Quando Spalletti allenava il Venezia e Marotta era il ds

Ormai 25 anni fa i lagunari, appena tornati in Serie A, vivevano una stagione alquanto sofferta: il tecnico toscano venne cacciato e poi richiamato, mentre dietro la scrivania Beppe era alla sua prima esperienza tra i grandi

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Sopra il Penzo pressa un cielo color cemento, che si riflette sulla nuca già lucida del tecnico in panchina. Che scuote la testa, giustamente, perché il bottino raccolto fino a lì dai suoi è un brodino tiepido, una roba che non sazia, ma ti resta pure indigesta. Bilica ha appena spinto per sbaglio il pallone nella sua porta. Che non è più difesa da Massimo Taibi, perché quello è volato a Manchester - quando lo United ancora dominava incontrastato e il City era una squadretta minore - ma da Michael Konsel.

Si gratta la nuca perplesso, Luciano Spalletti. Ha giusto quarant'anni e tanta esperienza ancora da mettere via, dopo il lungo percorso a Empoli e la finestra alla Samp. La sua storia al Venezia, intanto, sembra già terminata. Eppure il ds Giuseppe Marotta, all'esordio nel ruolo in Serie A, è uno che ci sa fare. Un anno fa si è inventato il tandem Maniero - Recoba e tutto è filato liscio. Questa volta, tra gli altri, ha portato in dote il nipponico Hiroshi Nanami, che si rivelerà una meteora totale. E a gennaio arriverà Maurizio Ganz dal Milan, ma sarà già troppo tardi.

Intanto l'arbitro fischia tre volte: 0-1 Bologna. Il patron Zamparini scende furente dalla tribuna. Per essere il 30 ottobre fa un freddo cane, dentro la giacca di Luciano. Aveva iniziato con un pareggio in casa contro l'Udinese. Poi una sconfitta contro il Torino e un'altra contro la Roma, ma questa ci poteva stare. Poi un altro pareggio con il Cagliari. In casa della Juve, il Venezia aveva perso soltanto per un gol al 93esimo di Antonio Conte. E la settimana dopo aveva giustiziato l'Inter 1-0, con l'irredimibile Pippo Maniero. Poi però le sconfitte con il Perugia e questa avevano ribaltato le cose.

Venezia penultimo? Paga Luciano. Al suo posto arriva Giuseppe Materazzi, che fa in tempo a guardare in faccia Valtolina, Luppi, Brioschi, Dal Canto e tutto il resto della truppa, raccoglie uno striminzito punto in tre partite e viene cacciato. Torna Spalletti, ma l'involuzione ormai non la fermi più.

L'attuale tecnico della Nazionale era già un comunicatore, come ricorderà Ganz, in seguito: "Era preparatissimo, parlava molto con noi e ci ascoltava, forse anche troppo". Il lato umano però non supplisce a sufficienza quando il calcio langue. Luciano si toglie qualche soddisfazione ingombrante, tipo battere la futura Lazio campione d'Italia e poi la viola di Batistuta, ma l'acqua imbarcata continua a crepare il fragile legno di quell'annata.

A febbraio, dopo averne prese cinque dalla Roma, Zamparini lo mette alla porta e assegna la squadra a Francesco Oddo, che può soltanto accompagnarla ad una placida retrocessione.

Venticinque anni dopo circa, Spalletti si appresta a guidare l'Italia agli Europei, il Venezia è tornato in A e Marotta è diventato pure presidente dell'Inter. Coincidenze? Forse. Di sicuro, da lassù, Zamparini sta applaudendo di gusto.

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