Uno dei due è compassato, lineare, rassicurante. L'altro prova ogni volta ad inventarsene una diversa, per prendere in contropiede gli ascoltatori. Uno veste in modo sobrio e detesta gli eccessi mondani. L'altro indossa abiti sgargianti e adora tirare tardi. I mondi di Enrico Ameri e Sandro Ciotti non potrebbero essere più distanti, eppure sono costretti a condividere il medesimo pianerottolo. Che poi sarebbe "Tutto il calcio minuto per minuto", la trasmissione più ascoltata dagli italiani molto prima che il plotone della pay tv relegasse la radio, e l'immaginazione associata al racconto, ad orpello necessario soltanto per chi si trova in auto.
La gente si collegava per conoscere i risultati in tempo reale, certo, ma quella sfida nella sfida tra i due telecronisti rappresentava una fascinazione aggiuntiva non di poco conto. Di Ameri veniva apprezzata la pulizia del linguaggio, quel suo modo limpido di descrivere un gol, una giocata, una situazione pericolosa. Stava dietro ad un microfono così come stava dietro alla sua vita: composto, rigoroso, impermeabile alle sbavature. In questo modo il lato sognante veniva succhiato via, ma alle orde nazional popolari che si collegavano non dispiaceva affatto. Serviva andare dritti al punto, evitando di gingillarsi in eccessi oscuri e verbosi.
Ciotti però era di tutt'altra parrocchia. Amava la musica e le ore piccole, sguazzava nelle metafore e nelle figure retoriche. Forse il pubblico faticava di più a decodificarlo, ma ascoltava rapito la sua voce, anche per via di quel suo timbro cavernicolo, rigato allo spasmo, eredità di una stremante diretta sotto la pioggia alle Olimpiadi di Città del Messico, nel 1968.
La gerarchia voleva che l'attico della trasmissione spettasse ad Ameri. Era lui il prescelto sul ponte di comando, quello che poi doveva passare la linea ai colleghi, per i loro flash. Era stato scelto per via della serenità che infondeva, perché quel suo modo di fare ecumenico metteva d'accordo qualsiasi categoria di tifoso all'ascolto. Ciotti lo sapeva e soffriva questa situazione, perché riteneva di essere quello dotato di maggiore talento nel gruppo. Così, ogni domenica, fioccavano scintille.
Sandro, un po' smargiasso, prendeva la linea ogni volta che si presentava l'occasione: "Scusa Ameri, sembra proprio che sia destinato ad interromperti". L'altro, di contro, passava la linea sempre al campo di riferimento, senza mai nominare il collega. Alla lunga poteva diventare una situazione esasperante, ma i vertici della trasmissione sapevano che chi stava collegato adorava sentire quelle scaramucce al pari di un gol.
L'apice di quella rivalità venne raggiunto il 27 aprile 1975. Ameri è a Torino per Juve - Lazio. Ciotti al San Paolo, per Napoli - Inter. Sono entrambe partite cruciali per il destino del campionato, perché i partenopei stanno ad un'incollatura dall'attempata dama, da cui distano solo di tre punti. Ciotti riesce ad interrompere Ameri per ben tre volte nell'arco di dieci minuti, sempre pochi istanti prima che gli venga passata la linea. E, dal microfono di Enrico, si sente in diretta nazionale un solenne: "Ma si può essere così co...oni?".
In seguito Ameri dirà che il microfono era rimasto acceso per un disguido e che si stava riferendo ad un tifoso che cercava di accedere alla sua postazione.Il dubbio rimane e forse va bene così. Di queste rivalità, in fondo, si nutre da sempre lo sport.
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