo del match. Minuto 83. Fluttua imprendibile sulla destra, quando il terzino avversario Pedroni lo stende. Lui cade male e si infortuna. Deve uscire subito. Ma quel che è peggio è il responso: infortunio al tendine rotuleo del ginocchio sinistro. Tradotto: stagione finita. Adesso la gente trasale. Lui, dal letto d'ospedale, si affanna per dire che è caduto male da solo, che Pedroni non c'entra. Sta di fatto che la sua prima stagione in granata si chiuderà lì, con sessanta minuti al debutto.
La Reggiana si salverà ugualmente e un anno dopo potrà contare su di lui, ma Paulo gioca poco e non pare essere più lo stesso. Anzi, è proprio smarrito. La squadra sprofonderà di nuovo in B.L'immagine crepata è quella del miracolo di provincia abortito. Un sogno troppo bello per pensarlo vero.
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