Psicosi doping, Di Gennaro: “Era normale, ci fidavamo”

Dopo le uscite di Dino Baggio e Brambati, sul rapporto disinvolto tra calciatori e medicinali, parla anche l'ex Azzurro ora commentatore Rai. Nonostante l'uso di integratori fosse normale, non si dice preoccupato per la propria salute

Psicosi doping, Di Gennaro: “Era normale, ci fidavamo”

Poco alla volta, sempre più campioni del passato si fanno avanti per raccontare il loro rapporto con le sostanze dopanti, uno dei segreti meno piacevoli del calcio di una volta. Dopo le dichiarazioni dei giorni scorsi da parte di Dino Baggio, Brambati e Raducioiu, ecco le parole di Antonio Di Gennaro a fare ulteriore chiarezza sulle pratiche molto disinvolte che vedevano l’uso regolare di medicinali dagli effetti (forse) dopanti. Anche se il collegamento con le dolorose morti che hanno colpito l’universo pallonaro nelle ultime settimane è tutto da provare, la paura tra chi, dentro e fuori dal campo, assumeva potenti medicine con assoluta nonchalance è sempre più evidente.

L’ex Azzurro, ora commentatore della Nazionale per Rai Sport, nell’intervista rilasciata a Repubblica ammette di aver avuto a che fare con queste medicine fin dal suo approdo nel calcio professionistico. “Il Micoren l’ho preso direttamente in campo. Era il 10 aprile 1977, il mio esordio in Serie A con la Fiorentina, contro la Juventus, a neanche 19 anni. Ero emozionatissimo. Dopo venti minuti si fermò il gioco per un fallo e il massaggiatore venne a darmelo”. Non siamo ai livelli denunciati dall’ex compagno di squadra Brambati, per il quale il potente analettico respiratorio, poi inserito nella lista delle sostanze vietate, era somministrato “come fossero caramelle” ma poco ci manca. Un altro tassello in una storia più complicata di quanto si aspettassero i tifosi che rischia di riaprire un vaso di Pandora che molti avrebbero preferito rimanesse chiuso per sempre.

Massimo Brambati

"Pericoloso in Europa, non in Italia"

Di Gennaro rivela i retroscena di questa dolorosa vicenda e come si sia reso conto che quei medicinali che gli venivano somministrati con fin troppa leggerezza fossero delle sostanze dopanti. La rivelazione avvenne nel 1988, quando Silvano Fontolan, suo compagno di squadra nel Verona fu squalificato: “Dopo l’andata dei quarti di finale di Coppa Uefa contro il Werder Brema fu trovato positivo. Ricordo che il club si difese sostenendo che in Serie A non fosse proibito”. La cosa che lo fece insospettire è che Fontolan aveva usato quel medicinale anche prima della gara con l’Inter in campionato, un fatto che fece riflettere molti nella rosa scaligera. “Ripensandoci, mi chiedo come sia stato possibile: era pericoloso per la salute in Coppa Uefa e in Serie A no? Assurdo”.

Questa consapevolezza lo costrinse a rivivere gli inizi di carriera, i quattro anni passati alla Fiorentina, squadra che vide molti giocatori soccombere dopo malattie poco chiare. Di Gennaro ricorda i vari Beatrice, Saltutti, Longoni, Ferrante, Mattolini e come in squadra anche lui prendesse l’Epargriseovit, un ricostituente per il fegato efficace in caso di anemia o malnutrizione ma che, assunto da persone in buona salute, può alterare le prestazioni atletiche. Come tanti giovani calciatori, non ci trovava niente di strano: “Quando l’ho preso io penso proprio che fosse lecito. Così mi veniva detto e io ci credevo. Il medico e il massaggiatore erano come padri putativi. Nessuno mi ha mai imposto nulla. Che interesse avrebbero avuto a farmi squalificare? Ricordo che mi davano l’Argotone, le gocce che si mettono nel naso, ma mi avvertivano di prenderle entro il giovedì perché altrimenti la domenica sarei potuto risultare positivo”. Un comportamento giustificato dal fatto che il decongestionante contiene efedrina, una sostanza dal noto effetto anabolizzante.

Dino Baggio negli anni '90

"All'epoca eravamo poco informati"

Di Gennaro sembra meno ansioso rispetto a molti suoi ex compagni di squadra, che hanno reso nota la loro preoccupazione per le pratiche disinvolte del passato. A chi gli fa notare come il comportamento dei medici di squadra fosse parecchio sospetto, sembra pronto ad assolvere sé stesso e gli altri calciatori: “All’epoca eravamo poco informati. Non come i ragazzi di oggi, che giustamente leggono, vogliono sapere, chiedono”. L’ex nazionale ha avuto modo di verificare come la sensibilità nei confronti del doping sia cambiata nel tempo. Prima del suo ritiro nel 1992 c’era molta più prudenza sull’uso di medicinali ma certe abitudini continuavano ad essere presenti. “Il mio ultimo anno, a Barletta, in Serie C, il sabato mattina, quando non ci allenavamo, ci davano una bevanda: 'Un semplice integratore', dicevano. L’ho presa perché ero convinto che non ci fosse nulla di pericoloso”. Sono stati proprio questi integratori a far preoccupare molto un altro nazionale del passato, Dino Baggio. Pochi giorni fa invitò tutti ad “investigare sulle sostanze che abbiamo preso in quel periodo” ribadendo poi che il doping, in una forma o nell’altra ha sempre fatto parte del mondo del calcio. A fare notizia le dichiarazioni sul possibile collegamento tra le morti premature di Vialli e Mihajlovic e l’abuso di medicinali: “Bisogna capire se certi integratori col tempo hanno fatto male. Ho paura anch’io, sta succedendo a troppi calciatori”. Dopo il putiferio sollevato dalla sua intervista a Calciomercato.com, l’ex Parma ha aggiustato il tiro, ritrattando in parte ma il nervosismo tra gli ex calciatori è sempre più evidente.

"Non ho paura, continuo a fidarmi"

L’ex Milan, Bari e Verona Florin Raducioiu era stato ancora più esplicito. In un’intervista di pochi giorni fa ha ammesso di avere grossi dubbi sulle flebo ed i medicinali assunti dal 1990 al 1994. “Non sapevamo che cosa stavamo prendendo. Ci è sempre stato detto che si trattava di vitamine, di glucosio. Per tutto il tempo facevamo flebo con questo liquido rosa, alla vigilia delle partite. Lo ricordo perfettamente. A Milano prendevamo altre cose, pillole. L’ho detto prima e dopo la morte di Gianluca Vialli: dobbiamo chiederci perché si verificano queste morti premature”. Di Gennaro, invece, non sembra così preoccupato. Al collega de La Repubblica dice “cerco di essere razionale, anche in un momento di forte emotività per la scomparsa di Mihajlovic e di Vialli. So che non è facile avere risposte, certezze, rassicurazioni. Le chiedo ai medici. Perché, oggi come allora, io mi fido”.

Parole che sembrano gettare acqua sul fuoco di una polemica che continua a divampare nonostante tutto. Difficile immaginarsi che qualcuno o qualcosa riesca a togliere in pochi giorni dubbi e sospetti che si inseguono da decenni.

Sembra proprio che uno dei nodi più spinosi del mondo del calcio italiano stia per arrivare al pettine ma potrebbe anche rivelarsi l’ennesima tempesta in un bicchier d’acqua. Bene le testimonianze ma, finora, di prove se ne sono viste poche. Senza di quelle, difficile andare oltre all'aneddotica e fare chiarezza una volta per tutte su questa pagina poco edificante del pallone di una volta.

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